La toscana punta a un grande vino bianco autoctono per la toscana interna tra ricerca e produzione

La toscana punta a un grande vino bianco autoctono per la toscana interna tra ricerca e produzione

La Toscana promuove un vino bianco autoctono delle zone interne, valorizzando vitigni resistenti al clima e sostenibili, con il coinvolgimento di istituzioni, produttori e associazioni per rafforzare l’export internazionale.
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La Toscana avvia un progetto per valorizzare vini bianchi autoctoni delle zone interne, puntando su sostenibilità, identità territoriale e crescita nei mercati esteri. - Gaeta.it

La Toscana si muove verso la valorizzazione di un vino bianco autoctono, capace di raccontare il territorio interno e di rispondere ai cambiamenti del mercato globale. A Siena, nella sede dell’Enoteca Italiana, è nato un tavolo di lavoro che coinvolge istituzioni, produttori, associazioni e ricercatori. L’obiettivo è individuare un vino bianco resistente ai mutamenti climatici e con un’impronta territoriale chiara, da proporre soprattutto sui mercati esteri dove la domanda di vini bianchi cresce. Questa iniziativa arriva a fronte di nuove sfide per la viticoltura toscana, in particolare per l’export che subisce pressioni dovute ai dazi internazionali e alla preferenza crescente per i bianchi rispetto ai rossi.

Un tavolo di lavoro per il vino bianco toscano interno

L’appuntamento del 18 luglio 2025, ospitato dall’Enoteca Italiana Siena, ha riunito istituzioni e realtà produttive della Toscana intorno a un progetto concreto. L’Enoteca stessa, diretta da Elena D’Aquanno, è diventata il punto di riferimento per questa iniziativa, che vede coinvolti l’Accademia Italiana della Vite e del Vino, l’associazione Donne del Vino della Toscana, l’Ais Toscana e il Consorzio Vino Toscana.

L’obiettivo è definire i caratteri di un vino bianco che possa emergere dalle zone interne, come il Mugello, il Casentino, il senese e la zona di Cortona, aree meno sfruttate rispetto alle denominazioni più celebri. In questo contesto, il bianco viene visto come un elemento chiave per diversificare e rafforzare la proposta enologica regionale, spesso concentrata su vini rossi.

Le associazioni presenti portano competenze diverse, dalla ricerca agronomica alla promozione commerciale, passando per il ruolo attivo delle donne nel rinnovamento del vigneto. Questo approccio multidisciplinare mira a mettere a frutto patrimonio genetico e tecniche di produzione sostenibili. Ne emerge l’idea di un vino capace di sostenere le imprese locali e offrire un prodotto in sintonia con il palato dei consumatori internazionali.

La sfida dei mercati esteri e la crescita della domanda di vini bianchi

La Toscana è la seconda regione italiana per esportazione di vino negli Stati Uniti. Nel 2024, questo mercato ha assorbito il 37% delle esportazioni regionali, per un valore vicino ai 400 milioni di euro. Ma gli effetti dei dazi imposti negli anni scorsi negli Usa hanno penalizzato alcuni segmenti, mettendo in evidenza la necessità di ampliare l’offerta e di guardare verso prodotti con maggior potenziale di domanda.

Il pubblico internazionale tende a preferire i vini bianchi, un segmento che cresce a livello globale. Qui la Toscana si confronta con una prevalenza di vigneti rossi, soprattutto Sangiovese. Ecco perché puntare su varietà bianche autoctone può dare un vantaggio competitivo.

Il Trebbiano, ad esempio, pur essendo un vitigno molto diffuso in Italia, presenta in Toscana diverse varianti locali interessanti. Brucanico, Bobiano, Albano e Biancone sono quattro di queste, coltivate in zone specifiche del territorio. Ognuna ha caratteristiche uniche che possono contribuire a un prodotto di qualità, capace di adattarsi al clima e di raccontare le peculiarità della Toscana interna.

Resistenza al cambiamento climatico e potenziale dei vitigni autoctoni bianchi

I cambiamenti climatici rappresentano una sfida seria per tutta la viticoltura mondiale, Toscana compresa. La ricerca suggerisce che alcuni vitigni bianchi autoctoni hanno caratteristiche agronomiche che li rendono più tolleranti allo stress climatico, rispetto a molte varietà rosse.

Gennaro Giliberti, dirigente della direzione Agricoltura della Regione Toscana, ha sottolineato come le zone interne montane e appenniniche possono essere un laboratorio di adattamento per questi vitigni. Le condizioni altimetriche e climatiche di Lunigiana, Garfagnana, Amiata, Mugello e Casentino favoriscono la coltivazione di varietà bianche capaci di mantenere freschezza e complessità.

Il potenziale dei bianchi toscani non si limita solo alla resistenza, ma si estende alle caratteristiche organolettiche. Alcuni di questi vitigni hanno un patrimonio genetico ancora poco studiato e valorizzato. Questo supporta la scelta di concentrare la ricerca proprio su queste uve, con l’obiettivo di realizzare un prodotto identitario e sostenibile.

La Regione Toscana sta intervenendo su diversi fronti, dalle pratiche agricole alla promozione, passando per il censimento dettagliato dei vigneti. Il lavoro “sul campo” è accompagnato da investimenti mirati che coinvolgono cantine, esperti e università.

Prove di degustazione e rilancio delle donne nel vigneto toscano

Durante l’incontro a Siena si è tenuta una degustazione di undici vini bianchi della Toscana centrale, guidata da Cristiano Cini, presidente di Ais Toscana. Le etichette appartengono a produttori associati a Donne del Vino: un ruolo sempre più centrale in questo percorso di rinnovamento.

Il gruppo ha offerto assaggi di vitigni rari, come orpicchio, grechetto, procanico e canaiolo bianco, oltre a varietà più note come trebbiano e malvasia. I risultati hanno evidenziato come ci sia margine per approfondire tecniche alternative di coltivazione e di vinificazione.

Donatella Cinelli Colombini, delegata delle Donne del Vino Toscana, ha ricordato che l’apporto femminile sta stimolando un nuovo slancio creativo nel panorama vitivinicolo regionale, specialmente nella valorizzazione dei bianchi. Questo movimento può aiutare le aziende a rispondere alle difficoltà del mercato con idee e coraggio, valorizzando il territorio meno conosciuto.

Anche istituzioni locali come la Camera di Commercio di Arezzo e Siena hanno espresso sostegno verso questo progetto. La partecipazione di vari rappresentanti ha rafforzato il senso di una collaborazione tra ricerca, produzione e promozione che potrebbe rafforzare la viticoltura toscana.

Conferme scientifiche e prospettive dalla ricerca accademica

L’Accademia Italiana della Vite e del Vino, fondata a Siena 76 anni fa, ha portato contributi scientifici fondamentali alla discussione. Il presidente Rosario Di Lorenzo ha citato studi che dimostrano come i vitigni bianchi autoctoni dell’area siano predisposti a diventare vini di qualità e sopportino meglio le malattie come gli attacchi fungini, specie in un clima che cambia.

Tra gli esperti coinvolti ci sono accademici delle università di Pisa e Firenze, insieme a ricercatori del CREA di Arezzo. Questi studi valutano caratteristiche fenologiche e tecnologiche delle varie specie, indicando diversità che potrebbero soddisfare nuove richieste di mercato.

Cesare Cecchi, presidente del Consorzio Vino Toscana, ha messo in chiaro che sviluppare questa linea richiede collaborazione tra istituzioni, ricerca e aziende. Roberto Scalacci, direttore agricoltura della Regione, ha definito la strategia di concentrare l’attenzione sui vini bianchi una scelta adatta per aumentare la competitività della Toscana nel futuro.

Il percorso tracciato prevede di costruire, a partire dall’identità del territorio e dalle sue uve autoctone, una proposta che faccia emergere un prodotto distinto e apprezzato. Un modo concreto per rispondere alle sfide ambientali, economiche e di gusto che oggi si presentano al mondo del vino.

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