Nel 2025 l’emilia-romagna registra una riduzione importante dei medici che si dichiarano obiettori all’interruzione volontaria di gravidanza, mentre cresce l’impiego della pillola abortiva ru486 nelle procedure. Questi dati emergono in risposta a un dibattito in assemblea legislativa regionale, dove si è discusso del rispetto della legge 194 del 1978, norma di riferimento per le interruzioni di gravidanza in italia. Le informazioni, diffuse dall’assessore alla salute Massimo Fabi, evidenziano un panorama regionale più accessibile rispetto alla media nazionale, ma ancora segnato da alcune difficoltà legate all’obiezione di coscienza.
La legge 194 e il contesto storico dell’interruzione volontaria di gravidanza
La legge 194, approvata nel 1978, ha segnato una svolta decisiva nel sistema sanitario italiano. Prima di allora, l’aborto era in gran parte clandestino, esponendo le donne a rischi elevati per la salute. La norma ha regolamentato l’accesso all’interruzione di gravidanza, garantendo un percorso legale e assistito. Nel corso degli anni, il numero di aborti è diminuito sensibilmente, passando da un picco di 234 mila casi nel 1983 a poco più di 66 mila nel 2020.
L’istituto superiore di sanità ha sottolineato come questa diminuzione derivi non solo dalla legalizzazione, ma anche dalle politiche di prevenzione e l’educazione sessuale. La legge 194 resta dunque uno strumento fondamentale per la tutela della salute pubblica, soprattutto per il diritto delle donne a interrompere una gravidanza indesiderata in condizioni sicure.
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La situazione in emilia-romagna: percentuali di obiettori e uso della pillola ru486
Nel 2025 l’emilia-romagna segnala una riduzione dei medici obiettori all’interruzione di gravidanza, scesi dal 46% nel 2020 al 38%. Questo valore è inferiore rispetto alla media nazionale del 63%, segnalata dalla stessa regione, a indicare una maggiore disponibilità tra i professionisti sanitari regionali a praticare o assistere l’ivg. Tuttavia, la presenza ancora di un terzo di medici obiettori può complicare il percorso di accesso ai servizi.
Parallelamente si evidenzia un uso crescente della pillola ru486, farmaco che consente di effettuare l’aborto con una procedura meno invasiva rispetto all’intervento chirurgico. Nel 2024 il 73% degli aborti in emilia-romagna è stato effettuato con questo metodo, indicazione di una pratica che sta prendendo piede anche nelle strutture pubbliche della regione. La diffusione di ru486 offre un’opzione più immediata e riservata, contribuendo a mantenere alti standard di sicurezza sanitaria.
Le difficoltà nell’accesso all’interruzione di gravidanza nei servizi pubblici
Nonostante i progressi evidenziati dalla regione emilia-romagna, restano problemi legati all’obiezione di coscienza tra il personale medico-sanitario. Alcune aree registrano percentuali molto elevate di ginecologi, anestesisti e altri operatori obiettori, rallentando o addirittura bloccando l’accesso alle procedure nelle strutture pubbliche.
La consigliera regionale Simona Lembi ha richiamato queste criticità sollevando la necessità per la regione di garantire il pieno rispetto della legge 194. “La presenza dell’obiezione può ridurre la disponibilità di strutture e personale qualificato, costringendo molte donne a ricorrere a strutture private o a lunghe liste di attesa. Questo limite rischia di ostacolare il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza, previsto e tutelato dalla normativa.”
Il ruolo della regione nell’applicazione della legge 194
L’assessore alla salute di emilia-romagna, Massimo Fabi, ha fornito i dati richiesti in assemblea legislativa, affrontando il tema garantendo l’impegno della regione nel monitorare la situazione. La regione vigila sull’accesso ai servizi ginecologici dedicati all’ivg, assicurandosi che i servizi pubblici offrano modalità sicure e tempestive per l’interruzione di gravidanza.
Il monitoraggio dell’incidenza dell’obiezione di coscienza è un elemento centrale per verificare che la legge 194 venga applicata senza ostacoli. L’adozione sempre più frequente della pillola ru486 rappresenta una risposta pragmatica a molti problemi organizzativi, riducendo tempi di attesa e necessità di interventi chirurgici. Lo stato attuale indica un equilibrio delicato tra rispetto della coscienza individuale dei medici e tutela del diritto delle donne.
La sfida della regione emilia-romagna resta quella di garantire una reale disponibilità dei servizi, così da evitare discriminazioni o difficoltà nell’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza, come prevede la normativa vigile ormai da quasi mezzo secolo.