Il tema dell’uso del niqab nelle aule scolastiche è tornato all’attenzione a Monfalcone, in provincia di Gorizia, dove alcune studentesse dell’istituto professionale Sandro Pertini sono state identificate all’ingresso da un insegnante a causa del velo integrale che indossano. Questa decisione ha suscitato un acceso dibattito, non solo in città, ma in tutto il paese, sul diritto di espressione delle ragazze e su come le scuole gestiscano situazioni simili.
L’uso del niqab nelle scuole: un problema crescente
La decisione di identificare le studentesse che indossano il niqab ha sollevato interrogativi e preoccupazioni tra le autorità. Marina Terragni, Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza, ha commentato l’accaduto, spiegando che l’uso di tali veli non è una problematica isolata. Stando alle informazioni ricevute, anche nelle scuole medie inferiori si verificano casi simili, dove bambine e ragazze si presentano a scuola completamente velate. Questo comportamento non solo pone dei limiti alla loro esperienza scolastica, ma può anche portare a un isolamento sociale significativo.
Terragni ha sottolineato che la misura adottata dalla preside di Monfalcone, di identificare le ragazze all’ingresso, è stata un tentativo di mediazione per mantenere le studentesse a scuola. Tuttavia, ha evidenziato che questa non può essere considerata una soluzione definitiva. “Le ragazze devono poter esprimere la propria personalità”, e la mancanza di interazione visiva con i compagni di classe ha conseguenze negative, come la difficoltà a partecipare a lezioni di educazione fisica o a iniziative di alternanza scuola-lavoro. Questi fattori evidenziano come l’adozione del niqab possa limitare notevolmente l’esperienza educativa delle studentesse.
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La proposta di una nuova legge
In questo contesto, il ministro dell’Istruzione, Valditara, ha suggerito la necessità di una nuova legge, o almeno di un aggiornamento delle regolamentazioni esistenti, che già vietano di travisare il viso. Secondo Valditara, una legge specifica per il contesto scolastico potrebbe aiutare a evitare situazioni come quella di Monfalcone, che potrebbero diventare sempre più frequenti.
Terragni, pur condividendo l’importanza di affrontare la questione, ha affermato che anche l’intervento sui regolamenti scolastici, pur essendo auspicabile, potrebbe non essere sufficiente per gestire il fenomeno in espansione. “La questione è complessa e potrebbe richiedere misure più incisive” per garantire che i diritti di tutti gli studenti siano rispettati, senza compromettere il processo educativo.
L’importanza del dialogo e dell’educazione
In un momento storico in cui il dibattito sui simboli religiosi nelle istituzioni pubbliche è sempre più acceso, la necessità di un dialogo aperto tra scuole, famiglie e autorità è fondamentale. È necessario riflettere su come le istituzioni possano promuovere una visione inclusiva e favorire il rispetto delle diversità, senza sacrificare la socializzazione e l’integrazione degli studenti.
Il caso di Monfalcone rappresenta un campanello d’allarme per una serie di problematiche più ampie legate all’identità culturale e all’inclusione nell’educazione. La risposta a queste sfide deve venire da un approccio collaborativo che coinvolga tutte le parti interessate, affinché le istituzioni educative possano realmente offrire a tutti gli studenti un ambiente sicuro e favorevole al loro sviluppo personale e sociale.