Il sindacato di polizia penitenziaria critica le misure di nordio sul sovraffollamento carcerario

Il sindacato di polizia penitenziaria critica le misure di nordio sul sovraffollamento carcerario

Le carceri italiane affrontano un crescente sovraffollamento con gravi ripercussioni su detenuti e agenti penitenziari; Mauro Nardella critica le misure del governo, evidenziando la necessità di più personale e strutture adeguate.
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Le carceri italiane affrontano un grave sovraffollamento con conseguenze su detenuti e personale, mentre le soluzioni governative sono giudicate insufficienti dal sindacato di polizia penitenziaria. - Gaeta.it

Le carceri italiane affrontano un problema di sovraffollamento che continua a crescere, con gravi ripercussioni su detenuti e personale. Mauro Nardella, membro della segreteria nazionale del sindacato di polizia penitenziaria cnpp-spp, mette in discussione le soluzioni proposte dal ministro della giustizia Carlo Nordio, giudicandole insufficienti e poco concrete. Tra le preoccupazioni principali, il possibile peggioramento della situazione invece di un miglioramento, a causa di strategie ancora poco chiare e interventi limitati nel breve periodo.

Aumento del sovraffollamento e criticità delle proposte del governo

Secondo i dati forniti da Nardella, il tasso di sovraffollamento nelle carceri italiane è passato dal 107% al 134,7% da quando si insediò l’attuale governo. Una crescita significativa che porta a condizioni difficili per i detenuti e a un ambiente di lavoro insostenibile per gli agenti penitenziari. La pressione sulle strutture aumenta, ma le soluzioni del governo non sembrano offrire risposte adeguate.

Tra le misure annunciate, spicca la deflazione di 10.000 detenuti. Il sindacalista la definisce una “toppa” che rischia di non far altro che limitare il danno senza risolvere il problema di fondo. L’ipotesi di costruire nuovi istituti penitenziari o di trasferire tossicodipendenti nelle comunità e cittadini stranieri nei loro paesi di origine viene ritenuta poco realistica. Questi interventi richiedono tempi lunghi e non danno una soluzione immediata al sovraffollamento che cresce continuamente.

Va sottolineato che l’estensione delle misure alternative alla detenzione non dipende dal governo, ma dalla magistratura di sorveglianza. Questo limita di fatto l’utilizzo di tali strumenti e rende difficile immaginare un alleggerimento rapido della popolazione carceraria con questi mezzi.

La proposta del decreto legge Giachetti e le criticità sul personale e gli istituti

Nardella suggerisce come unica risposta praticabile e veloce il decreto legge Giachetti. Questa normativa introduce un sistema di premialità per i detenuti che mostrano buona condotta, aumentando i giorni di liberazione anticipata per semestre da 45 a 60 o 75. Basato su precedenti leggi, come la legge Gozzini, mira a riconoscere l’impegno nel percorso di rieducazione e potrebbe smaltire parte della pressione negli istituti.

Tuttavia, anche questa misura non basta a risolvere il problema senza un aumento consistente del personale e la creazione di nuovi spazi. Attualmente, sono oltre 13.000 i detenuti in eccesso rispetto alla capienza regolamentare. Per affrontare l’emergenza, servirebbe l’assunzione di almeno 18.000 agenti penitenziari. Senza questa operazione, la situazione rischia di peggiorare, come evidenziato dall’aumento del sovraffollamento registrato negli ultimi anni.

L’assenza di una politica coerente e di investimenti adeguati nel sistema carcerario fa sì che i problemi restino irrisolti o peggiorino, con gravi conseguenze per la sicurezza degli operatori e per la dignità dei detenuti.

Sicurezza negli istituti penitenziari e condizioni di lavoro degli agenti

Nardella esprime forte preoccupazione anche per la sicurezza dei poliziotti penitenziari, che affrontano ogni anno un alto numero di aggressioni. Solo recentemente, nel carcere di Pescara, si è verificato un episodio grave che ha coinvolto alcuni colleghi.

Il sindacalista sottolinea come molti di questi episodi coinvolgano persone con disturbi psichiatrici, che dovrebbero essere ospitate in strutture adeguate come le remissioni per l’esecuzione delle misure di sicurezza , piuttosto che nelle carceri ordinarie. La presenza di detenuti con questo tipo di patologie dentro le carceri amplifica le tensioni e mette a rischio sia il personale che gli altri internati.

La situazione richiede interventi mirati per tutelare chi lavora quotidianamente negli istituti, garantendo al tempo stesso la corretta gestione dei casi più delicati. La sicurezza rimane una questione centrale nelle discussioni sulle riforme del sistema penitenziario italiano.

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