I dazi imposti dagli Stati Uniti rischiano di colpire in modo significativo alcuni comparti strategici per l’export italiano, in particolare il settore automotive e quello farmaceutico. Il ministro delle imprese e del made in italy, Adolfo Urso, ha illustrato in senato i possibili effetti sulle aziende italiane e ha sottolineato l’importanza di mantenere un dialogo aperto con washington per evitare tensioni commerciali che potrebbero danneggiare l’economia nazionale.
La situazione attuale dell’export italiano verso gli Stati Uniti
Il primo trimestre del 2025 ha registrato un aumento dell’export italiano verso gli Stati Uniti pari all’11,8 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Questo dato positivo, unico rispetto ad altri paesi, conferma che al momento i dazi imposti da washington non hanno pesato in modo diretto sulle esportazioni italiane. Urso ha spiegato che il centro studi del ministero ha stimato un potenziale calo delle esportazioni tra il 6,5 e il 10 per cento in caso di dazi reciproci al 20 o al 10 per cento. Questi numeri derivano da simulazioni su scenari che per ora restano ipotetici, ma indicano chiaramente il rischio che la situazione possa peggiorare se non si troverà un’intesa nei negoziati tra ue e Stati Uniti.
Il ruolo degli Stati Uniti nei rapporti commerciali europei
Nonostante le tensioni, gli Stati Uniti restano il principale partner commerciale sia per l’Italia che per l’intera unione europea. A più riprese il ministro ha ribadito che l’obiettivo resta l’azzeramento delle barriere tariffarie fra le due sponde dell’atlantico, anche se oggi questo traguardo appare difficile da raggiungere. Urso ha invitato a mantenere la calma, scoraggiando risposte emotive o azioni impulsive. Ha evidenziato chiaramente che l’italia ha preferito la via del dialogo, evitando misure drastiche come il boicottaggio che qualcuno aveva proposto, per non compromettere i rapporti transatlantici e non favorire alleanze alternative come quella con la Cina.
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Le conseguenze per il settore automotive e la componentistica
Il settore automobilistico italiano, in particolare quello delle auto di alta gamma, non dovrebbe risentire direttamente dell’aumento dei dazi, poiché il prezzo elevato di queste vetture lascia margini inferiori a variazioni di costo prodotte dalle tariffe. Il vero problema riguarda la filiera della componentistica, che è molto più esposta agli effetti delle misure protezionistiche. Un dazio del 25 per cento su acciaio, alluminio e altre materie prime fondamentali pesa direttamente sui costi di produzione. Questo potrebbe rallentare le forniture e rendere meno competitive le imprese coinvolte nella produzione dei pezzi di ricambio e degli elementi assemblati per le auto finali.
Dalle parole del ministro emerge la necessità di monitorare da vicino l’evoluzione di questo scenario, che potrebbe mettere sotto pressione le aziende più piccole e medie dell’indotto automotive. La conferma che i dazi su acciaio e alluminio restano al 25 per cento, nonostante la sospensione temporanea degli extra-dazi annunciata a inizio aprile, conferma che il problema non è superato. Il comparto deve quindi prepararsi a fronteggiare costi più elevati e possibili difficoltà a sostenere la concorrenza internazionale.
Costi e forniture in rallentamento
Un dazio del 25 per cento su acciaio, alluminio e altre materie prime fondamentali pesa direttamente sui costi di produzione. Questo scenario potenzialmente mette a rischio la competitività delle aziende italiane nel settore automotive.
Rischi e incertezze per il settore farmaceutico
Per quanto riguarda la farmaceutica, l’export italiano verso gli Stati Uniti rappresenta una parte significativa. Finora i prodotti del settore sono stati esclusi dai dazi, in quanto considerati beni destinati a scopi umanitari. Tra questi, anche semiconduttori, energia e minerali strategici non sono stati coinvolti negli aumenti tariffari. Tuttavia, Urso ha ricordato che le politiche statunitensi si stanno muovendo verso una riduzione dei prezzi dei farmaci. Il presidente Trump ha recentemente firmato un ordine esecutivo per contenere i costi del settore, accusando le multinazionali estere di aumentare troppo i prezzi a danno dei consumatori americani.
Questa mossa potrebbe tradursi in misure più rigide e restrittive che ancora non sono state definite, ma che potrebbero impattare sul business delle aziende italiane. L’ipotesi di imporre un prezzo massimo basato sul “prezzo della nazione più favorita” mantiene alta l’attenzione sulla futura regolamentazione. La farmaceutica italiana dovrà quindi affrontare una situazione di incertezza, soprattutto se washington dovesse tradurre la retorica in interventi concreti e vincolanti.
Le trattative internazionali e la posizione europea
Il negoziato tra Stati Uniti e unione europea prosegue, anche dopo il recente accordo tra Stati Uniti e Cina per la sospensione di alcune tariffe reciproche per 90 giorni. Urso ha sottolineato la necessità di far valere una clausola di salvaguardia in europa per evitare che dazi troppo alti imposti alla Cina spingano le merci asiatiche a riversarsi sul mercato europeo. Questa situazione potrebbe danneggiare i produttori locali, soprattutto in settori già sotto pressione da concorrenza estera pesante.
Strategie commerciali e politiche europee
Il ministro ha invitato a mantenere alta l’attenzione su questo fronte e a non abbassare la guardia in vista di possibili strategie commerciali aggressive provenienti da fuori europa. Allo stesso tempo, ha chiesto a bruxelles di promuovere una politica di compensazione che sostenga le imprese italiane e comunitarie in caso di impatti negativi prolungati. La proposta è di gestire queste iniziative a livello europeo, per garantire interventi coerenti e solidi.
Urso ha messo inoltre in evidenza la necessità di accelerare sulle riforme interne dell’unione, evidenziando come la mancanza di chiarezza e di scelte abbia finora limitato la capacità di reazione. Serve una forte semplificazione delle regole e una riduzione degli oneri burocratici che penalizzano le aziende. Alcuni documenti proposti dall’Italia sono in attesa di attenzione a livello comunitario: riguardano non solo il settore industriale e commerciale, ma anche la chimica, la siderurgia, la microelettronica e lo spazio.
L’Italia vuole così farsi trovare pronta nel caso in cui lo scontro tariffario si inasprisse, puntando su un approccio di dialogo ma anche sulla capacità di reagire in modo coordinato e tempestivo. Al momento l’attenzione è tutta sui negoziati in corso, con l’obiettivo di evitare che il confronto si trasformi in una vera e propria guerra commerciale dalle conseguenze difficili da prevedere per le imprese italiane.