La storia di Armida Barelli, cofondatrice dell’università cattolica del sacro cuore, continua a ispirare chi vive con la sclerosi laterale amiotrofica . Morta nel 1952 a causa di questa malattia, le è stato dedicato il centro clinico Nemo di Roma, punto di riferimento per pazienti e famiglie. In occasione della prima giornata della Conferenza nazionale Aisla a Jesi, Alberto Fontana, segretario dei centri clinici Nemo, ha ribadito l’importanza di mantenere viva la memoria di chi combatte questa malattia e di continuare a chiedere un sostegno concreto da parte delle istituzioni.
Armida barelli e la sua eredità nella battaglia contro la sla
Armida Barelli rappresenta un punto di riferimento per chi affronta la Sla oggi. Non solo per il ruolo che ha avuto nella fondazione dell’università cattolica, ma anche per la sua forza nel vivere con la malattia senza rinunciare al proprio ruolo nella società. Alberto Fontana ha ricordato come, a esempio suo, non si debba cedere alla disperazione o al sentirsi esclusi. Anche chi è colpito da una patologia grave come la Sla può essere protagonista e contribuire alla vita del paese, a prescindere dall’impossibilità di parlare o dalla difficoltà a respirare.
Il centro clinico Nemo di Roma, che porta il suo nome, nasce proprio con l’intento di offrire supporto e assistenza che non siano solo medici, ma comprendano tutta la sfera della vita quotidiana. Per Fontana, Armida Barelli ha insegnato a non abbandonare la speranza e a non lasciare che la malattia spenga il desiderio di far parte del mondo. Ogni famiglia toccata dalla Sla dovrebbe poter contare su un sistema di cure e di aiuti strutturato e accessibile.
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Le sfide quotidiane delle persone con sla e la marginalità del problema
L’intervento di Fontana a Jesi ha messo in luce le difficoltà vissute dalla comunità dei malati di Sla. In decenni di impegno nell’associazione, si è capito che non basta sostenere i pazienti e alleggerire il peso della malattia. La vera sfida è quella di farsi ascoltare in un sistema che spesso ignora i bisogni più urgenti di chi vive ai margini.
Quando le risorse scarseggiano, l’attenzione si concentra sui grandi numeri. La comunità della Sla, numericamente ridotta, rischia di venire dimenticata. Fontana ha sottolineato che in queste condizioni la marginalità cresce, e la lotta si fa ancora più dura. Le istituzioni dovrebbero partire proprio da chi è più fragile e considerato “ultimo” per garantire un supporto adeguato, basato su fatti e non solo su buone intenzioni.
A quel punto, la voce dei pazienti e delle loro famiglie diventa fondamentale per tenere alta l’attenzione su un problema che spesso non arriva alle prime pagine dei giornali.
Il ruolo delle istituzioni e l’importanza del sostegno concreto
Fontana ha richiamato l’attenzione sulle necessità reali della comunità Sla. Le istituzioni sono chiamate a dare risposte che vadano oltre dichiarazioni o leggi. Devono metterci i fondi per sostenere medici e ricercatori impegnati in questa battaglia quotidiana. Senza risorse adeguate, la cura e la ricerca rischiano di restare bloccate e molti pazienti senza assistenza.
Il segretario dei centri Nemo ha indicato come dovere prioritario far sì che il lavoro di chi combatte la Sla abbia un impatto concreto. Le risorse devono raggiungere chi è in prima linea, per assicurare cure efficaci, innovazioni terapeutiche e sostegno sociale. Gli investimenti devono riflettere le reali esigenze dei malati e delle loro famiglie, non solo promesse o impegni formali.
Celebrare la memoria di armida barelli per rafforzare la comunità sla
Alberto Fontana ha invitato a prendere come esempio Armida Barelli per costruire una narrativa positiva, di impegno e partecipazione. Barelli non si limitò a sognare l’università cattolica, ma la realizzò con determinazione nonostante le difficoltà. Questa attitudine, secondo Fontana, dovrebbe diventare la cifra della lotta contro la Sla nel presente.
Per la comunità che vive questa malattia, ricordare Barelli significa trovare una via per resistere, far sentire la propria voce e combattere per i propri diritti. La sua storia deve entrare nel calendario commemorativo come momento di identità e forza per chi ogni giorno affronta la Sla.
La memoria storica, così, diviene un elemento concreto di sostegno per continuare a chiedere attenzione e soluzioni alle istituzioni, orientando energie e speranze verso un impegno collettivo che non si limiti al solo ambito medico.