Un’inchiesta recente ha permesso di ricostruire i tragitti compiuti da circa cento migranti, vittime di un’organizzazione dedita al traffico illecito di persone. Il gruppo criminale operava agganciando i migranti in turchia, trasferendoli poi via aerea fino a sarajevo con scalo a istanbul, per proseguire il viaggio verso l’italia attraverso la bosnia e la croazia. I metodi utilizzati esponevano spesso i migranti a rischi elevati, specialmente nell’ultima parte del percorso che si svolgeva a piedi lungo sentieri difficili e pericolosi.
Come avveniva il trasporto dalla turchia a sarajevo
Le indagini degli inquirenti hanno rivelato che i migranti venivano presi in carico sul territorio turco, dove il gruppo criminale aveva una rete consolidata. Una volta raccolti, i migranti venivano fatti imbarcare su voli commerciali da istanbul verso sarajevo. Questo passaggio aereo rappresentava un elemento chiave per il traffico, in quanto permetteva di aggirare controlli più severi lungo rotte terrestri tradizionali.
Le persone coinvolte nella tratta venivano selezionate e trasportate in modo pianificato, usando documenti falsi o strategie di elusione dei controlli aeroportuali. Non erano rari casi in cui i migranti viaggiavano con documenti intestati a terzi o con dichiarazioni di motivi di viaggio non veritieri. Una volta giunti a sarajevo, altri membri dell’organizzazione assumevano il compito di dirigere la seconda fase del viaggio.
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Spostamenti da bosnia al confine croato
Dopo l’arrivo in bosnia, i migranti venivano caricati su furgoni o camion, mezzi utilizzati per coprire le distanze verso il confine bosniaco-croato. Questi spostamenti avevano luogo di notte o in orari poco frequentati per diminuire le probabilità di interventi da parte della polizia o delle guardie di frontiera.
La rete criminale si serviva di percorsi poco monitorati e strade secondarie, modificando regolarmente gli itinerari in base alla presenza delle forze dell’ordine. Questa fase del viaggio risultava già impegnativa per capacità organizzative e rischi legati a possibili controlli, ma era il passaggio necessario per avvicinarsi al confine con l’italia attraverso la slovenia.
La parte più pericolosa tra croazia e italia lungo il confine italo-sloveno
L’ultima parte del percorso rappresentava un momento critico e rischioso per i migranti. Per evitare i posti di blocco ai confini, soprattutto quello italo-sloveno, i clandestini venivano costretti ad attraversare boschi e zone montane. Questi passaggi avvenivano anche in pieno inverno, con temperature rigide e senza alcun tipo di assistenza.
Il gruppo criminale imponeva spesso percorsi impervi, scelti proprio per ridurre le possibilità di intercettazione, ma ciò esponeva donne, bambini e uomini a esposizione ad agenti atmosferici, terreno accidentato e potenziali incidenti. Solo con difficoltà si riuscivano a percorrere quei sentieri, spesso sconosciuti e non indicati da mappe. L’eventuale intervento delle forze dell’ordine avrebbe potuto causare la dispersione del gruppo, con conseguenze ancora più gravi per chi non era in grado di muoversi da solo.
Guida e rischi lungo i sentieri
Il passaggio a piedi lungo queste zone contava su una guida interna fornita dall’organizzazione, che però non garantiva condizioni di sicurezza o assistenza sanitaria. La dura realtà di queste traversate mette in luce le sofferenze vissute da chi tenta di raggiungere l’Europa aggirando i confini legali.