Michele Riondino si è aperto in una nuova intervista su Sky Tg24, parlando del suo ultimo film, dei ruoli che più lo hanno segnato e di momenti privati vissuti lontano dall’Italia. Nel doppio appuntamento con “Stories”, l’attore e regista ha svelato dettagli sul suo prossimo debutto sul grande schermo, le esperienze personali e il legame profondo con le sue radici familiari.
Michele Riondino e il suo primo horror: “La valle dei sorrisi”
Il 17 settembre arriva nelle sale italiane “La valle dei sorrisi”, un horror diretto da Paolo Strippoli con Michele Riondino nei panni di Sergio Rossetti. Il suo personaggio affronta un lutto che lo segna nel profondo, spingendolo a scelte autodistruttive. Per questo decide di lasciare la sua città e cercare un po’ di pace altrove. La storia si sposta a Remis, un paesino di montagna dove Sergio è una presenza insolita, quasi un outsider tra gli abitanti sempre allegri. Qui una locandiera prova a tirarlo su di morale, dando il via a tutta la vicenda.
Riondino ha accettato il ruolo soprattutto per la stima verso il regista, apprezzandone la capacità di unire i classici ritmi dell’horror a temi concreti e reali. Il suo personaggio non è il solito stereotipo: è umano, con scelte e fragilità che il pubblico può riconoscere. Per l’attore è la prima esperienza nel genere horror, un passo che ha fatto fidandosi della sceneggiatura e della visione del regista.
Da Taranto al successo: le tappe fondamentali di Riondino
Michele Riondino è nato e cresciuto a Taranto, in una casa modesta costruita per operai. Figlio di un papà operaio e di una mamma casalinga, è cresciuto insieme a tre fratelli in un ambiente popolare che lui ricorda come uno spazio di libertà, non solo fisica ma anche mentale. Questa base ha accompagnato il suo percorso artistico.
Tra i ruoli che più lo hanno segnato c’è “Il passato è una terra straniera”, il film che gli ha cambiato la vita dopo tanti provini andati a vuoto. Un’altra esperienza importante è stata “Acciaio”, dove per la prima volta ha interpretato un operaio, proprio come suo padre, entrando in una vera acciaieria e immergendosi in quel mondo.
Nel campo delle serie tv, “Il giovane Montalbano” è stato per lui un banco di prova inizialmente quasi impossibile. Ha rifiutato la parte più volte, fino a quando non ha potuto parlare con Andrea Camilleri per capire bene di cosa si trattasse e lavorare con la lingua richiesta dal ruolo. Tra i suoi lavori più recenti, “Leoni di Sicilia” è stata un’occasione preziosa per collaborare con Paolo Genovese e rendere omaggio alla Sicilia, terra che per lui ha un valore speciale.
Alla regia con “Palazzina Laf”: una storia di lotta e solidarietà
Come regista, Riondino ha esordito con “Palazzina Laf”, un film che ha raccolto premi e riconoscimenti. Racconta una lotta tra persone comuni, dove le differenze tra operai e impiegati si cancellano davanti a una realtà condivisa: quella dei lavoratori e delle loro difficoltà.
“Palazzina Laf” unisce il racconto sociale a una narrazione molto intima, mostrando vite segnate da problemi economici e convivenze difficili. Per Riondino questa esperienza è stata un punto di partenza, da cui vorrebbe ripartire presto con nuovi progetti dietro la macchina da presa.
Il viaggio in Messico: un’esperienza che lascia il segno
Tra i ricordi più vivi di Michele c’è il viaggio in Messico, un momento speciale dopo l’Accademia. Insieme a un amico ha deciso all’improvviso di prendere un biglietto e partire per un mese, senza programmi fissi né esperienza di viaggio. Sono arrivati a Città del Guatemala e sono tornati da Città del Messico, vivendo spostamenti liberi e lasciandosi guidare dall’avventura.
Quell’esperienza ha rappresentato per lui una tappa importante, un ricordo che porta con sé con entusiasmo e un po’ di nostalgia. L’assenza di pianificazione ha aperto la strada a una scoperta personale che lo accompagna ancora oggi, anche nella sua carriera.
La scaramanzia delle pecore in Scozia: un gesto che porta fortuna
Michele ha raccontato anche un episodio divertente legato a una sua abitudine un po’ scaramantica. Durante un viaggio in Scozia, terra piena di pecore, si è sentito quasi obbligato a salutarle tutte. Nel Sud Italia, infatti, si crede che dare il benvenuto a una pecora porti fortuna.
Ha descritto questo rituale con ironia, parlando di una “schiavitù gentile” che lo ha accompagnato durante il soggiorno scozzese. Un piccolo gesto che racconta il suo legame con le radici e le tradizioni, visto con leggerezza anche lontano da casa.