Il film Kraven – il cacciatore, uscito al cinema nell’autunno scorso, è arrivato da poco su Amazon Prime Video, attirando l’attenzione degli abbonati nonostante il risultato deludente nelle sale. La pellicola si concentra su uno dei personaggi meno esplorati del mondo Marvel, noto per il suo legame con la natura e il suo rispetto per la selvatichezza, caratteristiche che lo distinguono dagli altri antagonisti dell’universo Marvel. Questo film, separato dal franchising MCU e inserito nello Spider-Verse di Sony, racconta una storia che ha diviso il pubblico e ha fatto discutere per le scelte narrative e visive.
Origini di kraven il cacciatore e il suo passaggio dai fumetti al cinema
Kraven nasce nelle pagine di The Amazing Spider-Man negli anni sessanta, rapidamente guadagnandosi un posto tra i villain più intriganti dell’Uomo Ragno. Qualcosa che spicca in questo personaggio è quel senso dell’onore coltivato in mezzo alla natura selvaggia, che crea un contrasto continuo tra il suo lato umano e la bestia che sembra abitare dentro di lui. Proprio questa dualità lo ha reso affascinante per tanti fan del fumetto, differenziandolo da altri cattivi più unidimensionali.
Per anni Kraven aveva avuto solo brevi apparizioni sul grande schermo, attraverso qualche cameo e riferimenti più o meno espliciti, soprattutto nei film di Sam Raimi dedicati a Peter Parker. La sua vera comparsa come protagonista è arrivata solo di recente con questo film. Il progetto ha avuto però la sfortuna di non essere inserito nell’universo condiviso Marvel , ma nel più ampio Spider-Verse di Sony, che ha scelto una strada autonoma rispetto ai crossover e alle trame che coinvolgono l’Uomo Ragno in persona.
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Trama e sviluppo di kraven: una caccia tra famiglia e natura selvaggia
Il racconto si apre con l’infanzia di Sergei e suo fratello Dmitri, costretti dal padre Nikolai a partecipare a una battuta di caccia nella savana africana. Durante l’episodio Sergei viene gravemente ferito da un leone, ma viene salvato da Calypso, una ragazza che gli somministra un elisir magico proveniente dalla nonna. Questo evento segna una svolta nel suo destino: Sergei sopravvive a un apparente decesso clinico e decide di abbandonare la famiglia per vivere in contatto con la natura.
L’elisir gli conferisce una forza e una velocità oltre l’umano, che Kraven decide di usare per proteggere il mondo naturale e inseguire criminali senza scrupoli. La vera prova arriva quando Dmitri, suo fratello, viene rapito da trafficanti senza pietà. Kraven sarà costretto a mettere a frutto tutte le sue capacità per salvare la famiglia e affrontare nemici pericolosi nelle foreste.
Limiti narrativi e problemi di scrittura nel racconto di kraven
La pellicola mostra fin da subito una scarsità di profondità nel tratteggio del protagonista. La sceneggiatura prende spesso per scontato aspetti fondamentali della storia e si concentra sull’azione trascurando l’approfondimento psicologico. Il flashback dedicato all’infanzia e al rapporto conflittuale con il padre risulta troppo breve per creare empatia e far capire le motivazioni di Kraven.
Il film sembra ancorato a uno stile narrativo degli anni novanta, privo di leggerezza ma anche di efficacia, e si prende troppo sul serio senza avere la base drammatica necessaria. Le psicologie dei personaggi restano piatte, schiave di uno script che alterna momenti confusi a scene forzate senza un filo conduttore chiaro. Anche le sequenze di azione presentano alcune scelte goffe o ridicole, come la corsa di Kraven, che appare esagerata e poco credibile.
Gli effetti speciali non brillano certo per qualità: gli animali digitali, in particolare un branco di bufali che aiuta Kraven, appaiono poco rifiniti. Questo contribuisce a ridurre l’impatto visivo del film, rendendo meno memorabili anche le scene chiave.
Antagonisti e interpretazioni: un cast che non decolla
Anche i nemici di Kraven non riescono a dare slancio alla trama. Christopher Abbott interpreta uno “straniero” poco definito, mentre Alessandro Nivola veste i panni di Rhino in modo poco convincente. A confronto con la versione di Paul Giamatti nei film precedenti di Spider-Man con Andrew Garfield, il personaggio perde molto del suo fascino e della sua minaccia.
La violenza presente nel film si distingue rispetto ai cinecomic più familiari oggi, ma si limita a un elemento superficiale che non riesce a compensare le carenze strutturali e narrative dell’opera. Non c’è nemmeno una scena dopo i titoli di coda, cosa oggi piuttosto insolita per film Marvel, segno forse che Sony non intende continuare a investire su questo Kraven o sulla sua versione di universo.
La resa finale di kraven il cacciatore: tra aspettative e realtà
Kraven – il cacciatore si presenta come un’operazione incompiuta. Partito da un personaggio con grande potenziale, il film non è riuscito a svilupparne le sfumature e a costruire un racconto solido e coinvolgente. L’interpretazione di Aaron Taylor-Johnson si concentra principalmente sull’aspetto fisico del personaggio, senza riuscire a dare spessore emotivo.
La regia mostra scarso controllo sulla gestione dei tempi e delle scene d’azione, mentre la scrittura manca di ispirazione. Questi elementi si combinano per trasformare Kraven da figura interessante a un eroe dimenticabile. Anche i comprimari restano bloccati in ruoli poco funzionali, privi di personalità forte.
Questo Kraven lascia così la sensazione di un’opportunità perduta per raccontare una storia diversa all’interno del mondo Marvel, una storia che avrebbe richiesto più attenzione a livello narrativo e tecnico. Lo sforzo di offrire una versione più dura e violenta non basta a compensare i limiti evidenti del prodotto, che non sembra destinato a tornare presto sugli schermi.