Il turismo è da sempre visto come uno dei pilastri dell’economia italiana, soprattutto grazie al patrimonio culturale e paesaggistico del paese. L’Italia ospita 60 siti riconosciuti dall’UNESCO, il numero più alto al mondo, e ogni anno accoglie milioni di visitatori. Nonostante questo, il reale peso del turismo sull’economia nazionale è spesso sovrastimato. Guardando più da vicino, emerge un quadro complesso, fatto di dati concreti e realtà locali molto diverse tra loro.
Quanto conta il turismo nel pil italiano
Il peso del turismo sul PIL italiano è tema frequente, ma spesso le cifre divulgate sono imprecise. Ad esempio, la ministra del Turismo Daniela Santanchè ha indicato una quota del 18 per cento, un dato ritenuto esagerato per chi segue le statistiche ufficiali. Secondo Eurostat, l’ente statistico europeo, è attestato a circa il 6,2 per cento. Questa percentuale rimane superiore alla media europea, che si ferma al 4,5, ma è inferiore rispetto a paesi come la Spagna, il Portogallo o la Croazia.
Il confronto con altri settori economici
Il settore manifatturiero, per fare un confronto, rappresenta circa il triplo del contributo del turismo al PIL. Questo indica come il turismo non sia la leva principale della crescita economica nazionale, ma una componente modesta, seppure importante in termini di occupazione e distribuzione geografica.
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Perché il turismo è un settore a basso valore aggiunto
La limitazione principale del turismo risiede nel suo basso valore aggiunto. Nel gergo economico, questo significa che il guadagno effettivo generato dalla differenza tra il valore creato e i costi sostenuti resta contenuto. Le attività turistiche fondamentali, come alberghi, ristoranti, stabilimenti balneari, hanno confini fisici e organizzativi limitati: il numero di camere, coperti o lettini non può superare certe soglie.
Per aumentare i ricavi senza ampliare l’offerta, l’unica strada è salire sui prezzi. Questo, però, si rivela controproducente nel tempo, perché allontana i turisti, danneggiando l’attività stessa. Il settore fatica dunque a crescere in modo consistente senza compromettere l’attrattiva per i visitatori.
Il mercato del lavoro nel turismo italiano
Il mercato del lavoro nel turismo presenta molte criticità. In Italia lavorano nel settore circa 1,6 milioni di persone, pari al 7 per cento degli occupati. Questo dato mostra l’importanza del turismo sull’occupazione, ma il lavoro è spesso stagionale e poco remunerato. Molti lavoratori si trovano impiegati solo per pochi mesi, durante l’estate nelle località marine o per brevi settimane invernali sulle montagne.
Condizioni salariali e lavoro nero
La media salariale nelle attività ricettive e ristorative si aggira intorno ai 10 euro all’ora. Tenendo conto della stagionalità, il reddito annuo tipico di un lavoratore resta basso, poco sopra i 10mila euro. A questa condizione si aggiunge la diffusione del lavoro in nero, che limita la protezione sociale e la stabilità professionale degli addetti.
Il turismo che sostiene i piccoli borghi italiani
Il quadro cambia quando si guarda ai piccoli comuni, quelli con poche centinaia o migliaia di abitanti. In questi territori il turismo rappresenta una risorsa vitale. Senza gli introiti derivanti dai visitatori, molti di questi borghi rischierebbero lo spopolamento progressivo. Negli ultimi anni il turismo in queste aree ha attirato sempre più persone, italiane e straniere, in cerca di esperienze autentiche e costi più contenuti rispetto alle grandi città.
Uno studio della società Deloitte ha stimato che il turismo fa guadagnare ai piccoli centri circa 5 miliardi di euro. Basti pensare che l’87 per cento dei comuni italiani ha meno di 10mila abitanti, e circa un terzo della popolazione vive in questi luoghi: per loro il turismo rappresenta un’ancora importante per l’economia locale.
La tassa di soggiorno e il suo impatto sui bilanci comunali
La tassa di soggiorno è un’altra fonte di entrate derivante dal turismo che interessa soprattutto i comuni più piccoli. Nel 2024, i regolamenti locali hanno permesso di raccogliere più di un miliardo di euro grazie a questa imposta. L’aumento costante delle tariffe negli anni ha generato maggiori incassi. Questi soldi dovrebbero aiutare i comuni a gestire e migliorare i servizi turistici, ma non sempre restano vincolati all’ambito turistico.
Spesso le amministrazioni usano tali fondi anche per bilanciare il bilancio generale, poiché i piccoli centri hanno meno risorse e possibilità di introdurre altre fonti di reddito rispetto alle grandi città. Questo crea un circolo stretto dove il turismo sostiene le casse comunali, ma l’effetto diretto per lo sviluppo turistico può rimanere limitato.
L’analisi della relazione fra turismo, economia nazionale e territori locali mostra una realtà in cui il settore resta importante ma con margini e limiti ben definiti. Le differenze tra grandi città o regioni e piccoli borghi sono evidenti e mostrano come il turismo non possa più essere considerato un motore economico assoluto, ma piuttosto un settore con effetti differenziati sui diversi territori italiani.