Torna sotto i riflettori il welfare aziendale in vista della legge di Bilancio 2026. L’obiettivo è potenziare gli strumenti che integrano il reddito dei lavoratori, come i buoni pasto, e ampliare le tutele con agevolazioni fiscali mirate. Dietro queste proposte c’è la necessità di accompagnare la crescita della produttività e sostenere il potere d’acquisto in un’Italia che mostra segnali di stabilità economica e fiscale.
Welfare aziendale in crescita: buoni pasto sempre più importanti
Nel 2024 le imprese italiane hanno speso in media circa 1.000 euro a lavoratore per il welfare aziendale, con un aumento vicino al 10% rispetto all’anno prima. Lo dice l’Osservatorio Welfare di Edenred, che ha analizzato 5.000 aziende e circa 770.000 dipendenti. Per i lavoratori del ceto medio, il welfare integrato con i buoni pasto può arrivare fino a 2.700 euro l’anno, una cifra che equivale a una o due mensilità nette.
Paola Mancini, senatrice di Fratelli d’Italia nella commissione Lavoro di Palazzo Madama, ha portato avanti una proposta per alzare la soglia di esenzione fiscale dei buoni pasto elettronici, da 8 a 10 euro. L’idea è di aggiornare la norma all’aumento dei prezzi degli ultimi anni, così da permettere un consumo alimentare più in linea con i costi reali. La proposta ha già il via libera del Parlamento e ora aspetta il parere del ministero dell’Economia. Nel nuovo quadro, dal 1° settembre 2025, ci sarà anche un tetto massimo del 5% sulle commissioni che gli esercenti possono applicare ai buoni pasto. Una mossa pensata per aiutare bar e ristoranti a tenere sotto controllo i costi, con un risparmio stimato intorno ai 400 milioni di euro l’anno per gli operatori.
Uno studio della SDA Bocconi evidenzia l’importanza economica del settore: i buoni pasto pesano per lo 0,75% sul PIL nazionale e sostengono circa 220.000 posti di lavoro, tra diretti e indiretti. Solo nel 2023, i consumi effettuati con i buoni pasto hanno generato 419 milioni di euro di IVA. Insomma, non è solo un vantaggio per chi li riceve, ma un motore importante anche per l’occupazione e le entrate fiscali.
Nuove misure per aiutare chi è più in difficoltà
Oltre al welfare aziendale, nella manovra si discutono iniziative per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro di categorie più fragili. Alcune proposte prevedono sgravi fiscali fino al 70% per le piccole e medie imprese che assumono senza fissa dimora, disoccupati di lunga durata e giovani usciti da percorsi di accoglienza. Accanto a questo, ci sono contributi per la formazione professionale, pensati per aumentare le chance di trovare un lavoro stabile.
C’è poi attenzione anche per associazioni che lavorano con bambini di strada e per programmi di supporto alle madri single in difficoltà. Tra le misure in esame ci sono bonus assunzione e voucher per la formazione, con l’obiettivo di facilitare il reinserimento lavorativo. I bandi pubblici potranno favorire le imprese che dimostrano un impatto sociale positivo. Nel complesso, si punta a costruire una rete di sostegno per le fasce più vulnerabili, con un occhio anche alla crescita delle competenze.
Queste politiche sociali arrivano in un momento di maggiore stabilità economica, che dà al governo più spazio per intervenire su welfare e inclusione.
L’Italia oggi: numeri che aprono spazi per le politiche sociali
Nel 2024 l’Italia ha registrato un deficit pubblico intorno al 3,4% del PIL e un saldo primario tornato positivo . Il debito pubblico si è stabilizzato attorno al 135,3% del PIL, mentre lo spread è sceso sotto i 100 punti base. Grazie a questi risultati, si sono ottenuti risparmi importanti sui costi degli interessi del debito, stimati tra i 7 e gli 8 miliardi di euro per il biennio 2025-2026.
Con meno pressione sul bilancio, il governo ha più margine per adottare misure sociali e di welfare aziendale, alleggerendo i vincoli finanziari. Di riflesso, si apre la possibilità di sostenere interventi che migliorano la qualità della vita e i salari, con effetti positivi anche sull’economia nel suo complesso.
Questo scenario fa da sfondo alle strategie per rafforzare le politiche a favore di lavoratori e categorie svantaggiate, in un momento in cui l’equilibrio fiscale si avvicina a livelli più sostenibili in Europa.
Agevolazioni per studenti: meno tasse su affitto e formazione
Nel disegno di legge presentato dalla senatrice Mancini ci sono anche novità per gli studenti universitari e per chi frequenta gli Its Academy. Le spese per l’affitto sostenute per studiare fuori sede non saranno più considerate nel reddito imponibile, a patto che la distanza tra casa e ateneo o fondazione superi i 50 km, oppure che il tragitto con i mezzi pubblici richieda più di 60 minuti.
Questa modifica all’articolo 51 del Tuir vuole alleggerire il carico fiscale legato alle esigenze abitative degli studenti fuori sede, un tema sentito in molte zone d’Italia. Il sostegno si estende anche alla formazione tecnica e professionale, valorizzando percorsi alternativi all’università tradizionale e facilitando l’accesso a chi vive lontano dai centri di studio.
Il tutto si inserisce nell’ottica di incentivare il capitale umano e migliorare le condizioni economiche dei giovani impegnati negli studi.
Con queste misure, rivolte a lavoratori, studenti e categorie più fragili, il governo punta a intervenire sul welfare in modo mirato, tenendo conto del contesto attuale e delle esigenze del paese.