La polizia di Torino ha arrestato due uomini mentre cercavano di nascondere sostanze stupefacenti in una zona abbandonata della città, rivelando un sistema di spaccio che usa mezzi e nascondigli insoliti. Nella ex manifattura tabacchi di via Bologna, area già segnalata per attività sospette, le forze dell’ordine hanno scoperto un deposito di droga che sfrutta espedienti come pacchetti termosaldati mimetizzati con riso o travestiti da vino. Il blitz non si limita a un semplice fermo: illumina una trasformazione dei metodi della criminalità nelle aree periferiche di Torino.
Il controllo e il sequestro iniziale alla barriera di milano
L’azione parte da un semplice passaggio lungo via Bologna, zona barriera di Milano a Torino. Gli agenti della squadra di Polizia Giudiziaria del Commissariato notano due uomini marocchini – di 28 e 38 anni – muoversi con un’attenzione particolare. La loro scena è: uno consegna un monopattino all’altro, che poi si dirige verso un palazzo vicino e ritorna con un piccolo involucro. Questo gesto, in apparenza banale, ha destato subito i sospetti degli investigatori.
Una volta bloccati e perquisiti, entrambi vengono trovati con tre involucri termosaldati nascosti, contenenti cocaina. Questo ritrovamento ha spinto la polizia ad ampliare la perquisizione e a estendere l’indagine in un raggio limitrofo, convinti che quel quantitativo fosse solo una piccola porzione di un giro più grande.
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La scoperta nella ex manifattura tabacchi di via bologna
Pochi passi dopo il luogo del primo controllo, la polizia si è spostata nell’area industriale dismessa dell’ex manifattura tabacchi, un sito recentemente sgomberato ma già noto per attività illecite. Qui l’indagine ha preso una nuova piega, trasformando in cantiere investigativo un’area lastricata da rifiuti e segni di bivacco.
Sotto un mucchio di fazzoletti di carta, gli agenti hanno rinvenuto un sacchetto pieno di riso, apparentemente un pacco qualunque, ma in realtà usato per nascondere circa 90 grammi di cocaina. Il trucco di mimetizzare la droga all’interno di elementi di uso quotidiano rendeva più difficile individuarla, metodo adottato con l’intento di rendere meno evidenti gli odori tipici dello stupefacente.
Gli involucri di cocaina trovati in questo nascondiglio sono simili per forma e confezione a quelli del primo sequestro, motivo di grande interesse per gli investigatori. La possibilità che quella droga fosse parte di un piccolo deposito da cui distribuire dosi conferma la presenza di una rete di spaccio che opera nell’ombra.
La scoperta dell’hashish nel capannone: il fiuto di Iron e il nascondiglio atipico
Il presidio della polizia è stato rafforzato anche da Iron, il cane antidroga dell’unità cinofila che ha lavorato in un capannone abbandonato vicino alla ex manifattura. Dopo pochi minuti di annusamenti e ricerche nei detriti, Iron ha segnalato un punto dove erano nascosti più di due chili di hashish, disposti sotto cartoni e immondizia.
Il ritrovamento più singolare interessa un brick di vino rosso, che al posto del sangiovese tradizionale conteneva 400 grammi di hashish. Questo esempio di occultamento dimostra la perizia con cui gli spacciatori cercano di celare la droga in oggetti di uso comune, per evitare i controlli visivi e olfattivi. La ex manifattura si conferma così centro logistico per la gestione e lo smistamento di sostanze stupefacenti sul territorio urbano.
I risultati finali e le misure legali adottate
La polizia ha ottenuto un sequestro complessivo superiore a 3,5 chili di droga complessivi, fra hashish e cocaina in varie forme, fra panetti e dosi pronte per essere vendute. Lo stop agli spacciatori ha portato all’arresto dei due uomini coinvolti, accusati di detenzione di droga con finalità di spaccio.
I due, entrambi cittadini marocchini, sono stati portati in carcere in attesa della convalida dell’arresto, che è stata disposta. Le indagini preliminari proseguono per chiarire i legami con altre reti e il livello di coinvolgimento di altri soggetti.
Le radici del narcotraffico nell’area industriale dismessa e l’adattamento criminale
Il blitz racconta una realtà conosciuta da tempo dagli inquirenti: le vecchie strutture industriali abbandonate offrono spazi sicuri per attività illecite. La ex manifattura tabacchi aveva già attirato l’attenzione per movimenti sospetti e frammenti di vita urbana che sfuggono al controllo: bivacchi, occupazioni temporanee e traffici nascosti.
La sostanza dello spaccio non cambia, ma cambiano i mezzi e i metodi. Uso di monopattini per trasportare piccoli pacchetti, mimetizzazione della droga con riso o vino, tutto punta a confondere controlli e forze dell’ordine. Questa rete a bassa intensità si muove dentro il tessuto urbano, sfruttando angoli dimenticati e poco frequentati.
Il fenomeno ricorda quanto siano complesse le dinamiche nelle periferie e nelle aree degradate: il traffico non si ferma davanti a cancelli chiusi o cantieri vuoti, ma cerca fessure, spazi invisibili. Non è solo un problema di sicurezza, ma anche di rigenerazione degli spazi urbani lasciati senza vigilanza.
Il lavoro delle forze dell’ordine ora si concentra sull’azione preventiva e sulle strategie per impedire che simili nascondigli riemergano. Bisognerà osservare gli sviluppi dell’inchiesta, che già ora conferma la trasformazione del narcotraffico in un’attività sempre più flessibile nel mezzo e nel luogo scelto. Tutta la città resta in allerta.