Negli ultimi dieci anni, la minaccia di un attacco israeliano contro Teheran è rimasta piuttosto teorica, una minaccia pronunciata ma mai concretizzata. Oggi, però, l’evoluzione del contesto internazionale e la mutata percezione del diritto rendono possibile un’azione militare che fino a poco tempo fa appariva fuori discussione. La guerra tra Israele e Iran sta mettendo a nudo questi cambiamenti, coinvolgendo anche potenze globali come la Cina. Andiamo a ricostruire i fatti e il quadro politico che si sta delineando.
Il cambiamento nell’atteggiamento di israele verso l’iran
Per anni, Tel Aviv ha pronunciato minacce contro l’arsenale nucleare di Teheran, ma non aveva mai messo in campo azioni concrete. Secondo Federico Donelli, docente di Relazioni internazionali all’Università di Trieste, questo atteggiamento stava cambiando, e proprio ora la situazione si è sbloccata. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato che il conflitto continuerà senza limiti, indicando una volontà ferma di colpire impianti e laboratori nucleari iraniani.
Questa linea dura, scrupolosamente evitata almeno fino a cinque anni fa, rappresenta ora un passaggio decisivo nella strategia militare di Israele. Fino a poco tempo fa, la prospettiva di un attacco diretto a siti nucleari era un tabù nel mondo politico e militare israeliano. Ora, le dichiarazioni pubbliche e il susseguirsi degli eventi mostrano invece un orientamento diverso, più deciso e aggressivo.
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Un contesto internazionale che favorisce l’uso della forza
Donelli descrive la situazione corrente come parte di un “ordine post-liberale”: un quadro internazionale in cui l’uso della forza riacquista legittimità come strumento di politica estera. Lo dimostrano la guerra in Ucraina e i diversi conflitti aperti contemporaneamente nel mondo. La logica delle sanzioni e delle pressioni diplomatiche si affievolisce di fronte a scenari in cui la forza viene impiegata senza particolari ripercussioni immediate.
Netanyahu, in questa cornice, sembra aver interpretato correttamente il segnale. Per Israele, che in passato ha sempre tenuto conto della reazione internazionale, oggi le limitazioni sembrano essersi allentate. Le risposte a livello globale, infatti, appaiono frammentate e deboli, permettendo così interventi più decisi con minor timore di conseguenze diplomatiche o sanzionatorie significative.
Il ruolo della cina e le implicazioni nella geopolitica globale
Sul fronte diplomatico, un attore importante come la Cina ha preso posizione. Durante una riunione notturna del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, Pechino ha espresso una forte critica all’azione israeliana, definendola pericolosa per la stabilità internazionale. Questo intervento non è casuale. La Cina coltiva da tempo interessi strategici con l’Iran, sia sul piano energetico che in quello politico.
L’atteggiamento cinese segnala che il conflitto non si limita a un semplice scontro tra due nazioni. Al contrario, coinvolge diverse potenze mondiali, ognuna con i propri obiettivi e le proprie alleanze. La partita mediorientale si gioca quindi su più livelli, tra scontri armati, diplomazia e interessi strategici incrociati, rendendo il quadro ancora più complesso.
Prospettive e sviluppi futuri nel conflitto israele-iran
Con il confronto che si sta intensificando, il rischio di un’escalation aperta rimane alto. Il governo israeliano ha chiarito che non intende fermarsi davanti agli ostacoli, soprattutto per neutralizzare la minaccia nucleare iraniana. Dall’altra parte, l’Iran continua a rifiutare ogni compromesso e mantiene attivi i propri programmi nucleari.
La posizione della comunità internazionale resta divisa. Alcuni paesi denunciano l’operazione come un pericolo per la pace mondiale, mentre altri evitano di prendere una posizione netta, forse per non compromettere legami geopolitici ed economici. Nel frattempo, il Medio Oriente resta il terreno di uno scontro che può cambiare gli equilibri di tutta la regione e non solo.
Gli sviluppi nelle prossime settimane saranno decisivi per comprendere se si riuscirà a evitare un conflitto più ampio o se, al contrario, la tensione si trasformerà in guerra aperta con effetti che riguarderanno l’intero scenario internazionale.