A roma, un’azione del movimento transfemminista “Bruciamo tutto” ha richiamato l’attenzione sui femminicidi e transcidi avvenuti nel 2025. La protesta si è svolta a piazzale Flaminio, dove tre attiviste hanno messo in scena un momento simbolico, dando voce a donne uccise e rivendicando una riforma concreta legata al reddito di libertà. I fatti si inseriscono nel dibattito nazionale sul contrasto alla violenza di genere e sulle misure a sostegno dell’autonomia economica delle donne vittime di abusi.
La richiesta del reddito di libertà e la critica alle politiche attuali
Le partecipanti hanno ribadito che l’ampliamento del reddito di libertà è necessario per garantire alle donne autonomia economica e la possibilità di autodeterminare la propria vita. Questo strumento, previsto dalle normative ma giudicato insufficiente nella sua applicazione, dovrebbe rappresentare una risposta efficace a chi tenta di uscire da situazioni abusive. Il movimento ha segnalato che il reddito di libertà spesso non funziona come dovrebbe, lasciando molte donne senza sostegno concreto. La protesta ha ricordato che la libertà economica è una condizione indispensabile per proteggere vite, impedendo che storie di violenza si ripetano. In sostanza, il messaggio sottolinea che l’intervento dello Stato deve essere più incisivo e mirato per fermare femminicidi e transcidi, evitando che ogni vittima resti senza aiuto.
La manifestazione al piazzale flaminio: una performance carica di significati
Al centro di piazzale Flaminio, tre attiviste legate tra loro da un filo rosso hanno declamato i nomi delle donne assassinato nel corso del 2025, scritti sul proprio corpo. Dopo aver lanciato un urlo collettivo, si sono sdraiate a terra, simulando la loro stessa morte. L’azione, decisa e intensa, ha rappresentato un grido di denuncia contro la violenza che continua a colpire donne e soggettività trans, sottolineando la brutalità che accompagna femminicidi e transcidi. Questo tipo di manifestazione usa il corpo come strumento di protesta per mostrare la realtà cruda delle perdite umane che spesso rimangono invisibili. Il gesto delle attiviste è stato accompagnato da un messaggio forte: rendere riconoscibili e mai dimenticabili le vittime di violenza letale.
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La continuità del movimento e la determinazione a far sentire le vittime
Il movimento “Bruciamo tutto” ha assicurato che ogni donna uccisa rappresenta uno stimolo ulteriore per continuare la lotta. Il collegamento tra le attiviste attraverso il filo rosso è stato un simbolo di solidarietà e resistenza collettiva. La promessa di “tempestare” chi commette e chi chiude gli occhi rende evidente la volontà di non abbassare mai la guardia. Queste azioni pubbliche restano uno strumento per tenere viva la memoria delle vittime e per fare pressione sulle istituzioni. La mobilitazione si inserisce in un filone di proteste che si moltiplicano in varie città italiane, con l’obiettivo di mettere in discussione politiche spesso insufficienti a proteggere donne e persone trans da violenze mortali.
In questo contesto, il richiamo alle vittime diventa il cuore pulsante dell’iniziativa, trasformando ogni nome letto in un appello alla società e alle autorità a mettersi in moto con urgenza. A roma, piazzale Flaminio ha fatto da teatro a un episodio carico di significato che punta a mantenere acceso il dibattito e a pretendere risposte concrete nei mesi che seguiranno.