Il carcere “Pasquale Di Lorenzo” di Agrigento ha trasformato un uliveto in un luogo dove i detenuti possono apprendere un lavoro, recuperare un legame con la natura e costruire nuove competenze. Nasce così l’olio extravergine d’oliva “La Rupe”, un prodotto ottenuto dalle olive raccolte direttamente dai reclusi all’interno della tenuta agricola della struttura. L’attività rappresenta un’opportunità per sperimentare un percorso di recupero e un contatto diretto con il mondo del lavoro, con il sostegno di aziende locali specializzate nel settore olivicolo.
Il progetto “viaggiare su un filo d’olio”: un’esperienza che va oltre la coltivazione
Avviato nell’autunno dello scorso anno, il progetto “Viaggiare su un filo d’olio” ha coinvolto i detenuti in una serie di azioni che partono dalla raccolta manuale delle olive e arrivano fino alla produzione dell’olio extravergine. Nell’istituto penitenziario di Agrigento, la tenuta agricola diventa così uno spazio di lavoro pratico, dove i reclusi imparano a gestire una coltivazione reale, entrando in contatto diretto con la terra e con i cicli naturali.
Il ruolo del frantoio e la collaborazione con val paradiso
La fase di raccolta è solo il primo passo; l’olio ottenuto viene infatti lavorato nel frantoio dell’azienda Val Paradiso, situata sul territorio, che affianca i detenuti con il proprio know-how nell’intero processo produttivo. Quello che nasce dalla collaborazione tra carcere e azienda è un prodotto di qualità certificata, ma anche un metodo di inclusione sociale che stimola responsabilità e competenze manuali.
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Alla presentazione dell’olio “La Rupe” hanno partecipato, tra gli altri, Anna Puci, direttrice del carcere, e Giuseppe Di Miceli, responsabile dell’area trattamentale. Sono stati illustrati i risultati del progetto e discusso l’impatto positivo sulle persone coinvolte, ponendo l’attenzione su come la produzione agricola possa diventare uno strumento concreto di crescita personale.
Un percorso formativo a 360 gradi: dalla raccolta alla promozione digitale del prodotto
Il progetto per il 2025 si prepara a un’evoluzione importante. Verrà aggiunto un modulo formativo che approfondirà l’intera filiera della produzione dell’olio d’oliva. Il corso amplierà le competenze dei detenuti, facendo loro scoprire non solo le tecniche di coltivazione e raccolta, ma anche le fasi di trasformazione del prodotto, come la frantumazione e lo stoccaggio.
Non solo attività pratiche: è prevista una formazione sulle procedure per progettare l’etichetta e sulla promozione del prodotto attraverso canali digitali e social media. In questo modo, il percorso di reinserimento si estende ben oltre la semplice operatività agricola, toccando ambiti creativi e commerciali.
Il supporto tecnico e didattico
Questa impostazione offre un’opportunità per sperimentare competenze trasversali, fondamentali al rientro nella società. Il lavoro sul campo si combina con attività di studio e progettazione legate al marketing, trasformando il carcere in un vero luogo di formazione multidisciplinare.
Matteo Vetro, agronomo di Val Paradiso, e Giovanni Alati, agrotecnico dell’istituto, collaborano per rendere il percorso il più completo possibile, supportando i detenuti in tutte le fasi. I titolari di Val Paradiso, Massimo e Desiderio Carlino, hanno anche curato la parte tecnica legata alla produzione dell’olio, sottolineando il ruolo del frantoio come luogo di apprendimento e speranza.
Il lavoro agricolo dentro il carcere: una forma concreta di reinserimento
All’interno del carcere, il lavoro sull’uliveto è affidato a quattro detenuti a trattamento intensificato, che già svolgono attività lavorative dentro e fuori la struttura. Questi quattro partecipano alla raccolta manuale e alle prime fasi di lavorazione, mentre l’azienda Val Paradiso prende in carico quelle successive, fino all’imbottigliamento.
La direttrice Anna Puci ha evidenziato il valore del progetto come strumento rieducativo, capace di offrire un’alternativa concreta al tempo trascorso in carcere. Il contatto con la terra e il lavoro pratico aiutano chi è detenuto a mantenere un legame con l’esterno e a coltivare competenze utili per il futuro.
La collaborazione con un’azienda locale non si limita al supporto tecnico, ma si traduce in un vero e proprio scambio: i detenuti imparano e allo stesso tempo contribuiscono attivamente alla produzione, mettendo in pratica capacità nuove. Il frantoio di Val Paradiso ha assunto in questo progetto un ruolo di laboratorio del fare, dando concretezza a una esperienza di recupero che si fonda sul lavoro tangibile.
Nuove prospettive per il 2025: il progetto si amplia e coinvolge nuove figure
Il progetto “Viaggiare su un filo d’olio” si prepara a crescere e a coinvolgere più detenuti anche il prossimo anno. Il nuovo modulo avanzato offrirà ai partecipanti una preparazione più articolata, che va oltre la semplice coltivazione per toccare aspetti come il design delle etichette e la comunicazione digitale.
Questo ampliamento nasce dalla volontà di costruire un’offerta formativa più organica, in grado di fornire agli ospiti del carcere strumenti utili per inserirsi nel mercato del lavoro, soprattutto nel settore dell’agricoltura e del commercio.
La collaborazione tra l’istituto penitenziario e l’azienda Val Paradiso si conferma strategica, perché unisce esperienza tecnica e attenzione verso chi sta attraversando un percorso di recupero. Il risultato è la creazione di un prodotto che ha valore sul piano economico ma anche sociale.
Gli operatori coinvolti guardano avanti con attenzione, pronti a rendere sempre più efficace questo modello che fonde agricoltura, formazione e riabilitazione sociale. La speranza è che altre realtà possano seguire questo esempio di lavoro fatto con materiali concreti e persone reali.