Il turismo ha da sempre un ruolo centrale nell’economia italiana e nella narrazione pubblica. Spesso indicato come il motore principale dello sviluppo economico del paese, il turismo è considerato una fonte di ricchezza per molte aree, soprattutto urbane e costiere. Nel corso degli ultimi decenni, però, questa convinzione ha mostrato i suoi limiti evidenti. Lo sviluppo turistico ha lasciato segni profondi nelle città italiane, con impatti sociali, economici e ambientali difficili da ignorare. La pandemia, poi, ha evidenziato fragilità ormai strutturali di un modello che ha finito per trasformare i centri storici in spazi vuoti e privi di vita abitativa stabile. In questo contesto, il turismo rischia di rivelarsi più un problema che una soluzione per molte realtà locali.
Il ruolo del turismo nelle città italiane e le conseguenze della pandemia
Nel 2020, il blocco dei viaggi e le restrizioni per contenere la pandemia hanno svuotato i centri storici di numerose città italiane. Prima dell’emergenza sanitaria, il turismo urbano, alimentato dai voli low-cost e dalle piattaforme come Airbnb, aveva già trasformato molte zone centrali, spostando gli abitanti storici e sostituendoli con visitatori temporanei. Una volta che i residenti sono stati rimpiazzati dai turisti, molte attività commerciali e servizi legati alla vita quotidiana hanno perso clienti e spesso non hanno riaperto neanche dopo la fine del lockdown.
Questo processo ha un legame con la crescente valorizzazione immobiliare basata sull’affitto a breve termine, pratica senza limiti stringenti in Italia. L’afflusso di turisti ha innalzato i prezzi degli immobili e contribuito a una crisi abitativa che ora colpisce anche la classe media lavoratrice. Al tempo stesso, i flussi turistici generano un consumo consistente di risorse e servizi pubblici, il cui costo ricade sulla comunità. Negli ultimi dieci anni la città ha spesso perso la sua funzione sociale e culturale originaria, diventando uno spazio omologato in cui predominano attività commerciali e di consumo rivolte soprattutto ai visitatori, con una conseguente perdita di varietà e identità locale.
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Aspettative pubbliche e politiche sul turismo come motore di sviluppo
Le politiche pubbliche italiane e le aspettative sociali hanno a lungo coinciso nel vedere il turismo come principale leva di sviluppo, tanto nelle aree urbane quanto in quelle rurali. A partire dagli anni Novanta, molte risorse europee e nazionali sono state destinate a programmi che puntavano a integrare economie locali sfruttando il turismo per rivitalizzare territori marginali o impoveriti. Questo approccio ha però portato spesso a una privatizzazione del territorio senza creare un’economia solida o duratura.
L’esperienza ha mostrato che, una volta che il turismo si insedia in un’area, la crescita economica tende a rallentare o fermarsi, mentre i suoli urbani e rurali diventano improduttivi rispetto ad altre attività primarie o manifatturiere. Il problema dell’overtourism, ovvero il turismo eccessivo, ha indebolito molti luoghi senza garantire benefici diffusi. Nonostante questo, il turismo viene ancora frequentemente proposto come panacea per i piccoli paesi e le aree interne che hanno subito spopolamento e abbandono. In effetti si continua a offrire il turismo come rimedio a una crisi che esso stesso contribuisce a peggiorare.
Un modello economico basato sull’estrazione, non sulla produzione di valore
L’immagine del turismo come “petrolio d’Italia” sintetizza un modello incentrato sull’estrazione di ricchezza più che sulla sua creazione. Le risorse naturali, culturali e i paesaggi diventano “giacimenti” da sfruttare, pronti per essere venduti e consumati. I guadagni si concentrano principalmente sui proprietari immobiliari e su grandi investitori, mentre chi vive nei territori spesso riceve solo una parte irrisoria dei benefici.
Questo processo produce effetti economici, sociali e ambientali a carico delle comunità. Il turismo, infatti, richiede infrastrutture pubbliche costruite con fondi statali, come aeroporti o linee ferroviarie. Inoltre, le spese per promuovere territori attraverso campagne di marketing e piattaforme digitali sono spesso elevate, senza però migliorare le condizioni di vita locali. Nei casi più estremi, il turismo è diventato un problema di ordine pubblico, con necessità di controlli e limitazioni per gestire la pressione dei flussi su luoghi fragili.
Il cambiamento dell’esperienza della realtà attraverso la turistificazione
Il fenomeno della turistificazione ha effetti che vanno oltre i numeri dei visitatori. Esso modifica il modo in cui percepiamo e viviamo i luoghi. Le aree coinvolte vengono spesso ridotte a semplici prodotti di consumo, venduti come esperienze uniche e spettacolari, svincolate dal contesto sociale e culturale originale. Questo processo semplifica e piattaforma la realtà, puntando su una narrazione nostalgica e idealizzata del passato.
Nei centri storici e nei borghi, la relazione intensa e quotidiana con gli spazi si trasforma in un’esperienza mediata, quasi museale. L’abitare, con tutte le sue complessità, viene sostituito da una fruizione turistica che si concentra su aspetti estetici e folkloristici. Così, la realtà locale si impoverisce, mentre i residenti perdono il controllo sulla costruzione della propria identità territoriale. La turistificazione contribuisce a cristallizzare un’immagine statica, difficile da evolvere e adattare alle esigenze attuali della comunità.
Gli effetti sociali ed economici sui borghi e sulle aree interne
Nei piccoli paesi e nelle zone interne il turismo ha spesso accentuato problematiche preesistenti come lo spopolamento e la mancanza di lavoro stabile. L’afflusso di visitatori genera dinamiche paradossali: da una parte alcuni territori restano vuoti per mancanza di servizi e opportunità, dall’altra sperimentano un affollamento eccessivo in certi periodi dell’anno. Questi fenomeni segnano una crescente difficoltà a vivere e lavorare in modo equilibrato in molti luoghi.
Le condizioni di abitabilità peggiorano anche per la natura delle occupazioni turistiche, spesso precarie e stagionali, poco remunerate e con scarso impatto sul benessere generale. Nel mentre, si consolidano relazioni economiche caratterizzate da dipendenza e sfruttamento, con benefici concentrati in pochi soggetti. Il modello attuale lascia scontenta buona parte della popolazione locale e non riesce a costruire una reale prospettiva di sviluppo sostenibile.
La necessità di politiche che partano dalle comunità e dai territori
Per affrontare le difficoltà legate al turismo e alla crisi delle città e dei borghi italiani serve un cambiamento radicale nella gestione dello sviluppo locale. Occorre tornare a partire dalle persone che abitano questi territori e dalle loro esigenze concrete, oltrepassando il dogma che il turismo debba essere la risposta a ogni problema. Le risposte devono radicarsi nelle specificità di ogni comunità, puntando a ricostruire reti sociali e contesti culturali, invece di imporre un modello unico.
La crisi attuale si manifesta a livello ecologico, sociale ed economico. È una crisi delle relazioni tra persone e ambiente che l’espansione del turismo ha contribuito a nascondere. Per garantire una convivenza sostenibile, serve uno sguardo attento alle condizioni di abitabilità, alla tutela degli spazi e alla valorizzazione delle diversità territoriali. L’alternativa al modello di turismo estrattivo passa da una governance più inclusiva e partecipata, capace di mettere in primo piano le comunità locali e di promuovere forme di sviluppo più equilibrate.