Naufragio Di Una Nave Vinaria Augustea: ritrovamenti e dettagli del trasporto marittimo a Torre Flavia

Naufragio Di Una Nave Vinaria

Relitti di una nave vinaria romana scoperti a Torre Flavia. - Gaeta.it

Sara Gatti

3 Settembre 2025

Un relitto risalente a circa duemila anni fa è affiorato a meno di un miglio marino dalla costa antistante Torre Flavia, antico sito sulle coste laziali. Questa imbarcazione, lunga poco più di 25 metri, trasportava vino in grandi contenitori e presenta caratteristiche tipiche delle navi di età augustea. La scoperta ha permesso di approfondire la conoscenza delle tecniche di navigazione e commercio marittimo romano, ma anche di ricostruire aspetti della vita a bordo grazie agli oggetti recuperati assieme ai contenitori vinari.

La nave oneraria: caratteristiche di un’imbarcazione augustea per il trasporto vinario

La nave recuperata a Torre Flavia rappresenta un modello di naviglio diffuso nel periodo augusteo, ovvero a cavallo tra fine I secolo a.C. e inizio I d.C. Grazie allo studio della relativa chiglia e delle ordinate rinvenute sul fondale, è stato possibile stimare la lunghezza in circa 25 metri. Il relitto rivela che la nave era costruita con un fondo semipiatto, adatto ad affrontare sia il mare aperto sia i tratti di fiume.

Questo tipo di imbarcazione era mossa a vela e a remi, garantendo una certa versatilità nelle rotte e nelle condizioni di navigazione. A pieno carico la nave poteva pesare sulle cinquanta tonnellate. La capacità di carico era destinata principalmente a dolia di grandi dimensioni e anfore, contenitori usati per il trasporto del vino. Il disegno della nave e il metodo di trasporto furono tipici in età augustea, ma intorno alla metà del primo secolo dopo Cristo questo tipo di naviglio uscì rapidamente dall’uso. Fu sostituito da navi più capaci, manovrabili e veloci, rispondendo alle esigenze di una rete commerciale in espansione.

La scoperta del relitto si inserisce in un contesto di ricerca archeologica che ha già evidenziato come il commercio del vino fosse elemento centrale dell’economia romana, con rotte marittime ben organizzate per rifornire città portuali e hinterland vinicoli. La struttura semipiatta rendeva queste navi idonee anche per l’accesso agli approdi fluviali, elemento fondamentale per raggiungere zone interne vicine a grandi aree coltivate a vigneti.

Dolia e anfore: contenitori originali per lo stoccaggio e trasporto di vino nell’antichità

Tra i reperti più significativi recuperati emerge un gruppo di dolia, grandi contenitori in terracotta per lo stoccaggio del vino a bordo. Quattro di questi dolia erano quasi sferici e particolarmente integri, con una capacità stimata attorno ai 2500 litri. Un quinto dolio, di forma cilindrica, poteva contenere circa 1000 litri.

Queste forme erano funzionali alla stabilità e al carico, poiché i contenitori venivano sistemati con cura all’interno dello scafo insieme ad anfore e a elementi per ammortizzare il trasporto, come paglia, posta sia a prua che a poppa. I dolia svolgevano un ruolo fondamentale nel commercio vinario romano, permettendo il trasporto di grandi quantità di vino in forma liquida. Oltre all’uso marittimo, i dolia erano utilizzati anche nell’ambiente domestico per conservare vino e altri liquidi, spesso interrati per mantenere una temperatura costante.

Accanto ai dolia sono stati recuperati altri tipi di vasellame, in particolare piatti di ceramica aretina, di buona fattura. Tali piatti presentavano incisioni che rappresentavano le iniziali dei marinai; uno addirittura riportava la parola “medeor”, che si ritiene relativa a un medico imbarcato o a un responsabile di un pronto soccorso a bordo. Tale dettaglio si collega anche al ritrovamento di una cassettina lignea con sacchetti di semi di coriandolo e cumino, probabilmente usati per scopi terapeutici.

Altri oggetti ritrovati includono diversi strumenti di bordo: pezzi della pompa di sentina, lucerne per l’illuminazione, uno scandaglio per sondare il fondale e lastre di piombo inserite nella chiglia per stabilizzare la nave. Di particolare rilievo è il braccetto a forma di becco d’anatra, parte della testiera del letto del comandante , il cui pregio indica l’importanza del ruolo a bordo.

Torri Flavia: luogo del naufragio e complesso recupero archeologico del relitto

Il naufragio si è conservato su un fondale sabbioso di circa 12 metri di profondità, ad un miglio marino dalla Torre Flavia, costruita nel 1568 e oggi punto di riferimento storico e paesaggistico del litorale laziale. L’area dello scafo si estendeva per quasi 400 metri quadrati, dove sono stati eseguiti i rilievi e il recupero di materiali tra il 1983 e il 1985.

L’operazione di recupero fu diretta dalla Soprintendenza dell’Etruria Meridionale in collaborazione con l’Istituto di Topografia Antica dell’Università “La Sapienza” di Roma. I due archeologi a capo delle ricerche furono Valeria D’Atri e Piero Alfredo Gianfrotta, figure di riferimento nell’archeologia navale italiana. La complessità dell’intervento richieste metodologie attente e delicate per estrarre e conservare i reperti in condizioni ottimali.

Tra gli elementi più attendibili per la datazione e la provenienza dei materiali ci sono i bolli impressi sui dolia, riconducibili a Caius Piranus Sotericus, libero della famiglia dei Pirani residente a Minturnae, importante porto romano con attività di cantieraggio navale e commercio del vino. Minturnae, con i suoi vigneti estesi, aveva un ruolo centrale nella produzione del celebre vino Falernum.

Dal 2011, dopo un lungo periodo di conservazione nei magazzini della necropoli della Banditaccia, il materiale recuperato è esposto al Museo del Mare e della Navigazione Antica all’interno del castello di Santa Severa, struttura patrimonio della Regione Lazio. Il museo, diretto dall’archeologo Flavio Enei, ospita una sala dedicata in cui si trovano alcuni dei dolia e altri reperti emblematici, consentendo di raccontare la storia del commercio e della navigazione in epoca romana.

La valorizzazione del patrimonio archeologico e le prospettive future di studio

Il sito di Torre Flavia e i materiali recuperati offrono una testimonianza preziosa sulla tecnologia navale romana e sulle modalità di trasporto delle merci nel Mediterraneo antico. Le ricerche continuano a fornire dati importanti per ricostruire rotte commerciali, tecniche costruttive e usi quotidiani a bordo delle navi.

L’importanza del recupero e della conservazione dei dolia e degli altri reperti è alta, sia per il valore storico sia per le potenzialità di studio legate ai materiali organici, come tracce di vino o residui di altri prodotti. Le tecniche moderne di restauro permettono di mantenere intatti questi reperti per ulteriori ricerche.

Nel contesto attuale, l’area di Torre Flavia è oggetto di attenzioni anche da parte di progetti di tutela ambientale e culturale. L’area costiera ospita patrimoni storici e paesaggistici, con interventi volti a preservare le tracce archeologiche e a promuovere la conoscenza del passato marittimo. La combinazione tra ricerca, conservazione e valorizzazione pubblica rappresenta un modello utile per mantenere viva la memoria delle rotte vinare romane e della navigazione antica in generale.