Il caldo intenso di questa estate 2025 ha spinto numerose regioni italiane a emanare provvedimenti per proteggere chi lavora all’aperto. Questi decreti puntano a ridurre l’esposizione diretta al sole durante le ore più calde della giornata, intervenendo soprattutto nei settori dell’edilizia, agricoltura e attività all’aria aperta. Il fenomeno interessa molte aree del paese, coinvolgendo normative specifiche per limitare i rischi legati alle ondate di calore e gestire le attività lavorative in condizioni proibitive.
Ordinanze regionali per limitare i rischi del caldo nei lavori all’aperto
Diversi capoluoghi italiani hanno deciso di fissare orari in cui vietare lavori all’aperto per i settori più esposti alla radiazione solare. Nelle regioni Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Veneto, Piemonte e Umbria lo stop cambia dalle 12:30 alle 16:00, quando il sole raggiunge il picco di calore. Solo Emilia-Romagna e Lombardia hanno esteso queste limitazioni fino al 15 settembre 2025, mentre tutte le altre chiudono il periodo al 31 agosto.
Tali provvedimenti intervengono esclusivamente nelle giornate con rischio “alto” di stress termico, identificato da mappe aggiornate di enti come Inail. Lo scopo è proteggere la salute di lavoratori esposti a condizioni climatiche difficili, evitando che la calura riduca la loro capacità di operare e aumenti il pericolo di incidenti sul lavoro. L’attenzione è puntata soprattutto su attività in cui si lavora sotto il cielo aperto, dove il caldo può diventare pesante e dannoso senza protezioni.
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Settori dello svolgimento vietato e attività esentate
Gli interventi mirano principalmente a cantieri edili, campi agricoli, vivai e cave, dove il contatto con l’aria aperta e l’irraggiamento solare è diretto. Per alcune regioni specifiche – come Lazio, Lombardia, Emilia-Romagna e Abruzzo – le prescrizioni riguardano direttamente questi settori, aggiungendo la logistica all’esterno. Altrove le regole si applicano più genericamente a tutte le professioni con attività sotto il sole.
Non tutti i lavori sono soggetti ai divieti: restano in funzione le attività urgenti, gli interventi di pubblica utilità o quelli riguardanti la protezione civile, a patto che seguano precauzioni adeguate. Anche i servizi pubblici essenziali continuano a operare rispettando le misure di sicurezza. L’esclusione di certe attività si basa sulla necessità di garantire servizi fondamentali alla popolazione, anche in condizioni climatiche avverse.
Sistemi e criteri per il monitoraggio del rischio da caldo
Per stabilire quando scattano le limitazioni, molte regioni usano un sistema scientifico chiamato Worklimate. Questa piattaforma, elaborata da Inail e Cnr, monitora il rischio di stress termico per i lavoratori durante la giornata, aggiornando le mappe con dati basati su temperatura, umidità, vento, esposizione solare e tipo di attività svolta.
Worklimate distingue quattro livelli di rischio: dal verde al rosso, a seconda della pericolosità rilevata in ogni area geografica. La precisione è elevata, con una risoluzione territoriale di 2 chilometri quadrati. Alcune regioni, come Puglia, adottano invece un metodo ibrido che combina le analisi di Worklimate con bollettini pubblici più semplici, in modo da amplificare la copertura e la facilità d’uso.
Questi sistemi aiutano autorità e imprese a individuare con precisione quando sospendere le attività più rischiose, evitando ai lavoratori di esporsi quando il pericolo diventa grave. L’approccio scientifico consente anche di adattare le decisioni ai cambiamenti climatici e alle variazioni locali del meteo.
Controlli dell’ispettorato del lavoro e criticità riscontrate
Nel mese di agosto 2024, l’ispettorato nazionale del lavoro ha svolto un’attenta verifica in 736 imprese dei settori edile, agricolo, florovivaistico e nei cantieri stradali. I controlli hanno mostrato che quasi il 40% di queste aziende non aveva effettuato valutazioni adeguate sul rischio caldo e non aveva adottato misure di protezione idonee per i lavoratori.
Tra le infrazioni più comuni figuravano la mancata considerazione del rischio microclima nel documento di valutazione, l’assenza di POS adeguati rispetto ai piani di sicurezza cantieristici e la totale mancanza di tutele contro condizioni atmosferiche estreme. Le sanzioni previste andavano da multe fino a 9mila euro fino a ordini di sospensione attività nei casi più gravi, segnalando una situazione critica per la sicurezza sul lavoro nei mesi caldi.
Questi dati dimostrano quanto sia necessario rafforzare i controlli e le azioni preventive per ridurre il numero di imprese che ignorano i rischi legati al caldo intenso. Senza regole rigorose e monitoraggio reale, i lavoratori rischiano danni gravi, anche di salute.
Iniziative locali e confronti internazionali contro il caldo
Anche alcuni comuni stanno mettendo in campo interventi per aiutare la popolazione a evitare il disagio generato dalle alte temperature. A Genova, ad esempio, è stata anticipata la gratuità dei mezzi pubblici per gli over 70: erano attivi dal mattino tardi, ora si parte dalle 7.30. L’obiettivo è incoraggiare gli anziani a spostarsi nelle ore più fresche e limitare così la permanenza all’aperto nelle ore centrali più roventi.
Al di fuori dell’Italia, la regione andalusa in Spagna ha da tempo adottato un orario di lavoro che va dalle 6:00 alle 14:00 proprio per evitare il picco del caldo pomeridiano. Questi modelli dimostrano come, in ambienti particolarmente caldi, si cerchi di adattare la giornata lavorativa per salvaguardare la salute.
Le misure adottate in diverse città italiane e in altri paesi indicano che lo stress da calore rimane un rischio concreto e riconosciuto. L’attenzione alle fasce più deboli e la modifica dei tempi di lavoro evidenziano l’urgenza di risposte concrete per fronteggiare l’impatto delle temperature estive sui ritmi quotidiani.