Morte di Cecilia De Astis, investita da auto guidata da 4 minorenni a Milano: la famiglia chiede giustizia e risposte

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Investita a Milano da un’auto guidata da minorenni, la famiglia di Cecilia De Astis chiede gi - Gaeta.it

Elisabetta Cina

27 Agosto 2025

L’omicidio a Milano di Cecilia De Astis, una donna di 71 anni travolta da una vettura rubata condotta da quattro ragazzini tra gli 11 e i 13 anni, ha riacceso un acceso dibattito su criminalità minorile e responsabilità familiari. Il figlio della vittima ha lanciato un appello alla magistratura e alla società, denunciando condizioni di degrado e la necessità di azioni concrete per evitare ulteriori tragedie simili. I protagonisti coinvolti, le reazioni e il confronto sulle misure da adottare emergono in un contesto doloroso e delicato.

Il dramma di via saponaro: tragedia in strada e identificazione dei minorenni

L’11 agosto a Milano, in via Saponaro, Cecilia De Astis è stata investita da un’auto rubata guidata da quattro bambini molto giovani, con un’età compresa tra gli 11 e i 13 anni. Dopo l’impatto, i ragazzini sono fuggiti immediatamente dal luogo dell’incidente. La vittima, 71 anni, camminava tranquillamente quando è stata travolta, evento che ha scosso profondamente la comunità locale e ha portato all’apertura di un procedimento da parte del Tribunale per i Minorenni.

Tre dei minorenni sono stati individuati e ora si trovano in comunità. Mentre uno è riuscito a sganciarsi dall’insediamento rom dove vivevano, in via Selvanesco, e risulta ancora irreperibile. Questo dettaglio ha complicato la gestione dell’intera vicenda dal punto di vista giudiziario e sociale, mettendo in evidenza la difficoltà nel tracciare i profili di minori in gravissime condizioni sociali ed economiche.

L’episodio ha scatenato una riflessione sulla serenità di questi ragazzi e su quanto la loro realtà familiare e ambientale condizionino comportamenti violenti e fuori controllo. Il ruolo delle istituzioni diventa centrale nel tentativo di ridurre situazioni che sfuggono al controllo e mettono a rischio cittadini innocenti.

Condizioni familiari e contesto sociale dei minori coinvolti

I quattro ragazzini hanno vissuto in contesti segnati da difficoltà e situazioni legate alla criminalità. La madre di due di questi minori, Paola Sulejmanovic, ha una condanna definitiva per furti e si trova in carcere. Questo elemento rappresenta un indice importante dello stato di povertà educativa e morale in cui crescono i figli, dove gli esempi e l’educazione non favoriscono una crescita secondo i principi della convivenza civile.

Lo scenario che emerge parla di nuclei familiari che non garantiscono tutele necessarie e che, anzi, sembrano alimentare comportamenti distruttivi. Filippo Di Terlizzi, figlio di Cecilia, ha indicato che i genitori non solo non hanno permesso una crescita conforme ai valori sociali, ma hanno in qualche caso “educato a rubare e, in questo caso, anche a uccidere”.

L’abbandono e la mancanza di controlli efficaci sui minori portano a situazioni di pericolo elevato. L’effetto domino di queste condizioni si traduce in episodi con conseguenze fatali, dove lo Stato si trova impreparato ad affrontare una realtà che richiederebbe interventi mirati non solo sul piano giudiziario ma anche sociale ed educativo.

Le richieste della famiglia di cecilia: giustizia e misure più severe per i minorenni

Filippo Di Terlizzi ha espresso pubblicamente la rabbia e il dolore derivanti da questa tragedia familiare. Prima dell’udienza al Tribunale dei Minori, ha ribadito che la magistratura deve svolgere il suo lavoro andando a valutare il contesto familiare dei ragazzini per capire come siano arrivati a questi comportamenti.

Il figlio di Cecilia ha sottolineato la necessità di non girare lo sguardo altrove circa le condizioni da cui emergono questi giovani criminali, riconoscendo che vivono di furti e che per questo serve un’azione forte e coordinata della società per reagire a fenomeni simili.

Pur riconoscendo che i ragazzini non hanno la piena maturità per comprendere appieno la gravità delle loro azioni, Di Terlizzi non esclude la loro responsabilità. Propone che vengano trasferiti in un riformatorio, inteso come luogo di rieducazione e contenimento, per evitare che possano nuocere ulteriormente. La sua posizione evidenzia un desiderio di tutela per i cittadini e di una linea dura che impedisca la continuazione di episodi di violenza e illegalità.

L’appello della famiglia De Astis si inserisce nell’attuale dibattito sulla criminalità minorile e sollecita una riflessione sulle misure di controllo e prevenzione da adottare a livello legislativo e sociale.

Implicazioni sociali e giuridiche dietro la vicenda dei minori e dell’auto rubata

La vicenda porta sotto i riflettori il tema della responsabilità genitoriale e la difficoltà degli organi giudiziari nel gestire casi di minori coinvolti in reati gravi. L’assenza di un ambiente familiare stabile e legato a forme di illegalità predispone i bambini a uno sviluppo deviato, oltre a complicare il ruolo delle istituzioni.

In Italia il sistema minorile prevede interventi specifici ma la questione si complica quando i protagonisti vivono in contesti come quelli degli insediamenti rom, spesso marginalizzati e con scarsa presenza di servizi sociali. Questo caso evidenzia i limiti delle attuali strutture e le lacune nelle modalità di intervento.

La fuga di uno dei minorenni sottolinea come questi soggetti possano sfuggire alle maglie del controllo, alimentando la sensazione di insicurezza e di inefficacia nella risposta dello Stato. Al contempo, la scelta di inviare i minori in comunità risponde a tanti fattori ma non garantisce sempre una rieducazione efficace.

Il caso ha attirato l’attenzione anche dei media e dell’opinione pubblica, dove si confrontano esigenze diverse: giustizia per la vittima, protezione della società e tutela dei minori. Le riflessioni emerse potrebbero influenzare provvedimenti futuri riguardo la gestione del disagio giovanile e la prevenzione di episodi simili.