Sono passati alcuni giorni dall’inizio della crisi tra Israele e Iran, e in Italia i prezzi dei carburanti non mostrano aumenti significativi. Anzi, dai dati più recenti emerge addirittura un calo delle quotazioni di molti prodotti petroliferi. Questa dinamica si differenzia nettamente dalla situazione vissuta a febbraio 2022, quando l’invasione russa dell’Ucraina provocò aumenti consistenti sia sul fronte della benzina che del gasolio. La situazione in corso è complessa, ma al momento la tensione economica si sposta più sulle bollette dell’energia elettrica e del gas, soprattutto per le imprese italiane.
Come la crisi israele-iran influisce sui prezzi dei carburanti in italia
Nel 2025, a poco più di una settimana dall’esplosione del conflitto tra Israele e Iran, i prezzi alla pompa in Italia restano stabili o scendono leggermente. Secondo l’ufficio studi della CGIA di Mestre, la situazione odierna non è paragonabile a quella del 2022, quando la guerra in Ucraina scatenò un rialzo netto delle quotazioni petrolifere. Allora, in sole due settimane i prezzi della benzina aumentarono del 16,9%, quelli del diesel del 23,8%. Solo con la riduzione delle accise voluta dal governo Draghi, i costi tornarono entro fine anno ai livelli del 2021.
Prezzi attuali della benzina e del diesel
Adesso, invece, la benzina in modalità self service si paga attorno a 1,7 euro al litro, mentre il gasolio si aggira intorno a 1,6 euro. Questo abbassamento rispecchia anche la minore influenza del conflitto iraniano sul mercato globale del petrolio, legata alla capacità di estrazione del paese. L’Iran contribuisce infatti con circa 3,8 milioni di barili al giorno, contro gli 11,2 milioni della Russia, una differenza che rende l’effetto diretto sulla fornitura mondiale più contenuto.
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Se la crisi si acutizzasse, con un ampliamento del fronte di guerra o il blocco dello stretto di Hormuz, le conseguenze sui prezzi energetici e delle materie prime potrebbero però essere pesanti e rapide. Ma per ora, il mercato dei carburanti mantiene una certa stabilità, con quotazioni anche in lieve ribasso.
Il peso dei costi di energia elettrica e gas per le imprese italiane
Mentre i carburanti reggono, la situazione cambia per quanto riguarda energia elettrica e gas, soprattutto nel panorama industriale. La CGIA ha calcolato che nel 2025 le imprese italiane dovranno sostenere costi aggiuntivi per 13,7 miliardi di euro, pari a un aumento del 19,2% rispetto all’anno precedente. Di questa cifra, 9,7 miliardi riguardano la bolletta elettrica, mentre i restanti 4 miliardi sono attribuibili al gas.
Le stime partono dal presupposto che i consumi restino simili a quelli del 2023, con prezzi medi per l’energia elettrica intorno ai 150 euro per MWh e per il gas a circa 50 euro per MWh, rispettando un rapporto di circa 3 a 1. Attualmente, i prezzi medi semestrali sono di 119 euro per l’elettricità e 43 euro per il gas, ma si prevede un aumento nel secondo semestre che porterebbe la media annua ai livelli indicati.
L’andamento dei rincari per le imprese
Il risultato è che, a fronte di un aumento stimato del 38% sul prezzo della materia prima, i rincari per le imprese dovrebbero essere più contenuti: 18% per l’elettricità e 25% per il gas. Questo andamento evidenzia sia l’incidenza dei costi energetici sui bilanci aziendali, sia una certa progressione dei prezzi che ancora pesa.
L’impatto regionale degli aumenti su aziende e consumi energetici
L’incremento delle spese per luce e gas colpirà in modo differente le varie regioni italiane, concentrandosi soprattutto nelle zone con consumi più elevati. La CGIA segnala che le maggiori difficoltà si presenteranno soprattutto nelle regioni del Nord. La Lombardia guiderà la classifica degli aumenti con 3,2 miliardi in più, seguita dall’Emilia Romagna con 1,6 miliardi, dal Veneto con 1,5 e dal Piemonte con 1,2 miliardi.
Nel complesso, le aziende del Nord Italia dovranno farsi carico di 8,8 miliardi, equivalenti al 64% dell’aggravio totale previsto nelle utenze. Questa distribuzione riflette naturalmente la concentrazione industriale e il consumo energetico di queste aree rispetto al resto del paese.
Regioni meno colpite
Tra le regioni meno interessate ci sono quelle con consumi più ridotti. Basilicata, Molise e Valle d’Aosta mostrano incrementi più contenuti, rispettivamente pari a 118, 64 e 44 milioni di euro. Questa disparità evidenzia come le zone meno industrializzate siano meno esposte ai rincari, ma contestualmente mostrano una minore capacità di assorbire questi aumenti senza impatti sul tessuto produttivo.
Il quadro italiano dipinge quindi un anno 2025 in cui la guerra nel medio oriente ancora non si riflette sui prezzi diretti del carburante, ma affatica l’economia con un aumento delle spese energetiche che colpisce soprattutto la parte più produttiva del paese.