Imaginary: tra ricordi perduti e mondi immaginari, un horror che cerca la sua strada nel terrore psicologico

Imaginary: tra ricordi perduti e mondi immaginari, un horror che cerca la sua strada nel terrore psicologico

Il film Imaginary, diretto da Jeff Wadlow e prodotto da Jason Blum con BlumHouse, esplora il confine tra realtà e follia attraverso la storia di Jessica e le sue figlie, ma manca di profondità nei personaggi e originalità nel genere horror.
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Il film *Imaginary* esplora il fragile confine tra realtà e follia attraverso la storia di tre donne legate da un passato oscuro, ma soffre di personaggi poco sviluppati e una regia che fatica a creare vera suspense, risultando un horror convenzionale e poco coinvolgente. - Gaeta.it

Il film Imaginary mette al centro tre donne di generazioni diverse legate da un legame famigliare che va definendosi nel corso della trama. La storia si sviluppa su un confine fragile tra realtà e follia, mentre queste figure affrontano una minaccia che sembra sfuggire a ogni controllo. Il racconto si muove su due livelli: da un lato una quotidianità che nasconde tra le pieghe un passato oscuro, dall’altro una dimensione onirica che si fa sempre più reale. Tra ricordi dimenticati e allucinazioni capaci di assumere una forma palpabile, il film tenta di sondare il rapporto tra memoria, trauma e orrore.

La trama: una casa carica di segreti e un passato da riscoprire

Jessica, donna adulta che ha lasciato alle spalle un’infanzia tormentata e pezzi di vita cancellati dalla memoria, torna a vivere nella casa dove è cresciuta, insieme al compagno Max e alle sue due figlie, Taylor e Alice. Puzzle familiare poco convenzionale e segnata da tensioni sotterranee, la convivenza impone una nuova normalità. La piccola Alice ritrova un vecchio orsacchiotto, chauncey, dimenticato in un angolo della casa. Da quel momento, eventi strani si moltiplicano senza apparente spiegazione.

Jessica crede che Alice si sia inventata un amico immaginario, una compagnia infantile innocua ma misteriosa. Però il comportamento della bambina e quanto succede segue un percorso inquietante, che costringe Jessica a riesumare convinzioni e ricordi sopiti per comprendere la natura del male che sta minacciando la sua famiglia. Il conflitto prende forma con la riapertura di ferite antiche, insieme a un passato di cui si era fatta carico senza guardarlo davvero.

Tra presenze che si fanno oltre il confine del reale e figure che sembrano emergere da un incubo, la ricerca di risposte diventa anche un confronto con ciò che Jessica ha rimosso. Quel male, che sembrava sepolto, si riaffaccia con forza.

Il tema dell’immaginazione tra paura e realtà fisica

Il film usa l’horror per esplorare una linea che divide ciò che esiste dal frutto della mente, ma poi la supera, trasformando le vere e proprie allucinazioni in minacce tangibili. Non è un semplice gioco con l’ignoto, le visioni spaventose assumono una corporeità notevole, contribuendo a creare un’atmosfera opprimente. Le ambientazioni mutano da stanze domestiche a luoghi surreali, quasi onirici.

Questa trasformazione introduce il concetto di una battaglia che si svolge su due fronti: quello materiale, che riguarda la sicurezza delle persone coinvolte, e quello psicologico, dove ricordi nascosti e traumi irrisolti pesano sulla realtà. La moltiplicazione degli spazi immaginari, corridoi variopinti e mondi fantasiosi, diventa il palcoscenico di un confronto centrale per le protagoniste.

Il racconto si concentra sulla fragilità del confine tra la mente adulta e quella infantile, tra verità scomode e invenzioni che cercano di proteggere o spiegare fatti altrimenti incomprensibili. Anaffettività, legami familiari complicati e paura si intrecciano su questo sfondo di incubi sempre più concreti.

Costruzione dei personaggi e dinamiche familiari poco approfondite

I protagonisti sono ritagliati secondo schemi già visti: una matrigna che fa da tramite tra il passato e il presente, due figliastre adolescenti segnate da contrasti e incomprensioni, un anziana babysitter che sembra nascondere qualcosa. Questo intreccio di rapporti mette in scena una famiglia allargata con tensioni di superficie e riappacificazioni lampo, poco approfondite e dal soldo fragile.

Questa scelta narrativa rende la comprensione delle motivazioni e delle emozioni meno efficace in termini di coinvolgimento. Il film non riesce a costruire uno spessore credibile per i conflitti che nascono, trasmettendo una sensazione di artificiosità nei momenti di attrito e collaborazione.

Le dinamiche tra i personaggi si muovono in modo piatto e prevedibile, con pochi spunti di novità o rappresentazioni autentiche dei rapporti familiari complessi. La presenza della babysitter, chiamata a fungere da figura di collegamento con il passato oscuro, non spicca e resta un elemento che difficilmente convince.

Questa semplicità di costruzione limita la capacità del film di coinvolgere chi guarda e di rendere credibile una situazione così carica di tensione e mistero.

Regia e stile: un percorso che fatica a decollare nel genere horror

Jeff Wadlow dirige il film, con una carriera segnata da risultati altalenanti in titoli a metà strada tra thriller e horror. La prima parte di Imaginary appare lenta e priva di momenti davvero intensi capaci di catturare l’attenzione. L’accelerazione si verifica nella seconda parte, dove però la suspence lascia spazio a sequenze di pura immaginazione, spesso slegate da un racconto coerente.

Il passaggio verso un mondo fantastico è sostenuto da ambientazioni colorate ma di difficile interpretazione, tratte dalla mente delle protagoniste. Lo stile rende la narrazione visionaria ma rischia di appesantire lo sviluppo, portando a un equilibrio precario tra paura reale e fantasia.

La regia usa effetti e qualche jump-scare senza costruire un’atmosfera di terrore duratura. L’attenzione richiesta allo spettatore si allenta davanti a scene che sembrano ripetitive o tratte da cliché consolidati ma poco efficaci. Lo scontro finale arriva con un epilogo rocambolesco, che chiude la vicenda senza grandi sorprese o colpi di scena memorabili.

Questo andamento lascia l’impressione di un’occasione mancata, specie per chi frequenta il genere in cerca di tensione e originalità.

Elementi del film e riflessi sul genere horror contemporaneo

Prodotto da Jason Blum con la BlumHouse, Imaginary si aggiunge agli horror recenti che fanno leva su un’immaginazione che prende corpo, ma senza aggiungere particolari variazioni al genere. L’idea di portare alloggiamento a uno spaventoso passato attraverso mondi fantastici e ricordi ricostruiti trova già molte presenze nel cinema recente.

Il risultato è un film che strizza l’occhio al paranormale e alle paure infantili, ma che non supera le aspettative legate alle sue premesse. L’utilizzo di mostri e creature di fantasia, suggestioni grafiche ispirate a situazioni escheriane, non genera un vero impatto.

La vicenda non cresce al di là di uno sviluppo raccolto intorno alla paura dell’infanzia, rimasta irrisolta. Lo svolgimento trascura il potenziale drammatico di quanto raccontato, affidandosi a uno stile narrativo che fatica a verificare gli spunti più curiosi.

Si tratta di un prodotto che si vede spesso nei cataloghi di titoli horror, ma che non lascia traccia né in termini di paura né di interesse verso i personaggi. La tensione ricorre a componenti già viste senza trovare una propria voce.

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