Il glioblastoma resta uno dei tumori cerebrali più aggressivi e resistenti, con scarse opzioni terapeutiche valide. Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano ha messo a punto una strategia che agisce direttamente sul sistema immunitario dei pazienti. Il metodo sfrutta i linfociti T infiltranti il tumore, cellule del sistema immunitario presenti ma spesso inefficienti nel combattere il glioblastoma. Il lavoro, pubblicato su Nature Communications, mostra risultati promettenti che ora attendono una verifica clinica.
Linfociti t infiltranti: una nuova risorsa contro il glioblastoma
Nel glioblastoma i linfociti T infiltranti il tumore sono scarsi e, quando presenti, appaiono “esausti”, quindi incapaci di eliminare efficacemente le cellule tumorali. Il team guidato da Serena Pellegatta ha isolato queste cellule insieme al tessuto tumorale prelevato durante interventi chirurgici. In laboratorio le tr-TIL sono state espanse in numero e “raddrizzate” nelle loro funzioni per poi essere reimpiantate nel paziente.
Questo approccio mira a potenziare l’attività naturale del sistema immunitario, reso debole dall’ambiente ostile creato dal tumore. La tecnica è un modo per riattivare le difese immunitarie direttamente dove serve, evitando di utilizzare farmaci esterni che spesso risultano inefficaci o tossici. La preparazione e l’espansione delle tr-TIL avvengono seguendo i protocolli delle Good Manufacturing Practices , necessari per approvazioni e studi clinici.
Risultati sperimentali: rallentamento della crescita tumorale nei modelli animali
Lo studio ha coinvolto 161 pazienti con diagnosi di glioma diffuso, una categoria che include il glioblastoma. Le tr-TIL, isolate e amplificate in laboratorio, sono state testate su modelli animali. Nel 70% dei casi si è registrato un rallentamento significativo della progressione tumorale, associato a un aumento della sopravvivenza degli animali.
Questi risultati dimostrano il potenziale di questa terapia immunitaria personalizzata nel controllare la malattia, anche in una fase ancora preclinica. Gli esperimenti indicano che i linfociti T riprogrammati rispondono meglio alla minaccia tumorale, probabilmente perché superano i meccanismi di difesa usati dal glioblastoma per “nascondersi”, come l’espressione della proteina PD-L1. Il blocco di tale proteina nelle cellule tumorali facilita l’azione distruttiva dei tr-TIL, migliorando l’efficacia globale della terapia.
Verso la sperimentazione clinica: il protocollo reactil per i pazienti con glioblastoma
Dopo i risultati incoraggianti nei modelli animali, il passo successivo è l’avvio di studi clinici sull’uomo. Il gruppo milanese ha progettato il protocollo denominato ReacTIL, che valuterà sicurezza ed efficacia della terapia a base di tr-TIL in pazienti affetti da glioblastoma. Questa fase rappresenta la sfida finale per dimostrare se il trattamento immunitario potrà diventare una pratica clinica.
L’adattamento del processo produttivo agli standard GMP testimonia l’impegno a rispettare i criteri normativi necessari per i trial clinici. ReacTIL sarà un tassello fondamentale per affrontare il glioblastoma con una strategia diversa dalle terapie tradizionali. Se il protocollo avrà successo, la cura potrà basarsi su cellule del sistema immunitario potenziate prelevate direttamente dal paziente, aprendo la strada a terapie sempre più mirate.
Contesto e novità scientifiche: immunoterapia e potenziamento delle cellule immunitarie
Il glioblastoma da sempre sfida la medicina per la sua capacità di creare un ambiente tumorale sfavorevole alle difese immunitarie. Un meccanismo importante è rappresentato dall’uso della proteina PD-L1, che funziona da “maschera” per le cellule tumorali, impedendo ai linfociti di aggredirle. Bloccare PD-L1 consente di sbloccare i linfociti T, rendendo la terapia basata sulle tr-TIL più efficace.
Nel frattempo le ricerche sulle terapie oncologiche stanno integrando tecniche come l’editing genomico CRISPR, utili a modificare le cellule immunitarie o tumorali per rafforzarne la risposta o aumentarne la vulnerabilità. Questi sviluppi indicano una strada per personalizzare al massimo le cure contro i tumori più difficili, come il glioblastoma.
Il lavoro condotto al Besta si inquadra in questo filone, puntando a dare ai pazienti nuove opportunità di trattamento in una situazione critica. Anche la possibilità di espandere e risvegliare le tr-TIL offre un’alternativa interessante rispetto all’impiego di farmaci immunoterapici sistemici, spesso poco efficaci nel cervello per le sue caratteristiche particolari.
Gli esiti della sperimentazione clinica ReacTIL saranno attesi con attenzione sia dalla comunità scientifica, sia dai pazienti, offrendo un’opportunità concreta di cambiamento nell’approccio al glioblastoma.