Il tribunale amministrativo regionale del Friuli Venezia Giulia ha inflitto al ministero della difesa una condanna a risarcire con 600mila euro la famiglia di un maresciallo luogotenente della marina militare originario di Trieste. L’uomo, scomparso a 63 anni, ha sviluppato un mesotelioma pleurico collegato all’esposizione all’amianto durante oltre trent’anni di servizio su navi e basi militari. La vicenda evidenzia la gravità delle omissioni nelle misure di sicurezza e la responsabilità dello Stato nelle morti legate all’amianto negli ambienti militari.
La storia del maresciallo triestino e la diagnosi del mesotelioma
Il militare, residente a Trieste, ha svolto il proprio incarico nella marina militare dal 1966 fino al 2004, accumulando trentasei anni di attività professionale. Gli agenti cancerogeni legati all’amianto hanno agito silenziosamente, fino a manifestarsi esplicitamente nel 2008, quando è stato diagnosticato il mesotelioma pleurico. Nel 2013, le autorità militari hanno riconosciuto che la malattia fosse strettamente connessa al servizio svolto e hanno attribuito alla vedova lo status di vittima del dovere, concedendo benefici previdenziali. Questa decisione, però, non ha fermato la famiglia che ha proseguito nel chiedere giustizia, con l’assistenza tecnica e legale dell’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto.
La sentenza del tar e la condanna del ministero della difesa
Dopo una valutazione clinica e legale approfondita, il Tar ha stabilito che il ministero della difesa non ha rispettato le misure indispensabili per proteggere i militari dall’esposizione al materiale pericoloso. La mancata sorveglianza e prevenzione in ambito militare ha portato a una condanna economica a favore degli eredi del militare. Il tribunale ha riconosciuto che il danno subito da chi ha servito lo Stato in ambienti contaminati deve avere un ristoro economico tassativo, stabilendo così un importante precedente nel campo della responsabilità dello Stato nel settore della salute militare.
Leggi anche:
Le responsabilità e le implicazioni per la sicurezza nelle forze armate
La sentenza evidenzia come le omissioni nella tutela dei militari possano avere conseguenze mortali e come lo Stato debba rispondere per la mancata protezione. Il caso dimostra che la presenza di amianto nei mezzi e nelle strutture militari per anni ha rappresentato un grave rischio ignorato. Per decenni è mancata un’adeguata prevenzione e una sorveglianza sanitaria efficace, esponendo i militari a malattie gravi e invalidanti. La vicenda apre un dibattito sulla gestione ambientale e sanitaria nelle forze armate ed impone una riflessione sulla necessità di tutelare maggiormente il personale chiamato a servire.
L’intervento dell’osservatorio nazionale amianto e il commento dell’avvocato bonanni
L’Osservatorio nazionale amianto, tramite il suo presidente avvocato Ezio Bonanni, ha dato notizia della sentenza e ha rimarcato l’inaccettabilità che si debba ancora oggi morire per esposizione a sostanze pericolose nei luoghi di lavoro militari. Bonanni ha sottolineato come questa sentenza rappresenti un punto di svolta, sancendo il principio della responsabilità del ministero della difesa in materia di sicurezza sul lavoro e salute dei militari. Lo Stato deve farsi carico delle conseguenze per chi ha lavorato in condizioni di rischio riconosciute, applicando misure che impediscano simili tragedie in futuro.