La discussione tra Unione europea e Stati Uniti sui dazi per i prodotti agroalimentari sta entrando in una fase decisiva. Le trattative mirano a definire nuove tariffe, ma l’obiettivo di azzerare i dazi appare lontano. Le ipotesi attuali indicano che l’aliquota potrebbe aggirarsi tra il 10 e il 15%, con impatti diversi a seconda delle categorie merceologiche coinvolte.
La proposta italiana per i dazi nel mercato agroalimentare americano
Ettore Prandini, presidente di Coldiretti, ha illustrato a ansa la posizione italiana nei negoziati sui dazi tra Europa e Stati Uniti. L’obiettivo principale è contenere i dazi al livello più basso possibile, vista la rilevanza strategica dell’export agroalimentare italiano verso gli Stati Uniti. La proposta italiana si fonda sulla necessità di una riduzione sostanziale delle tariffe, o la drastica diminuzione rispetto al 30% che l’amministrazione Trump aveva inizialmente prospettato.
Perdite potenziali senza riduzioni
Prandini ha evidenziato che un dazio così alto avrebbe provocato perdite significative per il comparto, pari a circa 2,3 miliardi di euro solo per il settore agroalimentare italiano. La proposta mira a evitare questo scenario, cercando un modello di tassazione più leggero e sostenibile per le esportazioni italiane.
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Modalità di applicazione delle tariffe e impatti sui prodotti specifici
Un elemento chiave nella discussione riguarda la modalità di applicazione dei dazi stessi. Se le nuove tariffe fossero applicate con un sistema flat, cioè con un’aliquota unica destinata a sostituire le tariffe preesistenti, si potrebbe arrivare a effetti praticamente nulli per alcuni prodotti. È il caso, ad esempio, dei lattiero-caseari e dell’olio extravergine d’oliva, che attualmente sopportano dazi rilevanti.
In questi casi, la nuova aliquota più bassa assorbirebbe i dazi esistenti, portando a un peso fiscale simile o inferiore a quello attuale sugli esportatori. Tuttavia, non tutti i prodotti beneficerebbero di questa soluzione: per il vino, la prospettiva è più complessa.
Il settore vino nel mirino
Il comparto vinicolo rischia di trovarsi di fronte a un aumento dei dazi rispetto alla situazione attuale, che prevede un’aliquota del 2,5%. Una tariffa più alta avrebbe ripercussioni sulle esportazioni, compromettendo la competitività del vino italiano negli Stati Uniti. La questione è particolarmente delicata, visto il peso che questo mercato ha per la filiera enologica nazionale.
Prandini ha sottolineato come, “in caso di aumento delle tariffe sul vino, sia fondamentale prevedere meccanismi di compensazione a livello europeo.” Si tratta di misure che potrebbero bilanciare l’onere fiscale supplementare, evitando così effetti negativi troppo forti per le aziende italiane interessate da questa categoria.
Prospettive e prossimi sviluppi nei negoziati sui dazi
La discussione sui dazi tra Ue e Usa è ancora aperta e i dettagli definitivi sulle aliquote devono essere ancora messi a punto. La posizione italiana continua a spingere per una soluzione che limiti l’impatto negativo sulle produzioni agroalimentari italiane, ma molte incognite permangono.
Il confronto tra le parti proseguirà nelle prossime settimane, mentre cresce l’attesa per l’esito che potrà influire profondamente sulle esportazioni e sul valore commerciale dei prodotti italiani negli Stati uniti. La definizione di un sistema tariffario equilibrato sarà fondamentale per mantenere i rapporti economici e favorire la competitività internazionale.