Il carcere di Alessandria torna al centro dell’attenzione per una protesta dei detenuti della terza sezione, che hanno rifiutato di rientrare in cella a causa del malfunzionamento delle docce da oltre un mese. Questo episodio si inserisce in un quadro più ampio di condizioni strutturali e di sovraffollamento critiche, che colpiscono sia i reclusi sia il personale penitenziario. La situazione solleva interrogativi sulle responsabilità dell’amministrazione carceraria e della politica nazionale rispetto allo stato attuale delle carceri italiane.
Tensione nella terza sezione di alessandria per le docce fuori uso
Il 31 luglio 2025, nella sezione cantiello e gaeta del carcere di Alessandria, i detenuti della terza sezione hanno deciso di non rientrare nelle loro celle dopo il consueto momento di socialità. Questo gesto rappresenta una protesta spontanea contro un disagio che si protrae da settimane: le docce della sezione sono infatti fuori uso da oltre un mese. Il malfunzionamento degli impianti igienici ha inciso pesantemente sulla vita quotidiana dei detenuti, limitando l’accesso a un elemento fondamentale per l’igiene personale.
Il rifiuto di rientrare in cella ha generato un clima di forte tensione che ha richiesto l’intervento diretto della polizia penitenziaria. Gli agenti sono arrivati rapidamente per riportare la calma prima che la situazione degenerasse in violenza. La protesta ha così evidenziato come un problema apparentemente tecnico possa scatenare reazioni forti in un ambiente già provato da condizioni precarie. In un contesto dove i diritti sono limitati, un disagio prolungato diventa un fattore di destabilizzazione che mette a rischio anche la sicurezza.
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Le ripercussioni delle condizioni igieniche precarie sui detenuti e sul personale
La mancanza di docce funzionanti in un istituto di pena non è un dettaglio trascurabile. In carcere, dove le libertà sono ridotte, preservare condizioni igieniche accettabili rappresenta uno degli ultimi baluardi di tutela della dignità. La negazione di un diritto elementare come la possibilità di lavarsi provoca un forte impatto sulla salute psicofisica dei detenuti, contribuendo a incrementare il disagio e la frustrazione.
Anche gli agenti penitenziari operano in un ambiente che risulta spesso invivibile. Il personale deve far fronte a problemi strutturali gravi, come infiltrazioni d’acqua, la presenza di piccioni nelle aree esterne e altri problemi igienico-sanitari. Queste condizioni compromettono la sicurezza e la salute di chi lavora all’interno del carcere. L’assenza di interventi concreti nel tempo amplifica queste criticità, con conseguenze sulle relazioni interne e sull’efficacia del lavoro svolto dagli agenti.
Carenze strutturali e sovraffollamento: una situazione che minaccia la tenuta del carcere
Il carcere di Alessandria soffre da anni di difetti nella gestione delle strutture. La sezione circondariale è uno dei punti più critici del piemonte per via delle condizioni fatiscenti, del sovraffollamento e della mancanza di manutenzione ordinaria e straordinaria. La capienza regolamentare è largamente superata dai numeri reali dei detenuti, mentre l’organico degli agenti è insufficiente per garantire la sicurezza e l’ordine.
Questa situazione alimenta il rischio di collasso dell’istituto penitenziario. La crescita della popolazione carceraria e l’inadeguatezza delle risorse contribuiscono a creare un clima teso e instabile. I problemi tecnici, come le docce guaste, diventano solo il simbolo di un malfunzionamento generale che mette sotto pressione tutto l’apparato. Il carcere si trova così a gestire una realtà difficile senza gli strumenti adeguati, aumentando le probabilità di scontri o disordini.
Le accuse del sindacato osapp e la richiesta di interventi urgenti
A sollevare il caso di Alessandria è stato Pino Castaldo, vicesegretario regionale dell’osapp, sindacato autonomo di polizia penitenziaria, che ha parlato di un sistema “completamente fuori controllo”. Le sue parole denunciano una crisi non circoscritta a un solo istituto, ma rappresentativa di una situazione più vasta e radicata in tutto il sistema penitenziario italiano.
Castaldo punta il dito contro l’amministrazione carceraria e le istituzioni politiche, accusate di una lunga inerzia di fronte a segnali di allarme molto evidenti. L’osapp chiede interventi immediati non solo per risolvere i problemi tecnici di Alessandria, ma per realizzare un programma di manutenzione strutturale e ristrutturazioni che migliorino le condizioni di vita di detenuti e agenti. Le sue dichiarazioni mostrano la gravità dei rischi legati al deterioramento delle carceri, dove la privazione quotidiana rischia di trasformarsi in una pena aggiuntiva illegittima.
Il contesto nazionale: un sistema penitenziario in crisi diffusa
La vicenda di Alessandria si inserisce in un quadro più ampio di emergenza penitenziaria. I dati del ministero della giustizia, aggiornati a luglio 2025, confermano che oltre il 70% delle carceri italiane presenta problemi strutturali importanti. I malfunzionamenti interessano impianti idrici, bagni, ventilazione e altri aspetti essenziali per il decoro e l’igiene degli istituti.
La lentezza negli investimenti, accoppiata a una burocrazia complessa, contribuisce a far precipitare la situazione. Il disagio cresce mentre le infrastrutture continuano a invecchiare senza adeguati interventi. Questo quadro alimenta tensioni, malcontento e possibili rivolte. Il sistema penitenziario rischia di diventare una trappola sociale, dove il peggioramento delle condizioni aumenta il rischio di conflitti e incidenti rilevanti.
Nel carcere di Alessandria la protesta per le docce guaste è solo un segnale di allarme. Rappresenta la manifestazione concreta di un disagio prolungato, che va affrontato per evitare che l’istituto si trasformi in un luogo invivibile e pericoloso, sia per i detenuti sia per chi vi lavora ogni giorno. Il rischio di escalation è reale, con possibili ricadute sulla sicurezza interna e sull’equilibrio sociale.