La mostra dedicata alla moda e alla pubblicità italiane ripercorre cinquant’anni di immagini e narrazioni visuali che hanno definito il ‘Made in Italy’. Dal secondo dopoguerra fino all’alba del nuovo millennio, questo percorso espositivo mette in luce l’evoluzione del costume e della comunicazione attraverso manifesti, fotografie, spot e gadget. L’evento offre una disamina rigorosa e poetica di come moda e pubblicità abbiano modellato anche l’immaginario collettivo italiano.
Oltre 300 opere per raccontare cinque decenni di storia della moda e della pubblicità
La rassegna si svolge nella Fondazione Magnani Rocca a Mamiano di Traversetolo , e propone un insieme di più di trecento pezzi tra cui manifesti, riviste, spot televisivi, fotografie, cinema, video e persino gadget pubblicitari. Tra questi spiccano le famose figurine Fiorucci, simbolo di un’epoca. Il percorso si estende su cinquant’anni, collocandosi tra il 1950 e il 2000, un periodo cruciale che ha visto la moda italiana affermarsi a livello internazionale. L’allestimento si sviluppa come un viaggio che non si limita a mostrare immagini ma scava nel rapporto tra costume, comunicazione e identità nazionale.
Il patrimonio esposto riesce a tracciare una linea temporale che accompagna l’osservatore attraverso le trasformazioni culturali e sociali degli ultimi decenni del secolo scorso. La scelta delle opere, provenienti da varie fonti e supporti, consente di cogliere l’evoluzione dell’estetica italiana e il modo in cui la moda ha usato la pubblicità per costruire miti e simboli riconosciuti a livello globale. Ogni pezzo dialoga con gli altri, creando un mosaico coerente e dettagliato sul ruolo della comunicazione visiva nel determinare gusti e desideri.
Leggi anche:
I protagonisti del made in Italy, tra stilisti celebri e maestri della fotografia
Il fulcro della mostra si concentra su alcune delle firme più emblematiche del Made in Italy. Tra questi, nomi come Armani, Benetton, Dolce & Gabbana, Emilio Pucci, Fendi, Fiorucci, Gianfranco Ferré, Guarnera, Gucci, Marina Rinaldi, Max Mara, Moschino, Salvatore Ferragamo, Valentino, Versace, Coveri, Zegna e Walter Albini rappresentano la ricchezza creativa e commerciale degli anni coperti dall’esposizione. Questi stilisti hanno contribuito a costruire l’identità dello stile italiano nel mondo, alternando tradizione e sperimentazione.
Accanto ai creatori di moda, la mostra valorizza il lavoro dei fotografi che hanno saputo tradurre l’estetica e l’essenza di quegli anni in immagini iconiche. Tra i nomi in evidenza Giampaolo Barbieri, Giovanni Gastel, Alfa Castaldi e Maria Vittoria Backhaus. Le loro fotografie accompagnano il visitatore lungo un racconto visivo che testimonia la trasformazione della moda in performance e linguaggio visivo. Importante è anche la presenza delle illustrazioni di artisti come René Gruau, Sepo, Erberto Carboni, Franco Grignani, Guido Crepax, Antonio Lopez e Lora Lamm, che arricchiscono il quadro con stili e tecniche diverse.
Un caso a parte è quello di Oliviero Toscani, il cui lavoro è caratterizzato da un’impronta provocatoria e destabilizzante, in grado di rompere gli schemi consolidati della pubblicità di moda. Le sue campagne rappresentano un momento di rottura stilistica e concettuale nel panorama storico della comunicazione visiva italiana.
La moda come strumento di comunicazione e costruzione di miti culturali
La mostra esplora come moda e pubblicità insieme abbiano attraversato cambiamenti economici, sociali e culturali in Italia, diventando veicolo di miti, stereotipi e visioni condivise. Il racconto visivo fa emergere il ruolo della moda non solo come prodotto commerciale ma anche come linguaggio capace di rappresentare trasformazioni profonde della società italiana. Attraverso i manifesti, gli spot, le fotografie e gli oggetti esposti, la comunicazione si rivela raffinata e potente.
Un punto centrale è la capacità della pubblicità di moda di plasmare desideri e identità, sfruttando l’impatto visivo per fissare immagini e valori nella memoria collettiva. I cambiamenti storici, dall’immediato dopoguerra fino agli anni Novanta, si riflettono nel modo in cui la moda viene raccontata e percepita dal pubblico. L’esposizione testimonia la forte relazione tra costume e comunicazione, dove il corpo stesso diventa un supporto espressivo, trasformando la moda in una performance socialmente codificata.
Un segmento espositivo importante è dedicato agli spot televisivi, diventati veri e propri fenomeni pop. Alcuni di questi spot hanno raggiunto lo status di icone della cultura visiva italiana, entrando nel lessico comune attraverso melodie, immagini e slogan immediatamente riconoscibili.
La collaborazione con archivio storico barilla e i caroselli con mina
Una parte significativa della mostra è riservata agli spot della televisione italiana e in particolare a quei caroselli che nel periodo tra il 1965 e il 1970 hanno utilizzato Mina come protagonista. L’Archivio Storico Barilla ha messo a disposizione queste testimonianze visive, alcune delle quali presentano abiti firmati da couturier molto noti come Piero Gherardi, celebre costumista nei film di Federico Fellini.
I caroselli con Mina rappresentano un pezzo di storia del costume e della pubblicità, mostrando come la comunicazione televisiva abbia contribuito a diffondere la moda nelle case degli italiani. La presenza di abiti disegnati da grandi stilisti testimonia la sinergia tra moda, costume cinematografico e pubblicità.
Questi video, ora patrimonio storico, rivelano tecniche di narrazione e persuasione che hanno accompagnato i cambiamenti sociali e culturali di quegli anni. L’uso di figure artistiche e icone della musica amplifica l’efficacia comunicativa delle campagne pubblicitarie, che riuscivano a raggiungere un vasto pubblico con messaggi sia commerciali che estetici.
La mostra, aperta fino a metà dicembre 2025, offre una lettura dettagliata e ben articolata di come la moda italiana si sia costruita un’identità forte attraverso immagini e messaggi, riflettendo e influenzando nel contempo il costume nazionale.