Le domus de janas, le antiche tombe scavate nella roccia tipiche della Sardegna, hanno ottenuto il riconoscimento ufficiale come patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco. La decisione, presa a Parigi dal Comitato Unesco, riguarda 17 siti distribuiti sull’isola. Questo risultato segue un percorso avviato nel 2018 e targato Centro Studi Identità e memorie insieme alla Regione e vari Comuni, con Alghero che ha fatto da capofila. Scopriamo cosa significa per la Sardegna questa iscrizione, quali sono i siti coinvolti e quali iniziative sono previste dalla Regione per valorizzare questi luoghi unici.
Domus de janas: patrimonio archeologico diffuso in sardegna
Le domus de janas sono sepolture scavate nella roccia risalenti al Neolitico e all’età del rame, presenti soprattutto nel nord della Sardegna. In totale sull’isola se ne contano circa 3.500. Si tratta di strutture funerarie che rappresentano uno dei lasciti più antichi e significativi della civiltà prenuragica. Tra queste, oltre 200 presentano decorazioni raffiguranti simboli legati a credenze e rituali, offrendo così testimonianze preziose sulle pratiche spirituali e culturali delle comunità dell’epoca.
La concentrazione maggiore si trova in località come Alghero, Villanova Monteleone, Putifigari e Ossi. La loro realizzazione nella roccia dura ha garantito una conservazione straordinaria, permettendo agli studiosi di analizzare dettagli spesso scomparsi in altri contesti archeologici. Le domus de janas sono fondamentali per comprendere le radici storiche della Sardegna oltre che una finestra sulle culture preistoriche del Mediterraneo occidentale.
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Il riconoscimento dell’unesco e valore per sardegna
Il raggiungimento dello status di patrimonio mondiale Unesco per 17 siti di domus de janas segna una tappa storica nella tutela e promozione del patrimonio culturale della Sardegna. Secondo la presidente della Regione, Alessandra Todde, il riconoscimento ha un’importanza che va ben oltre il turismo: rafforza il senso di identità delle comunità locali e può dare impulso a nuove attività sul territorio.
L’iter che ha portato a questo risultato ha coinvolto vari enti: dal Ministero della Cultura a quello degli Affari esteri, passando per la rappresentanza italiana a Parigi e i comuni interessati. Ogni soggetto ha contribuito con risorse e competenze al successo della candidatura. La Regione sottolinea come il riconoscimento possa creare occasioni di occupazione e favorire un turismo culturale sostenibile, facendo leva anche sulle risorse umane e sulle specificità dei territori interni della Sardegna.
I 17 siti iscritti nella lista dell’unesco
La lista dei siti che entrano nel patrimonio mondiale comprende necropoli e parchi archeologici distribuiti lungo la costa nord e nell’interno dell’isola. Alghero ospita la necropoli di Anghelu Ruju, uno dei gruppi più estesi e antichi. Seguono a Villanova Monteleone Puttu Codinu e a Putifigari Monte Siseri – S’Incantu, mentre a Ossi ci sono le necropoli di Mesu e Montes. A Porto Torres è significativo il sito di Su Crucifissu Mannu.
Altri luoghi importanti sono quelli di Sennori , Castelsardo , Cheremule , Bonorva e Anela . Proseguendo verso la zona centrale della Sardegna, spiccano Ispiluncas a Sedilo, Mandas a Ardauli, Brodu a Oniferi, Istevene a Mamoiada, il parco archeologico di Pranu Mutteddu a Goni e la necropoli di Montessu a Villaperuccio.
Questi siti coprono un ampio arco temporale e spaziale delle pratiche funerarie preistoriche sarde, mostrando varietà di tecniche e decorazioni. La distribuzione geografica segna anche le antiche dinamiche insediative della regione.
Risorse stanziate per tutela e valorizzazione dei siti
La Regione Sardegna ha messo a disposizione 15 milioni di euro per accompagnare il riconoscimento Unesco con interventi concreti. L’assessora ai Beni culturali, Ilaria Portas, ha definito questo stanziamento il tassello finale di un lungo percorso per dare rilievo alla storia antica dell’isola.
Questi fondi serviranno a migliorare sicurezza, accessibilità e fruibilità delle domus de janas. Gli interventi riguarderanno la messa in sicurezza delle strutture, la realizzazione di percorsi turistici adeguati e l’installazione di segnaletica per facilitare la visita. Si punta inoltre ad attivare iniziative che coinvolgano le comunità locali creando nuove opportunità di lavoro legate al patrimonio archeologico. I Comuni interessati saranno direttamente coinvolti nella gestione dei progetti, con l’obiettivo di far diventare questi siti un volano per lo sviluppo culturale ed economico della Sardegna.
Questa scelta conferma come la valorizzazione dei beni storici vada affiancata da impegni concreti sul territorio, sia per proteggerli dagli agenti naturali sia per renderli fruibili a residenti e visitatori. Nei prossimi anni, la gestione di queste risorse sarà decisiva per tradurre il riconoscimento internazionale in risultati tangibili per l’isola.