Negli ultimi anni, diversi manuali scolastici italiani sono finiti sotto la lente per i contenuti relativi alla guerra in Ucraina. Un’indagine presentata nel 2025 dall’istituto Gino Germani porta avanti un lavoro di verifica su testi di geografia e storia, individuando passaggi che riproducono versioni di eventi in linea con la narrazione di Mosca. Si tratta di un fenomeno che riguarda circa 28 libri usati nelle scuole medie, con edizioni che vanno dal 2010 al 2024. A partire dalle prime segnalazioni e da un reportage Adnkronos del marzo 2024, questo tema ha sollevato dibattiti nel mondo dell’istruzione e della politica italiana.
Le origini dell’indagine e la denuncia di un’attivista ucraina
Il punto di partenza risale al 2021, quando un’attivista ucraina residente a Milano, Tetyana Bezruchenko, pubblicò su un social un’osservazione critica sul manuale “Namaskar Europa” di DeA Scuola. Bezruchenko sottolineò come quel testo presentasse una lettura della situazione in Ucraina tutto sommato schierata con la versione russa, in particolare riguardo alla descrizione della Crimea e alla storia regionale.
Indagine coordinata dall’istituto gino germani
Questa segnalazione ha acceso un’indagine più ampia coordinata dal direttore dell’Osservatorio Ucraina dell’istituto Gino Germani, Massimiliano Di Pasquale, in collaborazione con la giornalista ucraina Iryna Kashchey. Il lavoro si è concentrato su 28 manuali utilizzati nella scuola italiana, analizzandone le narrazioni sul conflitto, sull’identità ucraina e sulla storia dell’area. Il risultato è emerso in un report che conferma la diffusione di contenuti orientati secondo la strategia comunicativa russa, spesso difficili da cogliere senza un’analisi attenta.
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La narrazione filo-russa all’interno dei manuali scolastici
I testi esaminati mostrano diverse forme di rappresentazione che appaiono costruite per rispecchiare la visione adottata da Mosca sul conflitto ucraino. Per esempio, si trova la definizione di Kyiv come “madre delle città russe” e il riferimento all’“unità storica” che includerebbe Ucraina, Bielorussia, Moldavia e Paesi baltici in un unico contesto politico-culturale. Questa immagine corrisponde al pensiero del presidente Vladimir Putin come espresso nel suo saggio del 2021.
Altri passaggi riguardano la Crimea, che viene descritta come “ritornata alla Russia” in seguito a un “referendum”, senza citare l’intervento militare, o la guerra nel Donbass, definita in maniera semplicistica come “conflitto civile”. Questi concetti servono a svalutare la sovranità ucraina e a giustificare azioni che le istituzioni internazionali e molti paesi considerano illegali. Tra i manuali coinvolti, oltre a “Namaskar Europa”, compaiono “Ti racconto il mondo” , “Campo Base” , “Vivi la geografia” e altri testi di editori noti.
Delegittimazione e riscrittura dell’identità nazionale ucraina
Una delle parti più critiche riguarda la cancellazione o la marginalizzazione della storia e della cultura ucraina autonoma. Gli autori del report denunciano che molti testi descrivono l’Ucraina come un’entità nata “per caso” dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, ignorando millenni di radici storiche proprie.
Rappresentazione distorta di kyiv e della russia
Inoltre, Kyiv viene spesso ritratta in modo negativo, come una città corrotta o incapace di governarsi, mentre la Russia invece viene dipinta con caratteristiche civilizzatrici. Eventi cruciali come la rivoluzione di Maidan o le sfide di digitalizzazione affrontate dall’Ucraina dopo il 2014 non vengono menzionati nei manuali analizzati. Questa omissione contribuisce a costruire un’immagine distorta e parziale del paese, che finisce per condizionare la percezione degli studenti.
La guerra cognitiva nelle scuole come strumento di influenza
L’inchiesta introduce il concetto di “guerra cognitiva”, un’idea che indica un tentativo intenzionale di orientare le opinioni, le conoscenze e i ragionamenti di chi studia attraverso testi scolastici. I manuali diventano uno strumento per influenzare le nuove generazioni con visioni favorevoli a una potenza straniera, in questo caso la Russia.
Gli autori collegano questa pratica alle tradizioni sovietiche delle “misure attive”, strategie mirate a modificare la percezione pubblica a fini politici. Nel contesto italiano, dove l’approvazione dei contenuti editoriali scolastici non prevede un controllo ministeriale diretto e sistematico, questa questione assume una dimensione ancora più delicata. La circolazione di copie cartacee per anni e aggiornamenti solo in formato digitale amplificano il problema.
Editoria scolastica italiana e responsabilità nella diffusione dei contenuti
Nel documento sono citati i principali editori italiani coinvolti nella pubblicazione dei manuali con contenuti sotto osservazione, come Zanichelli, De Agostini, Sanoma e Mondadori. La denuncia non è rivolta a presunte complicità dirette, ma invita a una maggiore responsabilità nella revisione e nel controllo dei materiali didattici.
Gli autori richiedono trasparenza e interventi più efficaci per rimuovere parti con interpretazioni distorte, segnalando come anche aggiornamenti recenti a testi digitali non bastino se le versioni cartacee continuano a circolare nelle scuole. La questione coinvolge quindi editori, scuole e istituzioni, che devono coordinarsi per intervenire sul contenuto e la qualità dell’insegnamento.
Modelli di reazione culturale per la scuola italiana
Il report suggerisce un modello di reazione culturale che mira a tutelare il sistema scolastico italiano dalle infiltrazioni di messaggi falsati e fuorvianti. Si propongono diverse azioni, come il rafforzamento delle verifiche sui contenuti, la formazione specifica degli insegnanti per riconoscere e contrastare la disinformazione, e la promozione di un pluralismo critico nei materiali e nelle fonti utilizzate in aula.
Non si tratta di censura, ma di garantire che la didattica si basi su informazioni corrette e complete. L’obiettivo è formare studenti consapevoli, capaci di comprendere la complessità degli eventi internazionali senza cedere a narrazioni parziali o manipolate. Così, la scuola si conferma un luogo di confronto aperto, indispensabile per la democrazia e la costruzione di una cittadinanza informata.