Il voto referendario che si è svolto recentemente registra una partecipazione poco sopra il 30%, lontana dai livelli necessari per raggiungere il quorum. Pd, M5s e Avs difendono però il risultato ottenuto, sottolineando il numero di votanti superiore a quello che nel 2022 ha portato Giorgia Meloni a Palazzo Chigi. Tra i partiti però non manca il confronto critico, con Matteo Renzi e Carlo Calenda che esprimono giudizi divergenti sulla strategia da adottare per le prossime sfide politiche.
Pd, m5s e avs vedono nei risultati un punto di partenza verso il cambiamento
Elly Schlein, segretaria del Pd, registra come positivo il numero degli elettori che hanno partecipato al voto. Secondo lei la destra ha condotto una vera e propria campagna volta a boicottare il referendum, dal punto di vista politico e mediatico. Eppure, sottolinea Schlein, più persone hanno votato ai referendum rispetto a quelle che hanno scelto la destra alle politiche del 2022. La segretaria invita la premier Meloni a riflettere su questa partecipazione, specialmente dopo le sconfitte elettorali recenti in città come Genova, Assisi, Ravenna e Taranto. L’obiettivo per il Pd rimane ridurre l’astensionismo e costruire un’alternativa credibile.
Il punto di vista del m5s
Giuseppe Conte interviene richiamando il rispetto dovuto agli oltre 14 milioni di italiani che si sono recati alle urne. Evidenzia in particolare i circa 12 milioni di sì confermati per maggiori tutele nel mondo del lavoro. Conte richiama l’attenzione sul fatto che questo numero equivale a quello con cui la coalizione a guida Meloni è arrivata al governo, sottolineando che la partecipazione non può essere sottovalutata. Il candidato del M5s insiste sulla serietà del dato, evidenziando che il risultato contiene un messaggio politico significativo.
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Anche Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, rispettivamente di Verdi e Sinistra Italiana, mettono l’accento sul valore della partecipazione. Pur riconoscendo che il quorum non è stato raggiunto, ammettono che oltre 15 milioni di cittadini hanno deciso di esprimersi. Per loro i risultati rappresentano la base su cui costruire un’alternativa elettorale, avvisando che alle prossime elezioni politiche il quorum non sarà un ostacolo per fermare la premiership di Giorgia Meloni.
Le risposte di renzi e calenda: critiche e indirizzi per il futuro dell’opposizione
Matteo Renzi, leader di Italia viva, avverte che il successo dell’opposizione non dipenderà dalle battaglie identitarie. Nel suo intervento sottolinea che parlare di futuro invece che di passato è più utile per costruire un centrosinistra capace di sfidare Meloni. Renzi invita a un’apertura verso il ceto medio e ammonisce contro il rischio di chiudersi in posizioni ideologiche ristrette. Nonostante le critiche, tende la mano agli altri partiti dell’opposizione, auspicando un lavoro comune proiettato a favore del cambiamento.
Carlo Calenda, leader di Azione, rompe con questa posizione e rivolge un appello ai riformisti. Invita a creare un’area liberale autonoma, lontana sia dalla destra sovranista che dall’ampio schieramento di sinistra. Calenda giudica un errore trasformare i referendum in un voto contro Meloni, parlando di “autogol”. Secondo lui, il continuo inseguimento delle ‘battaglie ideologiche’ da parte di alcuni esponenti della sinistra latino-americana come Landini, Conte, Fratoianni e Bonelli, rischia di far perdere slancio politico all’opposizione.
Il voto sulla cittadinanza: il no prevale e pesa il silenzio mediatico
Tra i cinque quesiti referendari, quello che ha ottenuto maggiori no riguarda la riduzione degli anni necessari per ottenere la cittadinanza italiana. La maggioranza degli elettori ha bocciato questa proposta, che avrebbe dimezzato i tempi per accedere alla cittadinanza. Riccardo Magi, promotore di Più Europa, rileva un problema nel modo in cui il referendum è stato trattato dai media. Afferma che la copertura televisiva, soprattutto da parte della Rai, è stata praticamente assente, con spazi ridotti all’ultimo minuto e poco approfonditi.
Magi ricorda episodi in cui si è parlato di altri argomenti durante le trasmissioni, mentre lo spazio dedicato ai quesiti referendari è stato minimo. L’opinione del promotore suggerisce che il silenzio mediatico abbia inciso negativamente sulla partecipazione e sulla conoscenza del voto da parte dei cittadini. Il rilievo è che, senza un’adeguata informazione, il consenso sui temi referendari può risultare più debole, specie su questioni delicate e complesse come quella della cittadinanza.
Il dibattito sul quorum
L’inaspettata astensione, che ha tenuto la partecipazione sotto il 50%, riaccende la discussione sul quorum come limite per la validità dei referendum. I 5 Stelle si fanno portavoce di questa esigenza. Giuseppe Conte ricorda che lo strumento referendario necessita di una revisione nelle modalità e nella soglia richiesta, soprattutto in un paese con tassi di astensionismo così alti. L’obiettivo dovrebbe essere ampliare la partecipazione dando più peso alle scelte effettive degli elettori.
Riccardo Magi condivide questa opinione e definisce il quorum un ostacolo alla volontà popolare. Evidenzia come la parte di paese che si è espressa al voto sia più ampia rispetto a quella che sostiene l’attuale governo. Secondo Magi questa situazione rappresenta un problema per la democrazia, perché la partecipazione viene frenata da requisiti che oggi non riflettono la realtà sociale e politica. La questione attende un confronto parlamentare per valutare eventuali modifiche.
L’intera tornata referendaria mette in luce un’Italia divisa tra chi vede nel voto un segnale significativo e chi sottolinea l’insufficienza della partecipazione per modificare leggi importanti. Parlano le cifre e si delineano le strategia che partiti e leader intendono adottare, in vista delle elezioni future, ma il nodo della rappresentatività rimane aperto.