Un consistente gruppo di beni culturali, formato da monete antiche di varia epoca, è stato restituito al museo archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia. L’operazione è il risultato di un’indagine partita nel 2014 e conclusasi con la confisca definitiva di questi reperti. Il valore stimato delle monete si aggira intorno ai centomila euro e testimonia la ricchezza storica conservata nel territorio calabrese.
L’indagine e la cooperazione tra le istituzioni
L’attività investigativa è stata condotta dai Carabinieri del Nucleo tutela patrimonio culturale di Cosenza, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Vibo Valentia. L’inizio delle indagini risale al 2014, quando è stato avviato un monitoraggio sui siti web dediti alla vendita online di beni culturali. Questa attività ha portato ad individuare due collezionisti privati, residenti rispettivamente nella provincia di Vibo Valentia e in Puglia, che detenevano illegalmente un gran numero di reperti archeologici.
Il sequestro dei reperti
A quel punto, sono scattati i sequestri di 479 monete d’oro, argento e bronzo, con epoche che vanno dalla magno greca fino al periodo medievale. Il coinvolgimento di diverse istituzioni è stato fondamentale: oltre ai Carabinieri e alla Procura, hanno partecipato funzionari della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio per Reggio Calabria e Vibo Valentia. La presenza del Procuratore della Repubblica, del Comandante provinciale dei Carabinieri e di rappresentanti civili, militari e religiosi ha sottolineato l’importanza della restituzione.
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La qualità e la provenienza dei reperti
Le monete recuperate sono autentiche e presentano una varietà cronologica che spazia dal IV secolo a.C. fino al XVIII secolo d.C. Gli esperti archeologi coinvolti hanno confermato che i reperti appartengono a diverse civiltà, come quella greca, romana e bizantina. Questi oggetti raccontano episodi della storia di Calabria e dell’Italia meridionale attraverso testimonianze monetarie di grande valore storico e culturale.
Il recupero di oggetti così preziosi rivela la capacità delle forze dell’ordine di agire su più livelli, dalla ricostruzione storica alla lotta contro il traffico illecito. La varietà delle monete – una in oro, sessantaquattro in argento e quattrocentoquattordici in bronzo – mostra la ricchezza e la complessità degli scambi commerciali del passato. Le monete in oro, particolarmente rare, sottolineano anche l’importanza numismatica del sequestro.
Il ruolo del tribunale e la restituzione allo stato
Le monete sono state oggetto di un iter giudiziario lungo, che si è concluso con la sentenza definitiva del tribunale di Vibo Valentia nel 2023, seguita da un provvedimento supplementare nel novembre 2024. Questi atti hanno disposto la confisca dei beni, resi inaccessibili ai privati, e la loro consegna al museo archeologico nazionale. Lo Stato ha così ottenuto il pieno possesso dei materiali, rafforzando il proprio patrimonio culturale.
Conservazione e valorizzazione
La presenza del museo come destinatario della restituzione non è casuale. Questo luogo conserva e valorizza i reperti archeologici calabresi, offrendo la possibilità di mostrare ai visitatori oggetti che testimoniano millenni di storia. L’azione coordinata tra magistratura, forze dell’ordine e organi museali testimonia una rete di tutela che mira a impedire la dispersione del patrimonio culturale.
L’importanza della tutela del patrimonio culturale
La restituzione dei beni archeologici rappresenta un risultato tangibile del lavoro di persone specializzate in un settore delicato e complesso. La collaborazione continua tra militari, funzionari, e rappresentanti delle istituzioni si rivela decisiva per proteggere reperti che altrimenti rischierebbero di finire in mani private o mercati illegali. Questi oggetti conservano la memoria collettiva e sono fondamentali per comprendere il passato.
La salvaguardia di queste testimonianze non serve solo a mantenere vive le tracce storiche, ma permette anche un confronto diretto con le antiche civiltà. Inoltre, conferma quanto sia necessaria una vigilanza capillare per difendere un patrimonio fragile e spesso oggetto di traffici illegali. L’operazione conclusa nel vibonese esprime un messaggio chiaro: la tutela del patrimonio culturale richiede impegno condiviso e un lavoro costante su più fronti.