La gestione delle malattie croniche richiede un dialogo efficace tra medici, pazienti e caregiver. Nelle malattie infiammatorie croniche intestinali , la qualità della comunicazione influisce sull’aderenza ai trattamenti e sulla qualità di vita. Un aspetto importante è l’adattamento della comunicazione in base all’età del paziente e l’inserimento del supporto psicologico quando necessario.
Costruire un’alleanza terapeutica tra operatori sanitari, pazienti e caregiver
L’alleanza terapeutica è il punto di partenza per un percorso di cura efficace. David Lazzari, direttore Uoc Psicologia di Terni e past president del Consiglio nazionale Ordine degli psicologi , ha sottolineato l’importanza di una relazione stretta tra medici, malati e chi li assiste. Questa relazione influenza il modo in cui la persona vive la malattia e la gestisce concretamente.
Nel caso delle Mici, malattie che si protraggono nel tempo e richiedono trattamenti continui, il paziente non è solo un destinatario, ma diventa protagonista della propria salute. La collaborazione tra chi cura e chi è malato deve basarsi sulle motivazioni e le aspettative di entrambe le parti. È questa corrispondenza che determina l’adesione ai percorsi terapeutici.
Lazzari evidenzia che la comunicazione deve essere attenta e calibrata. Non basta fornire informazioni, ma serve instaurare un rapporto di fiducia e dialogo aperto. Quando si riscontrano condizioni psicologiche complesse, come ansia o depressione – presenti nel 50% dei pazienti con Mici – è opportuno attivare il supporto psicologico per migliorare il coinvolgimento e la qualità della vita.
L’adattamento della comunicazione in base all’età del paziente
Un punto centrale del Consensus paper presentato a Milano riguarda la necessità di modulare la comunicazione medico-paziente in base all’età del malato. Ricevere una diagnosi di Mici in adolescenza non è paragonabile alla stessa diagnosi in età adulta o anziana.
Gli adolescenti affrontano temi legati all’accettazione di sé e ai rapporti sociali, che richiedono un approccio comunicativo diverso rispetto a quello necessario per un giovane adulto, che può essere impegnato in scelte di vita come la genitorialità o la costruzione di una relazione stabile. Anche nelle persone più mature o anziane emergono esigenze comunicative specifiche, legate a fragilità fisiche e psicologiche differenti.
Lazzari sottolinea che questa personalizzazione riguarda non solo il contenuto delle informazioni, ma anche la modalità e il livello di coinvolgimento del paziente. È importante che i medici riconoscano queste differenze per favorire una gestione più efficace della patologia.
Il ruolo differenziato del supporto psicologico nei diversi stadi di vita
Il sostegno psicologico assume forme diverse a seconda dell’età e delle condizioni di vita dei pazienti con Mici. I bisogni psicologici variano tra adolescenti, adulti e anziani.
Nell’adolescenza emergono questioni legate all’identità e all’inserimento sociale. Qui, l’intervento psicologico si concentra sull’accettazione della malattia e sulla gestione delle relazioni con coetanei e famiglia. Per gli adulti, invece, il supporto deve considerare aspetti come le decisioni di coppia, la genitorialità e la continuità dei progetti di vita nonostante la malattia. Questi elementi influenzano l’atteggiamento verso la cura e la qualità della vita.
Nell’anziano, la psicologia affronta le fragilità legate all’età, considerando sia gli aspetti fisici sia quelli emotivi. Questo tipo di assistenza può aiutare a gestire la solitudine, il senso di perdita e i cambiamenti imposti dalla malattia. Lazzari ribadisce che riconoscere e rispondere a queste differenze è fondamentale per offrire un supporto efficace.
Gli interventi devono essere studiati e calibrati, perché contribuiscono a mantenere la motivazione e a rendere sostenibile la convivenza con una malattia cronica complessa come la Mici.