Il caso di un camionista torinese morto nel marzo 2023 torna sotto i riflettori con la conclusione delle indagini giudiziarie. L’uomo, che svolgeva un lavoro estenuante fatto di turni lunghi e pause minime, è morto dopo mesi di condizioni lavorative pesanti. La procura di Torino ha formalmente chiuso le indagini, contestando a due dirigenti di una società di logistica lombarda il reato di omicidio colposo per non aver assicurato condizioni di lavoro adeguate.
Le condizioni di lavoro dell’autotrasportatore e lo stress lavoro-correlato
Il camionista torinese deceduto svolgeva abitualmente turni di guida che arrivavano fino a 14 ore al giorno, con pause ridotte e pressioni costanti da parte dell’azienda. L’indagine ha ricostruito un quadro in cui i limiti legali sui tempi di guida e di riposo non venivano rispettati o venivano ridotti forzatamente. Questa realtà ha prodotto una condizione di stress psicofisico certificata da una consulenza psicologica allegata al fascicolo dell’inchiesta.
Lo stress lavoro-correlato è stato riconosciuto come un elemento determinante nella morte del conducente. Non si tratta di un dettaglio secondario: il rapporto degli esperti indica che le condizioni impostegli dall’organizzazione del lavoro hanno pesato direttamente sulla sua salute mentale e fisica. Il settore dei trasporti è noto in Italia e in Europa per turni a volte estremi e pericolosi, con impatti rilevanti sulla salute dei lavoratori. Questo caso conferma quanto possa essere pericoloso un ambiente lavorativo con pressioni e carichi insostenibili, anche se non configurabile come sfruttamento diretto o caporalato vero e proprio.
I capi d’imputazione e la posizione dei dirigenti della società di logistica
Le accuse riguardano due dirigenti di una società di logistica con sede in Lombardia: l’amministratore e il responsabile dell’area torinese. Sono indagati per omicidio colposo, per non aver garantito un ambiente di lavoro sicuro, in contrasto con le norme sulla tutela della salute e della sicurezza dei dipendenti. L’ipotesi di sfruttamento lavorativo è stata esclusa perché le indagini non hanno riscontrato un sistema di caporalato o pressioni illegali strutturate.
Gli indagati si difendono evidenziando che l’azienda dispone di procedure interne, formalmente rivolte ad assicurare la sicurezza e la corretta gestione dei turni. La memoria difensiva, depositata dall’avvocato Danilo Cilia, sottolinea che eventuali problemi organizzativi non si traducono in responsabilità personali dei dirigenti. Questo tentativo di ridimensionare le accuse mira a separare le criticità dal rischio penale.
La procura deve ora decidere se chiedere il rinvio a giudizio o archiviare il caso. La scelta avrà un peso significativo sia per il futuro dei manager sia per il dibattito sulle condizioni di lavoro nel settore della logistica.
La società Af Logistics e le criticità nella gestione dei turni
Af Logistics, la società coinvolta, opera come fornitrice per una catena di supermercati e gestisce il trasporto nella zona torinese. Secondo l’inchiesta, proprio la gestione dei turni, affidata a un responsabile locale, ha creato un sovraccarico eccessivo per l’autotrasportatore. La pressione sui tempi di consegna e la riduzione dei tempi di riposo hanno inciso negativamente sulla salute del dipendente.
Non è la prima volta che questa società finisce nel mirino della magistratura. In passato un incidente mortale avvenuto nell’area di carico e scarico di un supermercato di Moncalieri ha portato a condanne per responsabilità nella gestione della sicurezza. Questo precedente segnala come in azienda permangano problemi strutturali legati alla tutela dei lavoratori.
Le criticità evidenziate dalla procura disegnano uno scenario in cui l’organizzazione del lavoro rischia di mettere a repentaglio la salute dei dipendenti. La gestione dei turni e dei carichi di lavoro nelle filiere logistiche costituisce il cuore delle tensioni tra esigenze operative e diritti dei lavoratori.
La reazione dei familiari e il dibattito sulle condizioni nel settore della logistica
I familiari del camionista, che avevano presentato un esposto alla procura subito dopo la morte, chiedono giustizia e mostrano una forte determinazione a far emergere responsabilità precise. La loro battaglia legale rappresenta anche una denuncia verso un sistema che sembra tollerare condizioni lavorative eccessive, con gravi rischi per la salute di chi lavora.
Il caso ha acceso nuovamente l’attenzione pubblica sulle difficoltà del settore logistico, dove episodi di sfruttamento mai approvati ufficialmente convivono con turni estenuanti e incidenti legati a carenze organizzative. La morte del camionista indica un modello di lavoro che per molti rappresenta un confine sottile tra attività professionale e abuso.
Il procedimento penale in corso a Torino sarà decisivo per stabilire le responsabilità e indicare eventuali soluzioni giuridiche. Al centro resta la questione della protezione dei lavoratori in un contesto dominato da pressioni commerciali e orari pesanti. Il caso dimostra che il tema della salute negli ambienti produttivi della logistica resta aperto e richiede attenzione da parte della magistratura e delle istituzioni.