La procura della Corte penale internazionale ha mosso accuse ufficiali al governo italiano riguardo alla gestione del caso Osama Almasri, ex capo della polizia giudiziaria di Tripoli. Almasri, arrestato a Torino con un mandato internazionale, è stato rilasciato e trasferito in Libia senza essere consegnato alla Corte, generando una controversia legale e politica che coinvolge diverse istituzioni italiane. Le osservazioni della procura espongono le lacune nella cooperazione italiana e richiedono azioni formali da parte della Camera e dell’Assemblea degli Stati parti. Dietro questo episodio si intrecciano questioni di diritto internazionale e di rispetto dei trattati contro ipotesi di crimini contro l’umanità.
Dettagli e accuse della procura della corte penale internazionale sul caso almasri
Il documento della procura, firmato dal procuratore Nazhat Shameem Khan e recensito da “La Stampa”, contesta con precisione le scelte fatte dall’Italia dopo l’arresto di Almasri, avvenuto a Torino il 18 gennaio 2025. Due giorni dopo l’arresto, la Libia ha inoltrato una richiesta di estradizione, comunicata all’Italia solo dopo più di tre mesi dalla scarcerazione del generale libico. Nelle osservazioni si evidenzia che la documentazione italiana non contiene alcun mandato d’arresto rilasciato dalle autorità libiche, e che Almasri non è stato né consegnato alla Corte né estradato, ma liberamente riportato a Tripoli, accolto tra bandiere e applausi.
La mancanza di consultazione della corte penale internazionale
Il testo finisce per sottolineare come l’Italia abbia agito senza coinvolgere la Corte penale internazionale. Secondo le regole previste dallo Statuto dell’Aja, è obbligatorio consultare la Corte se ci sono ostacoli a una consegna o estradizione. Quell’obbligo non è stato rispettato. Le autorità italiane avrebbero quindi deciso autonomamente a quali richieste dare priorità, mettendo in secondo piano quelle della Corte internazionale. Questo comportamento, secondo la procura, impedisce alla Corte di esercitare le sue funzioni e viola l’articolo 97 dello Statuto che regola proprio queste procedure.
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Ruolo del ministro nordio e le reazioni sulle dichiarazioni ufficiali
Tra i destinatari delle critiche della procura compare il ministro della Giustizia Carlo Nordio. Il documento precisa che Nordio è “l’unico destinatario” legittimo delle richieste di cooperazione giudiziaria da parte della Corte penale internazionale. Il suo compito consiste nel trasmettere tali richieste al Procuratore generale senza modifiche o ritardi. La procura contesta le affermazioni pubbliche di Nordio, che aveva difeso la posizione italiana citando una presunta “incertezza sulla datazione dei crimini” ipotizzati.
Contrasto sui periodi temporali dei reati contestati
Il testo delle osservazioni specifica invece che nel mandato della Corte non vi è alcun dubbio che i reati principali siano stati commessi in un periodo precedente al 2011, proprio quando il carcere di Mitiga in Libia esisteva e sarebbe stato teatro dei crimini contestati. Questa discrepanza indebolisce le giustificazioni del governo italiano sull’impossibilità di cooperare per motivi processuali o temporali. La procura definisce “giuridicamente insostenibile” la conclusione dei ministeriali italiani e la loro incapacità di fornire spiegazioni valide o giustificazioni concrete.
Le richieste formali e le accuse di favoreggiamento rivolte ai membri del governo italiano
La procura della Corte penale internazionale ha chiesto alla Camera dei deputati italiana di avviare un procedimento formale di accertamento della violazione degli obblighi di cooperazione. Se accertata, la questione dovrebbe essere portata all’attenzione dell’Assemblea degli Stati parti della Corte e, eventualmente, al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Il rischio è che l’Italia risulti responsabile di aver ostacolato un procedimento internazionale in corso per crimini contro l’umanità.
Nel frattempo, organizzazioni della società civile come Mediterranea hanno denunciato apertamente la vicenda. La loro nota invita il Tribunale dei Ministri a concludere con urgenza le indagini per favoreggiamento contro i ministri Nordio e Piantedosi, il sottosegretario Mantovano e la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Mediterranea sostiene che la fuga di Almasri dalla giustizia sarebbe stata pianificata dal governo italiano, che avrebbe organizzato la sua partenza verso la Libia a bordo di un volo di Stato, in un vero e proprio evento pubblico con tricolori e applausi.
Implicazioni politiche e richieste di chiarimenti sul memorandum italia-libia
La vicenda Almasri apre un confronto più ampio sulle relazioni tra Italia e Libia, in particolare riguardo al memorandum firmato tra i due paesi. Secondo alcune denunce, proprio in questo contesto si sarebbero verificate violazioni sistematiche dei diritti umani, tra cui respingimenti illegali e abusi nella gestione dei migranti nel Mediterraneo. Il caso di Almasri rappresenta quindi non solo una questione giudiziaria ma anche una questione politica e umanitaria di rilievo nazionale.
Richiesta di un dibattito parlamentare trasparente
Mediterranea chiede un dibattito parlamentare trasparente e approfondito, in cui emergano responsabilità e fatti relativi alla protezione di un uomo accusato di crimini gravissimi. La società civile pretende che il Parlamento faccia chiarezza non solo su questa vicenda ma anche sulla politica migratoria italiana legata a quella libica, denunciando quei “lager” dove sarebbero avvenute torture e uccisioni. Il richiamo si indirizza a far emergere il rapporto tra accordi internazionali, costrizioni politiche e rispetto dei diritti stabiliti dalle convenzioni internazionali.