Il rapporto FragilItalia, realizzato da Area Studi Legacoop e Ipsos, mette in luce il quadro italiano riguardo alla conoscenza dell’intelligenza artificiale in un confronto fra 30 paesi. L’indagine, svolta tra marzo e aprile 2025 su oltre 23mila persone di età inferiore ai 75 anni, rileva un chiaro ritardo culturale e informativo dell’Italia rispetto ad altri paesi, sia in Europa che a livello globale. Il dato più significativo riguarda la percezione e la comprensione dell’ia, con notevoli differenze tra generazioni e territori, così come le opinioni sugli effetti che le nuove tecnologie potranno avere sul lavoro e sulla vita quotidiana.
L’indagine su scala globale e la posizione dell’Italia nella comprensione dell’intelligenza artificiale
Il campione internazionale coinvolto nel report FragilItalia ha indagato la conoscenza dell’intelligenza artificiale su persone di 30 diversi paesi, per ottenere un confronto ampio e rappresentativo. In Italia, soltanto il 50% degli intervistati sopra i 18 anni ha dichiarato di avere una “buona comprensione” di cosa sia l’intelligenza artificiale. Questo posiziona il nostro paese al penultimo posto della classifica, davanti soltanto al Giappone, fermo al 41%. La media globale si attesta invece al 67%, battuta nettamente dalla nostra nazione.
Paesi con i valori più alti nella conoscenza dell’intelligenza artificiale
Le nazioni con i valori più alti sono Indonesia , Thailandia e Sudafrica . Anche in Europa i dati migliorano: la Spagna si attesta al 66%, mentre Germania e Francia al 59%. Il Regno Unito si posiziona dodicesimo, con il 64% di risposte positive sulla conoscenza dell’ia. L’Italia risulta dunque indietro rispetto anche ad altri grandi paesi europei e all’insieme mondiale.
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Questo dato riflette un divario importante in termini di cultura digitale e informazione, che appare evidenziato anche dal presidente di Legacoop, Simone Gamberini. Secondo Gamberini, l’Italia sta subendo una trasformazione ormai concreta, che influisce sui comportamenti, il lavoro e l’accesso all’informazione. Rimane però un “ritardo culturale e informativo” evidente, che difficilmente può essere ignorato nel dibattito sul futuro tecnologico e sociale.
Percezione dei prodotti basati su intelligenza artificiale e differenze negli atteggiamenti degli italiani
La conoscenza specifica dei prodotti e servizi che fanno uso dell’intelligenza artificiale mostra un quadro un po’ meno negativo per l’Italia. Il 46% degli italiani dichiara infatti di conoscere tali strumenti, valore che colloca il paese a metà della classifica, con appena 6 punti di scarto dalla media globale del 52%. Questo indica che l’accesso diretto all’uso pratico delle tecnologie è più diffuso rispetto alla comprensione teorica del loro funzionamento.
Il rapporto segnala anche come il 53% degli italiani veda in questi prodotti più vantaggi che svantaggi, una cifra vicina alla media mondiale del 56%. Va però evidenziato come le emozioni suscitate da queste tecnologie siano divise: il 49% si mostra entusiasta, mentre il 44% esprime ansia o preoccupazione. La differenza con la media globale si nota soprattutto in quest’ultimo dato, più bassa di 9 punti nel caso dell’Italia. Ciò indica un quadro emotivo complesso, dove convivono timore e interesse, segno dell’incertezza legata al cambiamento.
Fattori sociali e demografici che influenzano l’atteggiamento verso l’ia
Differenze sociali e demografiche influenzano questi dati. Per esempio, tra i laureati l’attenzione verso l’intelligenza artificiale e le sue applicazioni risulta più alta rispetto agli altri segmenti. Questi elementi suggeriscono che la diffusione culturale legata all’ia è ancora disomogenea nel paese, condizionata dalla preparazione e dall’esperienza pratica.
Le aspettative degli italiani sulle tecnologie emergenti: opportunità e preoccupazioni
Interrogati sulle tecnologie che nei prossimi anni avranno il maggior impatto, i cittadini italiani indicano l’intelligenza artificiale come prima scelta: il 75% degli intervistati, e addirittura l’81% tra i laureati, ritiene che l’ia condizionerà fortemente il futuro. Seguono a distanza robotica e automazione , energie rinnovabili e tecnologie sostenibili e biotecnologie e ingegneria genetica .
Ad ogni modo, la visione prevalente non è ottimistica. Tra gli italiani si diffondono preoccupazioni sul peso crescente che queste tecnologie potranno avere sulle libertà individuali, sul lavoro e sulla società in generale. Tra i timori più ricorrenti compare un aumento della dipendenza dalla tecnologia , seguita dalla compromissione della privacy , percepita in modo più marcato da donne e residenti del Nord Est .
Timori riguardo al mondo del lavoro e concentrazione del potere
Parte importante della popolazione teme che il mondo del lavoro subirà profonde trasformazioni, con effetti sostanziali su posti di lavoro e disoccupazione , soprattutto nel ceto popolare dove il rischio di perdita di occupazione sale al 34%. Non manca il timore della concentrazione eccessiva del potere, in mano a pochi soggetti ricchi .
Questi dati riflettono una frattura tra il riconoscimento dell’importanza dell’ia nel futuro e la diffidenza riguardo agli effetti sociali. Le paure espresse mostrano come la trasformazione tecnologica imponga una riflessione urgente su temi come la gestione della privacy, il ruolo del lavoro e la diffusione della conoscenza.