Le condizioni di detenzione in Russia destano crescente preoccupazione soprattutto riguardo ai casi di tortura nelle carceri. L’attenzione si concentra in particolare sui prigionieri di guerra ucraini, i detenuti politici russi condannati per terrorismo e altri prigionieri politici ucraini. La situazione è stata descritta come grave e sistematica da Oleg Orlov, attivista e fondatore dell’organizzazione Memorial, nel corso di un’intervista del 2024. Nel testo sono riportati i dati più recenti sulle strutture coinvolte, le conseguenze per i detenuti e il contesto di repressione interna in Russia.
Le condizioni nelle carceri dove si registra la tortura sistematica
Cinque strutture carcerarie in Russia sono state identificate come luoghi dove le violenze e le torture vengono inflitte con continuità. Tra queste spicca la prigione di Taganrog, definita un “carcere di tortura” a cui vengono assegnati detenuti da varie regioni della Federazione russa. La giornalista ucraina Viktoria Roshchyna, trattenuta per un anno in questa struttura, è stata restituita alla famiglia con gravi danni fisici, tra cui la mancanza di organi interni, come confermato da fonti ufficiali. Altre carceri segnalate includono quella di Cherepovets, nel Volgodskaya Oblast, il centro di correzione numero 10 a Monrovia e i centri di detenzione preventiva 1 e 5 di Rostov.
Un aumento della repressione nel 2024
Oleg Orlov ha evidenziato come la repressione in Russia si sia intensificata nel 2024, con un aumento del ricorso alla tortura su prigionieri politici e di guerra. Questi abusi non sono casi isolati ma avvengono in modo sistematico all’interno di queste strutture. Le pratiche violente hanno lo scopo di intimidire e piegare la resistenza dei detenuti, mentre le condizioni di isolamento rendono difficili le possibilità di denuncia o tutela.
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Il ruolo degli attivisti e della società civile russa tra repressione e clandestinità
Le proteste in Russia continuano, pur mantenendosi frammentate e per lo più singole, viste le restrizioni imposte dal governo. Secondo Orlov, chi ancora opera al interno del Paese lo fa sotto condizioni di quasi clandestinità. La società civile concentra le energie nel sostenere i prigionieri politici russi e i detenuti di guerra ucraini, fornendo assistenza attraverso piccole reti informali.
Gruppi attivi e rischi elevati
Oltre a Memorial, molte altre organizzazioni e gruppi di attivisti si dedicano a queste attività. Alcuni agiscono in piccoli gruppi di dieci-quindici persone impegnate ad aiutare uno o pochi detenuti, inviando pacchi, lettere e raccogliendo fondi per cure mediche o difesa legale. Questo tipo di operato rappresenta un sostegno concreto in un contesto dove la repressione limita fortemente la possibilità di agire apertamente. Le persone coinvolte corrono rischi elevati, spesso nascosti negli anonimati, con informazioni difficili da reperire. Il numero di detenuti politici cresce in maniera continua, come confermano i dati raccolti da Memorial che ha documentato quasi mille casi accertati nel 2024, in aumento rispetto a qualche anno fa.
I numeri e le dinamiche della detenzione politica e militare in russia
Le cifre sui detenuti politici russi e ucraini evidenziano un quadro di repressione estesa. Memorial ha registrato 975 casi comprovati di detenzione politica. Il database dell’organizzazione, aperto diversi anni fa, includeva 400 casi, passati a 700 nel 2023, dimostrando una crescita significativa. A questi si aggiungono circa 3 mila sospetti ancora in attesa di verifica.
Per quanto riguarda i prigionieri di guerra ucraini, si stimano 427 detenuti che sono stati aperti a procedimenti penali o condannati da quando è iniziata l’invasione russa nel 2022. Molti di questi sono isolati in oltre cento strutture carcerarie, spesso privi di un chiaro status legale o riconoscimento, e trasferiti nelle carceri ordinarie solo dopo eventuali condanne.
Scambi di prigionieri come eventi significativi
Scambi di prigionieri tra Russia e Ucraina sono stati riconosciuti come passi rilevanti, come quello concluso a Istanbul che ha previsto il rilascio di circa mille persone per parte. Questi eventi vengono seguiti con attenzione dagli attivisti e organizzazioni impegnate nella campagna internazionale “People First”, che chiede di mettere al centro delle trattative di pace la liberazione dei detenuti.
Le implicazioni politiche e il contesto internazionale legati alla situazione carceraria
Secondo Oleg Orlov, la diminuzione delle pressioni internazionali sulla Russia potrebbe favorire nuove aggressioni in altri Paesi della regione, come i Paesi baltici o la Moldova. La tattica repressiva interna, unita alla tortura sistematica in carcere, è parte di un quadro più ampio di autoritarismo che rischia di indebolire le democrazie vicine.
Rimandando al passato la crisi dell’Urss, Orlov ricorda come l’aumento delle spese militari induceva Mosca a una dura competizione con l’Occidente. Oggi sostiene che solo un aumento della capacità difensiva europea potrà evitare la perdita di territori e sovranità. L’alternativa a questa strategia sarebbe un cedimento alle pressioni di Putin, anche a costo di veder dilagare l’autoritarismo nella regione.
Iniziative per il rafforzamento militare europeo
Le iniziative come il programma ReArm Europe nascono da questa consapevolezza, puntando a rafforzare i sistemi militari per bloccare eventuali invasioni. La vicenda dei prigionieri politici e di guerra nelle carceri russe si inserisce così in un più ampio confronto geopolitico che coinvolge Stati, organizzazioni internazionali e società civile. Le sfide legate ai diritti umani restano al centro delle discussioni negli ambienti diplomatici, mentre sul campo molte persone continuano a subire violenze e privazioni.