Pensione anticipata: niente sconti sulle aliquote per i dipendenti pubblici tra 65 e 67 anni

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Pensione anticipata, nessuna riduzione aliquote per i dipendenti pubblici tra 65 e 67 anni - Gaeta.it

Armando Proietti

27 Agosto 2025

Dal 2025 cambia la musica per i dipendenti pubblici che puntano alla pensione anticipata. La legge di Bilancio ha alzato l’età obbligatoria per lasciare il lavoro da 65 a 67 anni. In questo scenario, l’Inps ha fatto chiarezza: chi va in pensione tra i 65 e i 67 anni non potrà più usufruire della deroga sulle nuove aliquote di rendimento previste dal 2024 per la parte retributiva della pensione. Questo fa parte di una revisione più ampia del sistema pensionistico, che prevede anche la possibilità di restare in servizio fino a 70 anni e nuovi parametri per il calcolo contributivo.

Pensione anticipata, l’età sale a 67 anni

Con la legge di Bilancio 2025, l’età obbligatoria per lasciare il lavoro nel pubblico è stata portata da 65 a 67 anni, allineandosi al requisito per la pensione di vecchiaia valido nel 2025/2026. Prima di questo cambiamento, si doveva uscire a 65 anni. L’obiettivo è chiaro: adeguarsi all’aumento dell’aspettativa di vita e tenere sotto controllo la spesa previdenziale.

L’Inps ha spiegato, con un messaggio ufficiale, che dipendenti di enti locali, sanità, insegnanti e ufficiali giudiziari che si dimetteranno tra i 65 e i 67 anni dal 2025 in poi non potranno più contare sulla deroga alle nuove aliquote di rendimento per la parte retributiva della pensione. Tradotto: la pensione anticipata in questa fascia d’età sarà calcolata con le nuove aliquote, senza eccezioni.

La legge 30 dicembre 2023, n. 213, prevede la deroga solo per chi va in pensione al raggiungimento del limite di età o servizio prima che questo venga innalzato a 67 anni. Le dimissioni volontarie tra 65 e 67 anni restano escluse, segnando una svolta nel modo di gestire le uscite anticipate nel pubblico.

Si può restare al lavoro fino a 70 anni

Dal 2025, la legge di Bilancio apre anche la porta a una possibilità nuova: il trattenimento in servizio fino a 70 anni. Non è obbligatorio, ma può essere deciso sia dal lavoratore che dall’amministrazione pubblica, che può così tenersi stretto personale con esperienza in ruoli chiave.

Questa opzione dà più margine alle amministrazioni, soprattutto dove è difficile trovare sostituti con le giuste competenze o quando il turnover rallenta. Restare in servizio fino a 70 anni può evitare problemi operativi legati a uscite obbligatorie anticipate.

L’Inps ha precisato che, in caso di trattenimento, la deroga sulle aliquote di rendimento vale comunque. Se invece il dipendente si dimette prima della fine del periodo di trattenimento, ma ha superato il limite ordinamentale, potrà usufruire della deroga.

Chi resta escluso e come si calcolano le pensioni

Le nuove aliquote di rendimento del 2024 non si applicano alle pensioni di vecchiaia per chi lascia il lavoro al raggiungimento dei limiti di età o servizio previsti dall’ordinamento, né agli ex dipendenti di enti pubblici che hanno perso tale natura ma restano iscritti alle casse pensionistiche dedicate.

Per i lavoratori pubblici senza diritto alla deroga e con meno di 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995, le pensioni calcolate col sistema retributivo avranno un’aliquota fissa del 2,5% per ogni anno di contributi. Questo riguarda soprattutto chi ha una carriera contributiva mista o più breve, modificando il modo in cui si calcola la pensione rispetto a prima.

In generale, dal 2025, per andare in pensione anticipata nel regime contributivo serviranno almeno 64 anni di età e 20 anni di contributi, con un assegno minimo legato a multipli dell’assegno sociale. Queste regole puntano a rendere il sistema più sostenibile e a spingere verso forme di previdenza complementare.

Le novità in vigore segnano un ulteriore passo verso il posticipo dell’uscita dal lavoro e una stretta più decisa sui pensionamenti anticipati nel pubblico, con impatti immediati sulle scelte dei dipendenti e sulla gestione delle pensioni pubbliche.