L’ascensore di Castelletto resta un simbolo importante per Genova, intrecciato con vita quotidiana, storia e ricordi personali di chi lo ha vissuto da vicino. Il cantautore Gino Paoli ha recentemente raccontato al Corriere della Sera, in un’intervista con Aldo Cazzullo, il rapporto profondo con questo luogo, evocando immagini e legami che hanno segnato la città e la sua vita. Scopriamo questo viaggio tra memorie, poesia e realtà genovese.
L’ascensore di castelletto: un legame personale con gino paoli
Gino Paoli, nato nel 1934, oggi di novant’anni, ha parlato dell’ascensore di Castelletto come di qualcosa di più di una semplice infrastruttura. Nel dialogo con Aldo Cazzullo, rispondendo alla domanda sul suo legame con il poeta genovese Giorgio Caproni, ha spiegato che in paradiso vorrebbe arrivare proprio con quell’ascensore. Non è un caso che la sua vita sia stata strettamente legata a questa zona.
Negli anni Sessanta viveva in Corso Paganini, nel quartiere di Castelletto. Qui si muoveva con la sua Triumph TR3 nera, una sportiva che attirava l’attenzione dei giovani rimasti a guardare, incuriositi dalla sua figura. Le sue radici affettive si fissano anche in un ricordo d’amore: Paoli ha sposato una donna di Via Accinelli, dopo un fidanzamento segnato da lunghe ore passate sulle panchine del giardino di Corso Carbonara e momenti rubati proprio nell’ascensore stesso.
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Questa cabina verticale da più di un secolo permette ai genovesi di raggiungere i quartieri collocati sulla collina di Castelletto, un tempo sede di una fortezza militare che dominava la città. Il legame tra questa infrastruttura e la memoria personale di Paoli ne sottolinea l’importanza culturale oltre che funzionale.
La storia della fortezza e la trasformazione di castelletto
Castelletto sorge su una collina chiamata Montalbano, che si affaccia sulla città vecchia di Genova. Nel corso dei secoli, questo luogo ospitò un castello militare progettato per controllare la città dall’alto, strategico per la difesa contro nemici e invasori.
Nel 1849, durante le rivolte contro i piemontesi, la fortezza fu bombardata pesantemente dalla loro artiglieria e, poco dopo, la popolazione genovese decise di demolirla per rispondere all’oppressione subita. Sui resti del castello vennero costruiti otto palazzi attorno a una piazzetta, che venne dedicata alla Madonna, a sancire una nuova fase nella storia del quartiere.
Sebbene la struttura militare non esista più, il luogo mantiene ancora oggi un rapporto vivace con la storia antica attraverso le architetture e la piazzetta centrale. Questo spazio ha assistito a molti momenti della vita cittadina, diventando un punto di riferimento comunitario.
La madonna di castelletto e i bombardamenti della seconda guerra mondiale
Durante la seconda guerra mondiale, Genova subì gravi bombardamenti che colpirono duramente la città, con Castelletto che non fu risparmiata. Una tradizione racconta che la Madonna della piazzetta salvò simbolicamente questa zona da una distruzione totale. Durante un attacco aereo, una bomba inglese cadde nella cisterna sotto la piazzetta senza esplodere.
Questa vicenda si trasformò in un momento di particolare devozione popolare, celebrato ogni anno tra processioni, messe e bancarelle che duravano fino agli anni Settanta. Il rapporto tra fede e vita quotidiana si intreccia così nel racconto di una comunità che ha affrontato la guerra e le sue conseguenze attraverso la resistenza non solo militare ma anche spirituale.
La memoria di quegli anni emerge anche da racconti familiari di chi viveva in quei giorni, particolarmente legati al territorio. Nel racconto personale presente nell’intervista, emerge il timore dei religiosi, la fede dei genitori e l’importanza dei riti come il battesimo anche in momenti di grande paura.
Il valore poetico dell’ascensore con grazia di giorgio caproni
L’ascensore di Castelletto ha ispirato anche notevoli figure della cultura genovese, come il poeta Giorgio Caproni. Nei suoi versi, l’ascensore diventa simbolo del passaggio verso l’aldilà, una metafora del viaggio finale verso il paradiso.
Caproni evoca la tranquillità della notte e il desiderio di salire con quella particolare cabina, rubando un po’ di tempo al sonno e all’eterno riposo. La poesia restituisce un’immagine intima e umana di questo elemento tanto concreto nella vita della città quanto astratto nel suo valore simbolico.
Oltre ai versi di Caproni, ci sono incisioni di Emanuele Luzzati ispirate dalla tradizione locale, importanti per la memoria dei genovesi fuori città, che rafforzano il legame emotivo con quell’ascensore e il suo contesto.
Ricordi personali e storie legate all’ascensore di castelletto
L’ascensore conserva anche tracce di vite comuni vissute al suo fianco. Dove si ritrova una vecchia targa di ottone che invita a mantenere un comportamento rispettoso, ricorda all’utente di non sputare né bestemmiare. Chi frequentava quell’ambiente percepiva l’importanza di uno spazio condiviso, dove la convivenza civile era parte della routine.
Il racconto si arricchisce con aneddoti di amicizie e legami familiari. Un ricordo riguarda la madre del giornalista che, al compimento dei sette anni, chiese proprio nell’ascensore il senso della “ragione”. Un altro episodio più doloroso ha a che fare con il destino di Gughi Valobra, figura genovese legata alla comunità e ai tragici eventi della storia.
La nonna di Gughi attendeva ogni sera sulla panchina davanti all’ascensore, attendendo i suoi cari tornare dal lavoro. Alcuni, come Guglielmo, erano scomparsi nei lager nazisti, senza più fare ritorno. Il ricordo si intreccia con la memoria di quella cabina, che diventa metafora di passaggi, speranze e attese perpetue.
In questo modo, l’ascensore di Castelletto si conferma come un elemento che unisce passato e presente, storia pubblica e privata con una forza che supera il tempo e continua a influenzare la vita della città e di chi la attraversa.