L’italia si conferma tra i Paesi europei con la maggiore circolarità economica, posizionandosi subito dopo i Paesi Bassi tra i 27 Stati membri dell’Ue. Nel confronto con altre grandi economie europee come germania, francia e spagna, mantiene il primato sia nella produttività delle risorse sia nel riciclo dei materiali. Nonostante questi risultati, la dipendenza dalle importazioni di materie prime resta una vulnerabilità importante, con un’incidenza quasi doppia rispetto alla media europea. Un recente rapporto presentato nel 2025 dal Circular Economy Network, sviluppato insieme a Enea e alla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, offre una fotografia precisa della situazione economica e ambientale italiana sotto la lente dell’economia circolare.
Il primato italiano nei dati sulla circolarita
Analizzando i dati del 2023, l’italia ottiene 65,2 punti sul sistema europeo di indicatori di circolarità, seconda soltanto ai Paesi Bassi, che raggiungono 70,6 punti. La germania è terza con 60,6 punti, seguita da francia e spagna con 58,7 e 56,9. La produttività delle risorse si attesta a 4,3 euro di Pil per ogni chilogrammo di risorse consumate, un valore ben superiore alla media Ue di 2,7 e sopra anche rispetto alle altre principali economie. Il livello di utilizzo circolare dei materiali fa segnare il 20,8%, quasi il doppio della media europea , con un miglioramento netto rispetto al 2019.
Gestione dei rifiuti urbani in italia
Anche la gestione dei rifiuti urbani in italia registra progressi: il tasso di riciclo è salito al 50,8%, migliorando di 3,2 punti percentuali rispetto a quattro anni prima. Solo la germania vanta un risultato migliore, con il 68,2%. Francia e spagna invece sono più indietro, con percentuali intorno al 42%. Da sottolineare che l’italia consuma meno materiali pro capite rispetto alla media Ue , ma questa cifra è in aumento, segno che in alcune aree il consumo non rallenta.
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La dipendenza dalle importazioni e i costi crescenti
Nonostante le buone performance sulla circolarità, l’italia resta fortemente dipendente dalle importazioni di materie prime. Nel 2023, il 48% del fabbisogno complessivo di materiali è stato coperto da acquisti esteri, valore molto più alto rispetto alla media europea del 22%. Questo aumento porta con sé un costo crescente: tra il 2019 e il 2024, il valore delle importazioni è passato da 424,2 miliardi di euro a 568,7 miliardi, con un aumento del 34%. Questa situazione rende il sistema economico più vulnerabile a shock geoeconomici e mercati instabili.
Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, mette in luce come questa situazione richieda una scelta strategica precisa: “consolidare la leadership in economia circolare oppure perdere terreno.” Ronchi critica la predominanza attuale sulla gestione dei rifiuti, sottolineando che servono investimenti maggiori su progetti che puntano all’allungamento della vita dei prodotti, facilità di riparazione e riuso. Il mercato delle materie prime seconde resta debole e mancano sistemi affidabili per tracciare i reali progressi. Per questo suggerisce di adottare strumenti fiscali per premiare chi riduce gli sprechi e imporre criteri circolari negli appalti pubblici per stimolare un cambiamento più ampio.
Investimenti e occupazione nel settore circolare
L’italia risulta indietro negli investimenti privati rivolti alla circolarità, nonostante il valore assoluto di 10,2 miliardi di euro nel 2023 rimanga tra i più alti in Europa. Questo dato rappresenta però una contrazione del 22% rispetto al 2019 e una riduzione dello 0,2% del Pil dedicato a queste attività. Sul fronte occupazionale, il numero di addetti coinvolti nelle attività circolari è sceso del 7% rispetto a quattro anni prima, attestandosi a poco più di mezzo milione in termini assoluti. In rapporto alla forza lavoro, però, l’italia è allineata alla media europea, con il 2% di occupati nel comparto, superando francia e germania.
Claudia Brunori, direttrice del dipartimento di sostenibilità di Enea, evidenzia come questo calo negli investimenti privati rappresenti un elemento di debolezza in un momento nel quale la sicurezza dell’approvvigionamento delle materie prime, soprattutto quelle critiche, è una priorità. Mette in evidenza come “un modello economico fondato su eco-design e innovazione, capace di ridurre la dipendenza estera, è urgente in questo contesto marcato da tensioni geopolitiche e rischi climatici.”
Prospettive di sviluppo e scenari futuri
Uno studio della Fondazione per lo sviluppo sostenibile ha ipotizzato un modello di crescita circolare per l’italia con incrementi di riciclo dell’1,5% all’anno, una decrescita dell’1% nella produzione di rifiuti e una riduzione del 3,5% del consumo di materiali annuale. Con questa traiettoria, al 2030 l’italia potrebbe ridurre il consumo di materiali del 14,5% rispetto al 2020, diminuire di 17 milioni di tonnellate i rifiuti prodotti e portare il tasso di riciclo fino quasi al 90%. La dipendenza da importazioni si ridurrebbe di 40 milioni di tonnellate, con un risparmio economico stimato in 82,5 miliardi di euro.
L’impatto sulle emissioni climalteranti è significativo, poiché la circolarità contribuisce alla decarbonizzazione verso la neutralità climatica. La commissione europea stima che migliorare la circolarità in tutta europa potrebbe ridurre i costi energetici del 7% tra il 2031 e il 2050, pari a 45 miliardi di euro di risparmio annuo. Questi numeri mostrano come trasformazioni nelle filiere produttive possano tradursi in vantaggi economici e ambientali di lungo termine, ma richiedono un cambio concreto nelle strategie di investimento, progettazione e politiche pubbliche.