Neurofilamenti plasmatici per la diagnosi precoce della sclerosi multipla in pazienti apparentemente stabili

Neurofilamenti plasmatici per la diagnosi precoce della sclerosi multipla in pazienti apparentemente stabili

L’uso dei neurofilamenti a catena leggera nel sangue permette di rilevare precocemente l’attività nascosta della sclerosi multipla, migliorando la gestione terapeutica e favorendo interventi più tempestivi e personalizzati.
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L'articolo descrive l'importanza dei neurofilamenti a catena leggera come biomarcatori nel sangue per identificare precocemente l’attività nascosta della sclerosi multipla, migliorando la gestione clinica e permettendo interventi terapeutici tempestivi. - Gaeta.it

La sclerosi multipla continua a presentare sfide nella sua gestione, specialmente per quei pazienti che sembrano clinicamente e radiologicamente stabili, ma che nascondono un’attività della malattia non evidente. Una recente innovazione nel campo neurologico coinvolge l’impiego di biomarcatori nel sangue per rilevare questa attività nascosta. Tra questi, i neurofilamenti a catena leggera stanno acquisendo un ruolo centrale per individuare in anticipo il progressivo danno neurologico e per supportare decisioni terapeutiche più tempestive.

Il ruolo dei neurofilamenti a catena leggera nella sclerosi multipla

I neurofilamenti a catena leggera sono proteine presenti all’interno degli assoni neuronali e vengono rilasciate nel sangue quando si verifica un danno neuro-assonale. Questi biomarcatori sono stati studiati per anni in ambito di ricerca e solo recentemente hanno ottenuto la certificazione CE per l’impiego clinico. La loro misurazione permette di identificare forme subcliniche di attività della sclerosi multipla, cioè alterazioni che non emergono né con la valutazione clinica tradizionale, né con la risonanza magnetica. In questo modo, si può intervenire prima che insorgano segni evidenti di progressione o ricadute.

Significato dei neurofilamenti plasmatici elevati

La presenza di neurofilamenti plasmatici elevati segnala un’alterazione che spesso anticipa lesioni nuove o attive osservabili tramite imaging, ma anche peggioramenti funzionali non ancora evidenti. Il medico può così modulare la terapia con maggiore precisione, scegliendo trattamenti più aggressivi a seconda della gravità nascosta della malattia.

Ostacoli all’uso diffuso dei neurofilamenti plasmatici in neurologia

Nonostante il potenziale degli Nfl, la loro applicazione regolare nei centri specialistici resta limitata. I motivi principali riguardano la difficoltà di accesso ai test, i costi elevati e la mancanza di protocolli clinici standardizzati che ne guidino l’interpretazione e il monitoraggio. Senza linee guida validate, ogni centro deve adattare l’impiego di questo strumento alle proprie necessità, creando disparità nella gestione della Sm.

Per superare queste difficoltà, Novartis ha promosso un programma di lettura centralizzata in collaborazione con Synlab. Questo progetto coinvolge 50 centri neurologici in Italia, ognuno dei quali analizzerà fino a 40 campioni di sangue per Nfl. “Lo scopo è consentire ai neurologi di familiarizzare con l’uso di questo biomarcatore, migliorare la gestione dei pazienti e contribuire allo sviluppo di basi più solide per futuri protocolli terapeutici.”

Evidenze scientifiche recenti e valore prognostico degli nfl

Studi clinici hanno confermato l’importanza dei neurofilamenti plasmatici per il monitoraggio della sclerosi multipla. Un ampio lavoro osservazionale pubblicato su The Lancet Neurology ha seguito per 4 anni più di 800 pazienti con Sm recidivante-remittente. I ricercatori hanno constatato che livelli alti di Nfl si associano a presenza di lesioni attive alla risonanza magnetica, tassi più elevati di ricadute e alla necessità di intensificare la terapia nel tempo.

Studi recenti sulla malattia silente

Un altro studio recente, uscito su Frontiers in Neurology nel marzo 2025, ha integrato i dati disponibili sulla malattia silente. Il riferimento ha dimostrato che anche in assenza di segni evidenti allo studio clinico o radiologico, un valore elevato di Nfl nel sangue comunica un rischio significativo entro 12 mesi di perdere lo stato definito Neda-3 . Inoltre, si è osservato che sintomi sottili come affaticamento persistente o modifiche cognitive lievi spesso si associano a livelli di Nfl alterati, pur senza nuove lesioni visibili alla risonanza.

Implicazioni per la pratica clinica e gestione personalizzata

L’uso dei neurofilamenti plasmatici spinge verso un approccio proattivo alla sclerosi multipla, in grado di intercettare un peggioramento prima che si manifesti clìnicamente. Quando si rilevano valori elevati, il neurologo può scegliere un monitoraggio più stretto, comprendendo risonanze più frequenti o la revisione della terapia anche in assenza di cambiamenti evidenti secondo i metodi tradizionali.

Il professor Diego Centonze, direttore dell’Unità di Neurologia dell’Irccs Neuromed e docente all’Università Tor Vergata, sottolinea come “l’introduzione di questo biomarcatore nelle pratiche cliniche rappresenti uno spostamento di paradigma: dal limitarsi a intervenire solo dopo la comparsa di segni di malattia, si può anticipare la cura e adattarla costantemente alle esigenze del paziente.”

Nei pazienti con elevati livelli di Nfl, l’escalation terapeutica può prevenire proprietà degenerative del sistema nervoso. Trattamenti ad alta efficacia hanno confermato, in studi clinici e nella pratica quotidiana, la capacità di ridurre i neurofilamenti nel sangue, frenare l’infiammazione e rallentare la disabilità. In molti casi, è possibile associare la terapia a opzioni domiciliari di somministrazione, con vantaggi sulla qualità di vita, riducendo la frequenza di visite e ricoveri.

Il ruolo del paziente e il futuro della gestione della sclerosi multipla

La combinazione di misurazioni dei neurofilamenti con l’esame clinico e l’imaging, unita a un dialogo aperto con il paziente, è la chiave per controllare meglio la malattia. Si raccomanda di considerare ogni sintomo, anche il più lieve, e di promuovere comunicazione costante fra medico e malato. Il coinvolgimento attivo del paziente migliora l’aderenza alla cura e favorisce una gestione più accurata nel tempo.

L’inserimento sistematico del dosaggio degli Nfl nei percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali potrebbe cambiare l’approccio alla sclerosi multipla, favorendo interventi tempestivi che limitano il danno neurologico. Paola Coco, Chief Scientific Officer di Novartis Italia, ha evidenziato l’impegno aziendale nel rendere accessibili strumenti utili per la pratica clinica, con l’obiettivo di migliorare le condizioni di vita delle persone colpite da questa malattia complessa.

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