Mollusco invasivo nel sistema acquedottistico di Trieste: la chiocciola di fango neozelandese mette a rischio l’ecosistema locale

Mollusco invasivo nel sistema acquedottistico di Trieste: la chiocciola di fango neozelandese mette a rischio l’ecosistema locale

La chiocciola di fango neozelandese ha invaso l’acquedotto teresiano di Trieste, minacciando la biodiversità locale e le infrastrutture idriche; Comune e ricercatori lavorano a monitoraggio e contenimento.
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Un mollusco invasivo, la chiocciola di fango neozelandese, è stato scoperto nelle acque sotterranee di Trieste, suscitando preoccupazioni per l’impatto sulla biodiversità e sulle infrastrutture idriche, con indagini in corso per monitorarne la diffusione e contenerne l’espansione. - Gaeta.it

Un piccolo mollusco alieno ha colonizzato le acque sotterranee di Trieste, generando preoccupazioni nel Comune e tra gli esperti. La chiocciola di fango neozelandese è stata scoperta nell’antico acquedotto asburgico, una presenza insolita e potenzialmente dannosa per la fauna autoctona e la qualità delle acque. L’attenzione si concentra ora sulle conseguenze di questa invasione e sulla necessità di monitorare e contenere la diffusione della specie.

La chiocciola di fango neozelandese e la sua capacità di proliferazione

La chiocciola di fango neozelandese è un mollusco di piccole dimensioni, ma dalla capacità sorprendente di replicarsi in masse dense. In ambienti favorevoli riesce a raggiungere concentrazioni fino a mezzo milione di individui per metro quadro. A queste densità, monopolizza una quantità elevata di nutrienti — fino a tre quarti — limitando di molto la disponibilità per altre specie animali e vegetali.

La proliferazione intensa determina un impatto diretto sulla biodiversità locale. Specie native, che dipendono da quegli stessi nutrienti o occupano nicchie simili, subiscono un drastico calo. Questo fenomeno si traduce in una riduzione della pescosità delle acque, elemento di rilievo non solo per l’ecosistema ma anche per attività umane connesse, come la pesca.

Problemi per le infrastrutture idriche

L’invasione di questo mollusco comporta infine problematiche pratiche. Le chiocciole, accumulandosi su condotti e filtri, possono causare intasamenti negli impianti di captazione e distribuzione dell’acqua. Questi blocchi comprometterebbero il regolare funzionamento delle infrastrutture sotterranee, richiedendo interventi di pulizia frequenti e costosi.

La scoperta nelle acque sotterranee di trieste: contesto e ipotesi sull’arrivo della specie

Il mollusco è stato individuato all’interno dell’acquedotto teresiano, una rete storica costruita dagli asburgici nella città di Trieste, tra le sue infrastrutture più importanti per l’approvvigionamento idrico. La sua presenza ha destato sorpresa e allarme, considerando che l’acquedotto non era mai stato segnalato come habitat di specie invasive di questo tipo.

Il Comune di Trieste ipotizza che la chiocciola sia giunta in regione tramite le truppe neozelandesi coinvolte nella liberazione della città alla fine della seconda guerra mondiale. La possibilità che il mollusco sia stato trasportato involontariamente su materiali, attrezzature o veicoli militari resta un’ipotesi ragionevole, anche se non ancora confermata da prove definitive.

“Si raccomanda di lavare accuratamente stivali, attrezzi e qualsiasi materiale potenzialmente entrato in contatto con gli ambienti contaminati”, ha sottolineato l’amministrazione cittadina. L’obiettivo è prevenire la diffusione di questa specie invasiva, che se si stabilisse in altri corsi d’acqua potrebbe compromettere ulteriormente l’ecosistema locale.

Indagini scientifiche e coinvolgimento delle istituzioni locali e internazionali

La conferma della presenza della chiocciola arriva da un gruppo di ricercatori slovacchi e tedeschi impegnati in uno studio sulla fauna dei sistemi sotterranei. La ricerca ha coinvolto anche realtà locali: il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste, il Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste e la Società Adriatica di Speleologia.

I dati raccolti durante questo progetto hanno permesso di documentare l’esistenza della popolazione di Potamopyrgus antipodarum nelle acque teresiane. Si tratta di un passaggio chiave per comprendere come questa specie ha raggiunto un ambiente così particolare e per valutare l’estensione del fenomeno.

Studi in corso sulla presenza e impatto della specie

Gli studi, in corso, puntano a definire se la chiocciola riuscirà a stabilirsi stabilmente nel territorio o se le condizioni particolari delle acque sotterranee limitino il suo insediamento. Resta incerto come questa specie influenzerà la biodiversità locale: la speranza è che condizioni idrologiche e chimiche non favoriscano la sua espansione, evitando così danni all’equilibrio naturale dei corsi d’acqua.

Le prospettive di monitoraggio e le azioni future per contenere la diffusione

Da piazza Unità d’Italia è stato annunciato che le ricerche proseguiranno su altri corsi d’acqua della zona per verificare la presenza della chiocciola di fango neozelandese oltre l’acquedotto teresiano. Su questa base si punterà a costruire una mappatura degli habitat colonizzati dalla specie.

Lo scopo è capire se il mollusco si stia diffondendo o se resti confinato nell’ambiente sotterraneo, e quali siano le potenziali minacce per la fauna e l’equilibrio idrico nei diversi bacini. In parallelo, si valuteranno le strategie necessarie per bloccarne l’espansione.

Gli interventi di prevenzione che il Comune ha suggerito alla popolazione sono indirizzati a ridurre la diffusione accidentale. L’attenzione ai materiali trasportati, la pulizia dopo i contatti con fonti d’acqua e la segnalazione di eventuali avvistamenti ai centri di ricerca costituiscono elementi essenziali.

I prossimi mesi saranno decisivi per comprendere la capacità di adattamento della chiocciola alle condizioni locali e per mettere a punto risposte mirate a contenere questa emergenza ambientale.

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