L’eventuale uso da parte degli Stati Uniti delle basi militari in Italia per operazioni contro l’Iran apre un dibattito politico e giuridico sul ruolo del governo e del parlamento italiano. La Costituzione italiana contiene principi precisi sul ripudio della guerra, mentre i trattati internazionali, come quello della Nato, prevedono una difesa collettiva. Nel mezzo, si confrontano interpretazioni degli esperti, decisioni politiche e i rapporti con gli alleati. Ecco cosa emerge dal confronto tra costituzionalisti e politici sul tema.
L’uso delle basi militari in italia e i limiti costituzionali
Gli Stati Uniti non possono utilizzare liberamente le basi situate sul territorio italiano senza il via libera del governo. Questo è ormai un fatto assodato. Il ministro della Difesa Guido Crosetto ha dichiarato che, finora, alcuna richiesta formale da parte americana per utilizzare queste strutture nel conflitto contro l’Iran è arrivata a Palazzo Chigi. Ma il nodo vero non è solo formale, perché la questione si lega anche alla Costituzione italiana.
L’articolo 11 della Costituzione prevede infatti il ripudio della guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti internazionali. Di fatto, vieta all’Italia di partecipare ad atti di aggressione militare. Il giurista Michele Ainis, autorevole costituzionalista, chiarisce che l’Italia può accettare solo guerre difensive. Nel 1949 il nostro Paese è entrato nella Nato, che ha un suo articolato, in particolare l’articolo 5, basato sul mutuo soccorso tra gli alleati in caso di attacco. Questo però non giustifica l’eventuale utilizzo delle basi italiane per lanciare attacchi militari contro un paese terzo come l’Iran. La differenza è netta: collaborare alla difesa collettiva Nato o diventare trampolino di lancio per una guerra di aggressione.
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Il ruolo imprescindibile del parlamento nelle scelte di guerra
La decisione di far sì che le basi sul nostro territorio vengano usate per operazioni militari deve passare dal parlamento. Come spiega Michele Ainis, “il governo deve obbligatoriamente riferire e ottenere l’autorizzazione della Camera e del Senato prima di consentire l’impiego di infrastrutture italiane in un conflitto.” Il principio si basa sull’articolo 78 della Costituzione, secondo il quale l’autorizzazione a dichiarare lo stato di guerra spetta al parlamento.
Questo vale anche nel caso di sostegno o partecipazione indiretta a conflitti esterni. Nessun accordo o decisione che possa significare un coinvolgimento militare diretto o indiretto dello Stato italiano, può essere preso bypassando i rappresentanti eletti. Il tema non è solo legale, ma politico e democratico. Il parlamento è il luogo dove si confrontano i rappresentanti dei cittadini e si decide su così delicate questioni. Questo processo ha avuto luogo nel 2003, con l’approvazione da parte del parlamento delle risoluzioni sull’invasione dell’Iraq dopo la relazione dell’allora premier Silvio Berlusconi.
Esperienza passata e funzioni del parlamento di fronte alle crisi militari
L’ex presidente della Corte Costituzionale Cesare Mirabelli sottolinea il ruolo centrale che il parlamento ha sempre avuto nella gestione e nel controllo degli interventi militari. Nonostante oggi questa centralità sembri ridotta, il parlamento può richiedere al governo di riferire e informare sulle mosse che potrebbero portare a un uso delle basi o a un coinvolgimento in operazioni belliche.
Le risoluzioni parlamentari costituiscono uno strumento politico forte. Esse possono definire orientamenti vincolanti o comunque indicare una via precisa al governo. In situazioni di disaccordo interno, possono portare anche a sfiduciare il governo stesso. Il parlamento, insomma, resta protagonista nelle scelte che riguardano il Paese come potenza ospitante basi militari straniere.
Basi Nato e rapporti con gli Stati Uniti: la condizione italiana
In Italia sono presenti diverse basi utilizzate dalla Nato e dagli Stati Uniti, su tutte quella di Sigonella in Sicilia, nota per la sua importanza strategica. Questi siti militari hanno un ruolo fondamentale negli assetti di difesa del continente e rappresentano punti di appoggio significativi nelle politiche internazionali.
Secondo Mirabelli, queste basi possono essere utilizzate solo con il consenso esplicito del governo italiano, che ne deve essere informato e deve dare il via libera politico. La decisione spetta dunque allo Stato italiano che rappresenta il ponte tra gli obblighi internazionali e la tutela sovrana del territorio.
La presenza dello stato sociale in questi accordi regola anche i rapporti con gli alleati e impone una gestione precisa e trasparente di tutte le operazioni. Non si tratta solo di una questione militare ma di sovranità e diritto costituzionale. Il nostro Paese, in ogni caso, non partecipa formalmente ad atti di guerra se non dietro indicazioni parlamentari e nel rispetto dei principi costituzionali.