La normativa fiscale legata al processo di dealcolazione del vino è al centro di un acceso dibattito, dopo l’aggiornamento del testo unico delle accise avvenuto ad aprile 2025. L’attenzione è rivolta soprattutto alla classificazione e gestione sotto il profilo fiscale della cosiddetta “soluzione idroalcolica”, cioè il sottoprodotto che si genera sottraendo alcol dal vino. Questa modifica normativa fissa l’entrata in vigore delle nuove regole fiscali al primo gennaio 2026, ma lascia aperti importanti interrogativi circa la produzione di vini dealcolati nel frattempo.
Le novità introdotte dalla modifica al testo unico delle accise
Il legislatore ha aggiornato la disciplina fiscale per inquadrare il processo di dealcolazione, cioè l’estrazione dell’alcol dal vino, in modo più preciso. La novità principale riguarda la sincronizzazione della normativa fiscale al passaggio di prodotto specifico, la soluzione idroalcolica. Questa sostanza viene formata durante il processo di dealcolazione e, poiché contiene alcol, richiede un trattamento normativo particolare sotto il profilo delle accise.
Limiti e ambiti di applicazione della nuova disciplina
Il cambiamento normativo, varato ad aprile 2025, stabilisce che solo i distillatori possono produrre la soluzione idroalcolica fino al primo gennaio 2026. Questo deriva dal fatto che i distillatori rientrano già nelle norme che regolano la gestione fiscale dell’alcol, cosa che invece non vale per altre figure della filiera enologica, come i vinificatori o i produttori di vini dealcolati. Quindi, finché la nuova disciplina non diventerà operativa, si creano limiti significativi per alcune categorie di operatori che vorrebbero lavorare con questo prodotto intermedio.
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Questa norma, pur volendo chiarire aspetti importanti, rischia però di frenare la produzione di vini a basso contenuto alcolico o dealcolati, proprio mentre cresce l’interesse sul mercato per questi prodotti. In Italia la filiera del vino è complessa e coinvolge diverse figure, ma la restrizione temporanea rischia di creare un blocco alle attività di molti produttori.
Richieste e sviluppo di soluzioni transitorie da parte dell’unione italiana vini
L’Unione Italiana Vini è intervenuta con una richiesta formale ai ministeri dell’Agricoltura e dell’Economia e delle Finanze. L’organizzazione chiede l’inserimento di un regime fiscale transitorio in modo da autorizzare la produzione della soluzione idroalcolica da parte di tutti gli operatori coinvolti nella filiera del vino. Questo permetterebbe di evitare ritardi e stop produttivi fino all’entrata in vigore definitiva delle nuove disposizioni.
La questione è stata portata all’attenzione dei ministeri competenti perché il mancato adeguamento potrebbe generare situazioni di blocco sia tecnico che commerciale. In pratica, senza regole intermedie, solo i distillatori potranno operare con la soluzione idroalcolica escludendo altri produttori o imbottigliatori di vini dealcolati, il che limita le opzioni di mercato.
Possibili soluzioni in arrivo
Secondo alcune fonti vicine all’amministrazione, una possibile soluzione è al vaglio e potrebbe comparire nel prossimo decreto legge dedicato alla fiscalità. Si tratterebbe di norme transitorie capaci di mantenere sotto controllo la gestione fiscale dell’alcol ma che svolgano anche una funzione abilitante per gli operatori fino all’adozione definitiva della nuova normativa. Non è escluso che queste regole temporanee comprendano modalità di registrazione semplificata o procedure fiscali dedicate.
Questo scenario è significativo per la filiera vitivinicola italiana, che deve fare i conti con una crescente domanda di vini dealcolati e vuole mantenere un’impronta produttiva competitiva a livello internazionale. La soluzione potrà accompagnare il settore in un momento di cambiamento normativo che dura da mesi.
Impatti sul settore vitivinicolo e prospettive per la produzione di vini dealcolati in italia
Il tema fiscale legato alla soluzione idroalcolica tocca diversi punti cruciali della produzione e commercializzazione del vino in Italia. I produttori di vini dealcolati si trovano ora in una situazione dove, fino al prossimo anno, la produzione è riservata ai distillatori, limitando la capacità di rispondere rapidamente alla domanda.
Questa situazione può rallentare l’ingresso di nuovi prodotti sul mercato o il rilancio di linee già esistenti a basso contenuto di alcol, categoria in crescita anche fuori dai confini nazionali. Gli operatori chiedono quindi una norma che dia certezza e consenta di operare senza problemi, evitando contenziosi fiscali o sanzioni.
Oltre al coinvolgimento diretto degli attori della filiera, anche le istituzioni dovranno considerare gli effetti economici e commerciali più ampi. La produzione di vini con meno alcol è una strada percorsa in diversi Paesi e incidere sul quadro fiscale potrebbe ridurre l’attrattiva del mercato italiano.
Il dibattito sulle soluzioni transitorie è parte di un confronto più ampio e tecnico tra governo, associazioni di categoria e operatori. Lo scambio di idee comprende anche come gestire la tracciabilità e la registrazione dei sottoprodotti alcolici per evitare abusi o evasioni fiscali, pur garantendo flessibilità ai produttori.
La produttività italiana del vino resta un grande asset nazionale, e anche l’adeguamento della normativa fiscale assume un ruolo centrale nel mantenere e valorizzare una produzione che guarda non solo al passato, ma alle sfide e alle richieste del mercato contemporaneo.