Rallentamenti nelle autorizzazioni paesaggistiche, le proposte per accelerare i tempi e favorire le rinnovabili in Italia

Rallentamenti nelle autorizzazioni paesaggistiche, le proposte per accelerare i tempi e favorire le rinnovabili in Italia

Il settore delle autorizzazioni paesaggistiche in Italia è rallentato da norme obsolete e procedure complesse, ostacolando la transizione energetica e l’installazione di impianti rinnovabili entro il 2030.
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L'articolo evidenzia come i ritardi e la complessità delle autorizzazioni paesaggistiche frenino l’installazione di impianti rinnovabili, ostacolando la transizione energetica, e sottolinea la necessità di una revisione normativa e di semplificazioni procedurali per bilanciare tutela ambientale e sviluppo sostenibile. - Gaeta.it

Il settore delle autorizzazioni paesaggistiche affronta ritardi che rallentano anche interventi minori, mettendo a rischio obiettivi importanti come la transizione energetica. Le norme attuali risultano spesso inadeguate e frammentate, frenando l’installazione di impianti rinnovabili. Diverse associazioni e operatori indicano soluzioni per snellire le procedure, rendendo più efficiente l’iter burocratico senza trascurare la tutela del patrimonio culturale e ambientale.

Norme nazionali e struttura del codice dei beni culturali tra passato e presente

L’attuale Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, emanato nel 2004, mantiene forti legami con la legge del 1939, creando una normativa ormai inadatta alle esigenze del presente. L’Associazione nazionale archeologi sottolinea come questa eredità storica limiti una tutela e una gestione efficaci del patrimonio ambientale e culturale. Modifiche parziali, diffuse nel corso degli anni, hanno appesantito ulteriormente il quadro normativo senza risolvere i problemi alla radice.

Per questa ragione, l’associazione invita ad avviare un tavolo di concertazione per una revisione completa e organica del Codice, capace di allineare la norma alle sfide contemporanee. Il rischio è che interventi frammentati generino confusione e ritardi, particolarmente evidenti quando si tratta di autorizzazioni paesaggistiche. Un aggiornamento strutturale dovrebbe, quindi, bilanciare tutela e sviluppo, assicurando trasparenza e chiarezza nelle procedure.

Impatto delle direttive e target europei

Negli ultimi anni la direttiva case green e gli obiettivi di transizione energetica per il 2030 hanno imposto all’Italia un passaggio urgente verso fonti rinnovabili. L’alleanza per il fotovoltaico ha evidenziato che, nonostante gli sforzi, l’installato negli ultimi 4 anni copre soltanto il 22,1% del target previsto. Questo dato traduce un ritardo di oltre 8 anni rispetto al programma di sviluppo stabilito.

Le lungaggini nelle autorizzazioni agravano ulteriormente questa situazione. La lentezza delle pratiche burocratiche posticipa l’avvio dei cantieri e rallenta la diffusione degli impianti solari e altre fonti rinnovabili. Per migliorare la situazione, diventa urgente modificare le regole su come autorizzare questi impianti, abbattendo gli ostacoli inutili senza sacrificare la salvaguardia delle aree di valore paesaggistico. Senza interventi concreti, gli ambiziosi target rischiano di rimanere irraggiungibili entro il 2030.

Semplificare le procedure di autorizzazione per gli impianti rinnovabili nelle aree idonee

Il decreto del ministro dell’ambiente del 21 giugno 2024, insieme al ministero della cultura, ha individuato specifiche aree idonee all’installazione di impianti rinnovabili, con criteri pensati per proteggere il paesaggio e le tracce storiche. Tuttavia, l’iter autorizzativo resta complesso. La soprintendenza esprime un parere obbligatorio ma non vincolante, e se oltrepassa i tempi previsti la pratica prosegue lo stesso.

Chi opera nel campo sostiene che questo passaggio sia ridondante e accresca le tempistiche senza apportare vantaggi concreti. Già in fase preliminare gli uffici ministeriali valutano gli aspetti culturali e paesaggistici, quindi un ulteriore passaggio di controllo appare superfluo. Ridurre le operazioni superflue snellirebbe l’intero iter, favorendo la realizzazione rapida degli impianti e sostenendo la produzione energetica pulita.

Il ruolo dei comuni e dei piani paesaggistici

Attualmente solo sei regioni hanno completato l’adozione dei piani paesaggistici territoriali, strumenti previsti dal decreto legislativo 42/2004 che agevolano la valutazione oggettiva delle richieste di autorizzazione. Senza questi piani, gli enti locali e i tecnici devono assumere decisioni senza una guida chiara e uniforme.

L’ipotesi di introdurre il silenzio-assenso e togliere il ruolo delle soprintendenze nelle pratiche di lieve entità suscita dubbi. Confartigianato osserva che affidare più autonomia ai comuni potrebbe spostare il problema anziché risolverlo, generando disparità tra territori. La valutazione degli interventi potrebbe rischiare di diventare incoerente, creando confusione e ritardi diversi a seconda del luogo.

Al contrario, valorizzare i piani paesaggistici come strumenti urbanistici completi appare la strada più adatta. Questi piani descrivono con precisione le caratteristiche e i vincoli del territorio, guidando le scelte per conservare la qualità e la diversità del paesaggio. Solo con questo supporto, i processi autorizzativi possono diventare più rapidi e prevedibili senza perdere di vista la salvaguardia ambientale.

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