Oliver Stone ha recentemente partecipato al Marateale, dove ha ricevuto un riconoscimento alla 17ª edizione del festival. Durante l’incontro con gli studenti di cinema tenutosi al teatro sul mare del Santavenere, il regista premio Oscar ha parlato della sua formazione artistica e personale, soffermandosi sul ruolo che il cinema italiano ha avuto nella sua vita. L’artista, poco prima di compiere 80 anni, ha anche presentato la sua autobiografia intitolata Cercando la luce, edita in Italia da La Nave di Teseo, un libro che ripercorre oltre quarant’anni della sua esperienza tra cinema, guerra e società.
Il legame con il cinema italiano e i primi approcci alla regia
Stone ha ricordato con emozione i film italiani che lo hanno profondamente segnato. Ha citato pellicole come Novecento, che ha visto almeno sei volte, e La dolce vita di Federico Fellini, a cui ha assistito per la prima volta a soli 14 anni accompagnato da sua madre. Si è soffermato anche su Il caso Mattei di Francesco Rosi, opera che gli ha aperto gli occhi e lo ha guidato nella scelta di voler fare cinema con uno sguardo critico sulla realtà.
Nel salotto del teatro, Stone ha espresso la sua riconoscenza verso il cinema italiano come fonte d’ispirazione e modello di narrazione. Questa passione si è subito intrecciata con una formazione molto personale e con eventi di vita intensi, che avrebbero poi nutrito la sua carriera cinematografica e la sua cifra stilistica. Il regista ha descritto questo percorso come un incontro fra cultura e impegno, un mix che l’ha portato a guardare al cinema come a uno strumento per raccontare storie che impattano sul pubblico.
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Gli anni della guerra e l’incontro con martin scorsese
L’autobiografia di Oliver Stone parte proprio da un momento segnante, il divorzio dei genitori negli anni ’60, che allora era un evento poco comune e che ha influenzato la sua vita. A 19 anni Stone ha deciso di partire per il Vietnam, dove ha insegnato in una scuola cattolica. Successivamente si è arruolato come soldato attivo nella guerra, esperienza che lo ha visto ferito e gli ha valso una medaglia d’onore.
Dopo il rientro negli Stati Uniti, Stone si è iscritto alla New York University Film School, dove ha avuto come insegnante Martin Scorsese. Questo incontro ha avuto grande impatto: Scorsese gli consigliò di realizzare un primo film molto personale, e la nascita del suo cortometraggio Last Year in Vietnam nel 1971 segnò l’inizio ufficiale del suo lavoro dietro la macchina da presa. Durante il periodo universitario Stone ha attraversato un momento di difficoltà artistica, caratterizzato da fallimenti e frustrazioni, prima di trovare la sua strada.
L’approccio investigativo e la realizzazione di platoon
Un episodio chiave nella carriera di Stone è stato il lavoro su un trattamento riguardante il rapimento di Patricia Hearst. In quel periodo approfondì le dinamiche del caso e le interferenze governative, sviluppando uno stile investigativo e narrativo che avrebbe poi definito molti dei suoi lavori successivi. Questa svolta gli permise di collegare la ricerca della verità a un cinema capace di intrattenere e mantenere l’attenzione del pubblico.
Nonostante qualche insuccesso come Salvador, realizzato con un budget ridotto, Stone tornò a emergere grazie a Platoon, film che rappresentò una svolta fondamentale e gli diede consenso critico e pubblico. La pellicola tratteggia la sua esperienza di guerra attraverso una lente personale e critica, mettendo in luce le contraddizioni e i drammi vissuti.
Nuovi progetti e riflessioni sulla politica e il cinema
Attualmente Stone lavora a nuovi progetti ma preferisce non svelare dettagli per evitare imitazioni o furti d’idee. La sua attenzione è concentrata sulla seconda parte della propria autobiografia, che racconterà i successi, gli insuccessi e gli insegnamenti raccolti nella seconda metà della sua vita. Nel libro, promette di svelare anche le ossessioni che caratterizzano chi decide di dedicare la vita al cinema.
Sul fronte politico, Stone mantiene un atteggiamento critico soprattutto verso le questioni militari. Si definisce da sempre anti militarista e segnala come tensioni internazionali, ad esempio tra Usa e Russia, abbiano radici precedenti alle presidenze di Trump e Obama. Ha ricordato inoltre come il suo rapporto con gli Stati Uniti sia stato complicato, tanto da essergli attribuita informalmente l’etichetta di persona non grata, soprattutto per la natura dei suoi documentari sul Medio Oriente. Oggi segnala una fase di miglioramento nei suoi rapporti con la patria.