Negli ultimi anni, nelle acque del laghetto di Scanno si sono verificati casi sospetti di annegamento di orsi marsicani. L’episodio più recente ha spinto un attivista per i diritti degli animali a depositare un esposto formale presso la procura di Sulmona, il ministero dell’ambiente e la Commissione europea. Il documento si concentra sui rischi ambientali e sulle responsabilità nella gestione di un’area che, seppur fuori dai confini del parco nazionale, ricade in una zona protetta di importanza europea per la conservazione di questa specie.
Il contesto geografico e normativo della zona di scanno
Il laghetto di Scanno si trova in Abruzzo, in un’area che non rientra ufficialmente nei confini del parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Nonostante ciò, essa rientra nella Zona Speciale di Conservazione europea , una designazione che mira a proteggere habitat e specie specifiche. Questa classificazione prevede l’adozione di misure precise di tutela per specie prioritarie, tra cui l’orso bruno marsicano. La Commissione europea finanzia progetti mirati alla salvaguardia di questi animali in territori come questo, affidandone la gestione all’ente parco.
Questa distinzione è fondamentale. Le norme europee privilegiano la protezione nelle Zsc rispetto ai limiti amministrativi nazionali come quelli del parco. Perciò, qualsiasi intervento o controllo su strutture e situazioni a rischio dovrebbe rispettare queste prescrizioni europee, a tutela della specie e del suo ambiente. Il laghetto di Scanno, quindi, è sotto una specifica sorveglianza ambientale che va oltre i confini del parco stesso.
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Gli incidenti mortali degli orsi e le criticità del laghetto
Dal 2010 al 2025 si contano almeno sette orsi marsicani annegati in situazioni analoghe a quella registrata recentemente a Scanno. Questi casi si riferiscono a tre episodi distinti, che testimoniano un problema ricorrente e noto agli esperti della conservazione della fauna locale. La dinamica degli incidenti solleva dubbi sull’adeguatezza delle strutture del laghetto, che sembrano rappresentare un pericolo per animali grandi e incapaci di uscirne autonomamente.
Il fatto che si tratti di una specie protetta e di rilevanza europea rende la questione ancora più urgente. Lo stato di degrado o la mancata presenza di dispositivi di sicurezza, come rampe o barriere, possono mettere a repentaglio specie già a rischio di estinzione. Gli esperti ritengono che la gestione di queste aree debba includere strategie di prevenzione più rigide, al fine di evitare ulteriori tragedie.
La reazione dell’attivista e le azioni legali intraprese
L’attivista ambientalista e animalista Augusto De Sanctis ha voluto portare alla luce la questione attraverso un esposto, presentato tramite il suo legale Michele Pezone. Il documento chiedeva interventi urgenti su più fronti: penalistico, amministrativo e comunitario. L’invio dell’esposto alla Procura di Sulmona mira a verificare eventuali responsabilità penali legate alla mancata sicurezza dell’area e alla negligenza nella tutela degli orsi.
Parallelamente, il coinvolgimento del ministero dell’ambiente e della Commissione europea punta a sollecitare controlli e provvedimenti più stringenti sul piano ambientale. Le autorità europee possono far valere i vincoli imposti dalla Zona Speciale di Conservazione e indirizzare risorse per correggere situazioni di rischio. Questo doppio binario di azione vuole accelerare interventi concreti per proteggere gli orsi marsicani e rispettare gli impegni presi per la loro difesa.
Implicazioni per la conservazione dell’orso marsicano nel territorio abruzzese
La presenza e la sopravvivenza dell’orso bruno marsicano sono obiettivi tutelati da accordi internazionali e norme europee. I decessi causati da annegamento in laghi o bacini artificiali evidenziano falle nella gestione del territorio, che rischiano di compromettere questo fragile equilibrio.
La zona di Scanno ha un valore particolare, sia per la biodiversità che ospita, sia per il ruolo che può giocare nella rete dei corridoi faunistici utilizzati dall’orso. Un ambiente sicuro contribuisce a mantenere stabile la popolazione e a evitare ulteriore isolamento genetico. La segnalazione dell’esposto serve a mostrare che non bastano le etichette di protezione: serve vigilanza concreta e azioni pratiche per limitare rischi evitabili. Sul piano locale, la questione coinvolge enti e amministrazioni che devono misurarsi con questi incidenti già documentati e con la prevenzione di nuovi.
In Abruzzo, l’attenzione sulle specie a rischio si scontra spesso con la presenza di strutture ricreative, bacini d’acqua artificiali e attività umane che modificano il paesaggio. Il bilancio tra conservazione e uso del territorio richiede una gestione attenta, che eviti conseguenze come quelle registrate a Scanno.