La recente uscita dal carcere di giovanni brusca, uno dei protagonisti della strage di capaci, ha riacceso il dolore e le tensioni tra i familiari delle vittime. Brusca, detenuto per oltre 25 anni, è tornato in libertà il primo giugno 2025, dopo aver scontato la pena e usufruito della libertà vigilata. Le reazioni sono state immediate, soprattutto da parte di chi ha perso cari in quel tragico episodio. L’attenzione si sposta ora su come la città di palermo e la società civile affronteranno questa nuova fase legata a un capitolo ancora aperto della lotta alla mafia.
La testimonianza di tina montinaro dopo la liberazione di brusca
tina montinaro, vedova di antonio montinaro, capo scorta del giudice giovanni falcone ucciso nella strage di capaci, ha espresso con parole dure il proprio sentimento di amarezza: la sua è una voce che rappresenta il dolore e l’inquietudine di molte famiglie coinvolte. “Ci amareggia molto, moltissimo”, ha detto in un’intervista all’adnkronos, “questa non è giustizia per i familiari delle vittime”. La sua critica non riguarda solo la legge applicata ma un senso più profondo di ingiustizia che permane.
Montinaro ricorda la lunga detenzione di brusca, in carcere per 25 anni e altri quattro in regime di libertà vigilata. Nonostante la collaborazione con la giustizia iniziata da Brusca durante la detenzione, la vedova sottolinea che “anche i collaboratori sono criminali” e che il perdono sociale e il riconoscimento non sono automatici. Per le famiglie, continua, questa liberazione senza una chiara richiesta di responsabilità rappresenta una ferita aperta. La sua posizione dà voce a un disagio diffuso che scuote la comunità palermitana ancora oggi.
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Il richiamo alla società civile e alla mobilitazione dei palermitani
Non è solo una questione privata dei familiari secondo tina montinaro, ma un tema che coinvolge tutta la città di palermo. La vedova del capo scorta falcone ha invitato apertamente i palermitani a manifestare il proprio dissenso per la liberazione di brusca: “Mi aspetto che i palermitani scendano tutti in piazza”. Il richiamo è rivolto a una presa di posizione chiara e forte da parte della società civile, capace di sostenere un messaggio di rispetto per le vittime e per le istituzioni.
Il riferimento alla polemica sul minuto di silenzio anticipato in memoria delle vittime rischia di sminuire un tema che invece dovrebbe tenere alta l’attenzione sul ricordo e sulla giustizia. Montinaro considera le celebrazioni e i ricordi importanti ma insufficienti quando non si accompagnano a una dimensione civile che difenda valori e memoria storica. Le sue parole richiamano alla responsabilità collettiva di non lasciare soli chi soffre e a mantenere vivo l’impegno contro le mafie.
La ricerca di verità e giustizia dopo 33 anni dalla strage
Il dolore di tina montinaro si intreccia con la necessità di continuare a cercare risposte che ancora mancano. Trenta-tre anni dopo la strage di capaci, i processi giudiziari sono ancora in corso, ma la strada verso una verità completa pare lontana. La liberazione di brusca rappresenta quindi uno shock emotivo e simbolico proprio in un momento in cui le ferite non sono state ancora completamente sanate.
Montinaro sottolinea che lo Stato deve mostrare con chiarezza la propria presenza e autorità: “Si doveva prendere una posizione ai tempi e fare capire che esiste uno Stato che va rispettato”. Per lei commemorazioni e polemiche riescono solo a segnare il tempo ma non danno una risposta concreta alla richiesta di giustizia e rispetto. La sua voce testimonia la fatica di chi ogni anno vive ricordi dolorosi in attesa che la memoria pubblica non si affievolisca.
Il libro e il messaggio di resistenza della famiglia montinaro
Nel 2023 tina montinaro ha pubblicato un libro intitolato “Non ci avete fatto niente. La lotta alla mafia di antonio montinaro e giovanni falcone ieri, oggi e domani” . Nel testo racconta l’impegno di suo marito e del giudice falcone, e descrive la città che cambia e si rigenera, nonostante il peso della violenza del passato. La sua testimonianza punta sull’idea della resilienza: “Io ti dico ‘Non ci avete fatto niente’”.
La vedova sottolinea che la sua famiglia e quella città, palermo, non si sono arresi. I figli di montinaro sono cresciuti in un ambiente dove la memoria vive, e la gente in città esprime affetto e riconoscenza. tina chiarisce un aspetto personale importante: si definisce “la moglie di antonio montinaro, non la vedova”. Una scelta di parole che esprime l’attaccamento alla persona e la volontà di proseguire nel suo cammino, portando avanti la memoria e la lotta.
L’uscita di brusca dal carcere è dunque un punto che riapre vecchie ferite e chiama la comunità siciliana a riflettere sull’eredità lasciata dalla mafia e sulle modalità con cui si tutela la memoria delle vittime. I prossimi mesi potrebbero vedere nuove mobilitazioni e dibattiti pubblici in una città che resta vigile su questo capitolo doloroso della propria storia.