Marrone dell’appennino romagnolo, disciplinare e territorio per la valorizzazione del prodotto tipico

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La denominazione “Marrone dell’Appennino Romagnolo” è stata ufficialmente definita attraverso un disciplinare di produzione che regola ogni fase della coltivazione e della vendita di questo prodotto tipico. La normativa comprende otto articolati specifici che riguardano la denominazione, l’area geografica di riferimento, le caratteristiche dei marroni, la tracciabilità dei frutti, le tecniche di coltivazione e di raccolta, il trattamento post-raccolta, il legame con l’ambiente e le regole sull’etichettatura per tutte le tipologie di prodotto: fresco, essiccato, sfarinato e trasformato.

Il disciplinare di produzione: regole precise per il marrone romagnolo

Il documento che definisce le regole per la produzione del “Marrone dell’Appennino Romagnolo” stabilisce che possono fregiarsi di questa indicazione geografica protetta i frutti freschi, quelli essiccati e interi sgusciati, lo sfarinato e altri prodotti ricavati dalla loro trasformazione. Tutti devono appartenere alla specie botanica Castanea Sativa Mill., detta anche castagna europea, che cresce da secoli sull’Appennino romagnolo.

Il disciplinare indica con chiarezza il metodo di ottenimento dei prodotti, partendo dalla coltivazione degli alberi fino alle operazioni post-raccolta. Ogni passaggio deve rispettare precise condizioni per mantenere intatte le qualità tipiche del marrone e garantirne la sicurezza alimentare. La normativa comprende anche criteri di tracciabilità, così da seguire il prodotto dal campo al consumatore senza lasciare margini di dubbio.

Uno degli aspetti di rilievo riguarda l’etichettatura, che deve riportare in modo trasparente e corretto tutte le informazioni sul prodotto, dal tipo di lavorazione al confezionamento, per le diverse forme in cui il marrone si presenta: fresco, essiccato, polverizzato o trasformato. Questo facilita la riconoscibilità sui mercati e contribuisce a tutelare il consumatore.

Nel testo si specifica che il disciplinare copre tutte le forme commerciali di questo prodotto, assicurando il rispetto degli standard qualitativi e ambientali stabiliti.

La zona di produzione e il legame con l’ambiente appenninico

La produzione del “Marrone dell’Appennino Romagnolo” interessa una zona ben definita che comprende molte località collinari e appenniniche delle province di Ravenna e Forlì-Cesena: tra queste figurano Castel Bolognese, Faenza, Riolo Terme, Casola Valsenio, Brisighella, Castrocaro Terme, Modigliana, Dovadola, Meldola, Predappio, Montiano, Tredozio, Rocca San Casciano, Roncofreddo, Civitella di Romagna, Portico e San Benedetto, Galeata, Mercato Saraceno, Borghi, Sogliano al Rubicone, Premilcuore, Santa Sofia, Bagno di Romagna, Sarsina e Verghereto.

I castagneti idonei si trovano tra i 200 e i 1.000 metri sul livello del mare, in aree con un clima e un terreno che favoriscono la crescita sana della Castanea Sativa Mill. Questi ambienti rigogliosi non solo producono frutti di qualità, ma hanno un valore ecologico rilevante. I castagneti sono gestiti senza uso di sostanze chimiche, preservano la biodiversità vegetale e animale, e contribuiscono a conservare l’equilibrio del suolo.

Nel disciplinare si evidenzia che questi boschi aiutano a contrastare il riscaldamento globale grazie alla capacità di immagazzinare carbonio nel terreno. Inoltre, la presenza di alberi monumentali e di fiori spontanei favorisce lo sviluppo di un turismo sostenibile, essenziale per le zone montane più delicate dal punto di vista ambientale e socioeconomico.

La castanea sativa Mill. e la cultivar marrone fiorentino: progetti per il futuro

La specie Castanea Sativa Mill., comunemente detta castagna europea, rappresenta la base biologica su cui si fonda il Marchio “Marrone dell’Appennino Romagnolo”. Questo prodotto si lega ad una cultivar in particolare: il Marrone Fiorentino. Si escludono altre varietà non corrispondenti geneticamente al marrone vero, così da mantenere omogeneità e riconoscibilità del prodotto sul mercato.

Elvio Bellini, presidente del Centro Studi e Documentazione sul Castagno di Marradi, ha sottolineato l’importanza di rendere operativo il marchio collettivo di produzione per dare valore proprio a questa cultivar, che sta alla base delle piante coltivate nell’area romagnola. L’obiettivo è di salvaguardare e sviluppare una tradizione agricola che porta valore alle aziende locali e rinforza l’identità del prodotto.

Questa tutela consente di promuovere non solo il prodotto fresco, ma anche tutte le forme ottenute dalla lavorazione dei frutti, compresi quelli essiccati e il materiale derivato come lo sfarinato. La definizione chiara delle regole di coltivazione e trasformazione mette in sicurezza la qualità e rafforza la posizione del prodotto nell’ambito delle eccellenze agroalimentari italiane.

Il riconoscimento valorizza anche gli aspetti legati all’ambiente e alla tradizione rurale, promuovendo una gestione sostenibile dei boschi castanili che si tramanda da generazioni. Il “Marrone dell’Appennino Romagnolo” quindi non è solo un prodotto agricolo, ma un patrimonio culturale e naturale con un futuro legato a pratiche agricole rispettose dell’ecosistema e delle comunità locali.

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