La religione e i nuovi equilibri in israel rendono impossibile la soluzione dei due stati tra israeliani e palestinesi

La religione e i nuovi equilibri in israel rendono impossibile la soluzione dei due stati tra israeliani e palestinesi

La crescente influenza religiosa in Israele e le tensioni politiche complicano la soluzione due Stati, mentre esperti come Lorenzo Cremonesi, Benny Morris e Gilles Kepel analizzano conflitti, finanziamenti di Hamas e opinioni pubbliche.
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L'articolo analizza le complesse dinamiche politiche e religiose che ostacolano la soluzione a due Stati tra israeliani e palestinesi, evidenziando le tensioni interne a Israele, il ruolo di Hamas e le difficoltà di un accordo di pace duraturo. - Gaeta.it

La situazione tra israeliani e palestinesi resta una delle questioni più complesse del Medio Oriente, con nuove dinamiche che complicano ulteriormente il tentativo di trovare una soluzione pacifica. In particolare, la crescente influenza dei fattori religiosi all’interno di Israele e le recenti tensioni politiche hanno reso difficile mantenere vivo il progetto di uno Stato per ciascun popolo. Ne hanno parlato a margine del festival è Storia vari esperti della questione mediorientale, tra cui giornalisti e studiosi noti per le loro analisi approfondite.

L’impatto della religione nella politica israeliana e le difficoltà della soluzione due stati

L’inviato in Medio Oriente del Corriere della Sera, Lorenzo Cremonesi, ha sottolineato che la sempre più marcata “religionizzazione” in Israele rappresenta un ostacolo estremamente serio alla realizzazione della soluzione che prevederebbe la convivenza di due Stati separati. Questa trasformazione modifica radicalmente il quadro politico interno e le priorità nazionali, spostando l’attenzione verso un nazionalismo fondato anche su basi religiose. Secondo Cremonesi, questo mutamento rende impraticabile la negoziazione e complica la possibilità di un dialogo costruttivo con i palestinesi.

Il tema tocca anche la presenza di circa 700mila cittadini israeliani stabiliti in Cisgiordania, una realtà che complica la divisione territoriale promessa dalla soluzione a due Stati. Questa situazione alimenta il dibattito sulla legittimità degli insediamenti e sulle prospettive di pace, poiché questi territori rappresentano una parte significativa della contesa. Per Cremonesi, inoltre, il governo guidato da Benjamin Netanyahu oggi si avvicina per molti aspetti a quell’area dell’estrema destra israeliana che decenni fa aveva opposto resistenza alle iniziative di pace.

I differenti punti di vista di benny morris e la visione di nasa

Benny Morris, giornalista e storico israeliano, ha affrontato il tema da un altro angolo, pur condividendo con Cremonesi il giudizio sulla incompatibilità attuale della soluzione due Stati. Morris ha affermato che dopo il 7 ottobre — data della sanguinosa azione di Hamas — non si può più ragionare su una divisione pacifica della Palestina. Questo gruppo palestinese, sostiene Morris, punta al controllo totale del territorio, facendo venir meno la possibilità di compromessi.

Contrariamente a Cremonesi, Morris ha espresso critiche dirette anche verso i palestinesi, accusandoli di non aver mai realmente voluto la pace. Nonostante ciò, ha criticato Netanyahu ma con un’enfasi diversa rispetto all’inviato italiano. L’interpretazione di Morris indica una situazione in cui lo scontro è destinato a proseguire fintanto che rimangono attivi movimenti armati come Hamas, che risultano inamovibili dalle loro posizioni radicali.

La rete di finanziamenti di hamas e le modifiche dopo il 7 ottobre

Gilles Kepel, esperto di Medio Oriente, ha portato una testimonianza importante riguardo ai meccanismi economici che sostengono Hamas. Ha spiegato che il Qatar da tempo assicura risorse finanziarie considerevoli al movimento, un flusso di denaro gestito con la conoscenza di Israele. Questi finanziamenti mensili ammontano a milioni di dollari, eppure per anni sono sopravvissuti nonostante le tensioni.

Dopo l’attacco del 7 ottobre, però, Kepel ha spiegato che questa catena ha subito un cambiamento significativo. Questo evento ha segnato un punto di svolta nelle relazioni fra le parti e nel modo in cui Hamas si presenta nel conflitto. Gli aspetti logistici e finanziari che prima si presumevano consolidati, dalla guerra in poi hanno risentito di pressioni e restrizioni maggiori da parte degli attori coinvolti.

Le opinioni sulla situazione a gaza e le tensioni all’interno della società israeliana

Benny Morris ha espresso la convinzione che Netanyahu proseguirà la sua azione militare finché Hamas non risulterà neutralizzato o distrutto. Questa visione rafforza la percezione di una strategia di guerra intervenuta senza molti margini di negoziazione. A rafforzare il riferimento a un clima che punta a un esito militare deciso si aggiunge un sondaggio recente riportato da Cremonesi, che indica come una vasta maggioranza degli israeliani supporti la prospettiva di uno “svuotamento” della Striscia di Gaza.

L’indagine ha rivelato che circa l’80 per cento degli intervistati è favorevole a questa misura, mentre poco più della metà è pronta a sostenere l’allontanamento degli arabi con cittadinanza israeliana. Questi dati rispecchiano una radicalizzazione dell’opinione pubblica che riflette l’intensificarsi dello scontro e l’aumento delle tensioni sociali interne a Israele.

Confronto acceso durante un incontro pubblico con benny morris

Durante un evento pubblico svoltosi di recente, Benny Morris è stato contestato da un gruppo di manifestanti che esponevano bandiere palestinesi e hanno chiesto spazio per esprimere le loro obiezioni. Ne è seguito un confronto diretto e acceso con lo storico israeliano, senza però degenerare in scontri violenti. La polizia è intervenuta per garantire l’ordine, senza dover prendere misure più drastiche.

Questo episodio evidenzia come il dibattito sulla questione israelo-palestinese resti molto vivo e tormentato, coinvolgendo non solo esperti ma anche gruppi della società civile che seguono con attenzione ogni evoluzione. La discussione si muove su più livelli, dal politico al sociale, e riflette un quadro ancora lontano da una stabilizzazione duratura.

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