In Italia più di 1,3 milioni di bambini e ragazzi vivono in povertà assoluta, e quasi uno su dieci abbandona la scuola troppo presto. Sono i numeri che emergono dal recente Forum Teha di Cernobbio, dove si è parlato di povertà educativa anche dal punto di vista economico. Secondo le stime, se si riuscisse a colmare questi divari, il Pil potrebbe crescere di 48 miliardi di euro.
Povertà educativa: un problema che pesa anche sull’economia
La povertà educativa riguarda più di un milione di giovani che, per ragioni economiche e culturali, faticano a seguire il proprio percorso scolastico e sociale. E non si tratta solo di una questione sociale: uno studio di Teha e Fondazione Crt mostra quanto questo fenomeno incida sull’economia del Paese. Se si riuscisse a recuperare questi ragazzi a rischio di esclusione, il Pil potrebbe crescere di quasi il 2%, pari a 48 miliardi. In termini pratici, si potrebbe aiutare oltre due milioni di persone a uscire da condizioni di disagio. Numeri che evidenziano come investire nell’educazione non sia solo una questione di futuro individuale, ma una mossa cruciale per lo sviluppo del Paese.
Nord e Sud, il divario che si fa sentire
Il problema è più grave al Sud, dove l’abbandono scolastico resta più alto rispetto al Nord. Il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, ha ricordato che il sistema scolastico italiano nel complesso regge bene in Europa, ma esistono forti differenze tra territori e anche all’interno delle stesse città. Basti pensare a Torino o Milano: le scuole del centro sono in condizioni migliori rispetto a quelle delle periferie, che arrancano di più. Sono disparità radicate da anni, che ormai sono diventate un vero e proprio problema sociale, da affrontare con politiche mirate.
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Il decreto Caivano e la lotta alla dispersione nel napoletano
Un tema al centro del dibattito è il decreto Caivano, che ha introdotto sanzioni anche penali per chi non manda i figli a scuola, soprattutto nelle province del Sud come Napoli. Prima di questo provvedimento, a Napoli erano oltre 7.300 i casi di abbandono scolastico segnalati. Dopo, il numero è sceso a poco più di 1.800. Il ministro Valditara ha sottolineato come questo intervento deciso abbia dato risultati concreti, contribuendo a ridurre la dispersione anche a livello nazionale.
Come va l’Italia rispetto all’Europa sulla dispersione scolastica
Oggi in Italia la percentuale di ragazzi che abbandonano la scuola si aggira intorno all’8,3%, un dato migliore di molti altri Paesi europei come la Germania, dove si supera il 10%. Questo significa che l’Italia è già avanti rispetto all’obiettivo fissato per il 2030, che punta a portare il tasso sotto il 9%. Nel pubblico i risultati sono più incoraggianti, mentre nelle scuole paritarie si registrano tassi più alti di dispersione “nascosta”, cioè legata alla reale acquisizione delle competenze. In Campania, per esempio, l’abbandono scolastico nelle scuole pubbliche è al 9,1%, mentre nelle paritarie arriva al 39,3%, influenzando la media regionale. Va detto però che le scuole paritarie cattoliche mantengono performance simili a quelle pubbliche.
Le sfide sociali e le strade da percorrere
Questi dati mostrano che combattere la povertà educativa e la dispersione non serve solo a migliorare la vita di tanti ragazzi, ma è anche una questione che riguarda la salute economica del Paese. Il divario tra territori e contesti urbani va affrontato con interventi mirati, soprattutto nelle zone più fragili. La cura delle scuole periferiche, insieme a misure come il decreto Caivano, sono tentativi concreti per intervenire in fretta dove serve. Nel complesso, il sistema scolastico italiano tiene botta, soprattutto se confrontato con altri Paesi europei, ma resta fondamentale continuare a lavorare per ridurre le disuguaglianze interne.