Il ritorno di Nino D’Angelo al cinema con un documentario intimo diretto dal figlio Toni

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Nino D’Angelo torna sul grande schermo con un documentario firmato dal figlio Toni. - Gaeta.it

Elisabetta Cina

5 Settembre 2025

Il documentario “Nino. 18 giorni”, firmato da Toni D’Angelo, intreccia musica, cinema e famiglia. Presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2025 e in arrivo nelle sale italiane, il film segue il cantante napoletano nei preparativi di un concerto che segna il suo ritorno sulle scene. Il racconto si concentra sulla vita e le sfide dell’artista, evitando stereotipi legati alla Napoli degli anni Ottanta.

Un documentario personale: il padre raccontato dal figlio regista

Toni D’Angelo ha scelto di affrontare la storia del padre con un approccio più profondo rispetto a precedenti tentativi. Diverse proposte erano arrivate per realizzare un film su Nino, ma il regista ha percepito una narrazione spesso limitata a stereotipi come il contesto napoletano, gli anni Ottanta e la camorra. L’obiettivo era offrire un ritratto autentico di un uomo che ha costruito la sua carriera partendo da condizioni di povertà, raccontando il percorso umano e artistico con attenzione e senza superficialità.

“Nino. 18 giorni” si presenta come un diario intimo che alterna momenti pubblici e privati. Il film mostra la preparazione di un evento importante, mettendo in luce la routine, le emozioni e l’impegno che accompagnano questo ritorno. Lo sguardo di Toni evidenzia la complessità di un uomo che ha superato pregiudizi trasformando le difficoltà in stimoli per reinventarsi. La collaborazione con diverse case di produzione e archivi storici ha arricchito il documentario con materiali che offrono uno spaccato personale, sociale e culturale.

Confrontarsi con il passato: pregiudizi, depressione e rinascita

Nino D’Angelo ricorda un periodo difficile legato all’immagine pubblica negli anni Ottanta. Il suo celebre “caschetto” suscitava scetticismo e pregiudizi, e lui ha raccontato di aver attraversato una fase di depressione. Questa esperienza è stata però un punto di svolta. Da quel momento ha trovato il coraggio di esplorare nuove strade nella musica e di conquistare una nuova considerazione da parte del pubblico. Le difficoltà affrontate lo hanno reso più determinato e consapevole del proprio valore.

Il cantante sottolinea come il successo sia arrivato dopo molti sacrifici. Nato in una famiglia povera, ha dovuto lasciare gli studi a 13 anni per sostenere la famiglia. La sua storia riflette quella di molti giovani del suo tempo che, nonostante le difficoltà, sono riusciti a emergere. Nel documentario emerge anche la sua volontà di rappresentare chi non ha voce, esprimendo un’idea di uguaglianza pur mantenendo uno sguardo critico sulla società.

Musica e cinema: tra ruoli stereotipati e un riconoscimento importante

La carriera cinematografica di Nino D’Angelo si è intrecciata con quella musicale, con alti e bassi. Ha interpretato molti ruoli, spesso legati all’immagine del giovane innamorato, con frequenti scene di corsa sulle spiagge per completare i film. Un ruolo più articolato è arrivato con “Il cuore altrove” di Pupi Avati. Nonostante ciò, Nino ha sempre considerato la musica il centro della sua vita artistica, ritenendo impossibile dividersi tra due passioni così forti.

Il documentario ha rappresentato anche un riconoscimento personale. Nino ha ricevuto premi come il David di Donatello e il Nastro d’argento per le musiche di “Tano da morire”. Tuttavia, il premio più importante per lui è stato poter raccontare la propria storia attraverso gli occhi del figlio, un’esperienza che ha aperto nuove prospettive e rafforzato il loro legame. Il film riflette questo scambio emotivo e mostra come anche Toni abbia vissuto il peso del pregiudizio legato al padre.

Il contesto napoletano e la narrazione di una storia di lotta e identità

Il documentario non si limita alla biografia di Nino D’Angelo, ma inquadra anche il clima sociale e culturale di Napoli negli anni Ottanta. In quegli anni l’artista ha dovuto confrontarsi con stereotipi radicati e la presenza della camorra. La sua musica ha dato voce a un mondo popolare spesso ignorato o stigmatizzato, offrendo un’immagine più autentica rispetto ai cliché diffusi. Attraverso il racconto e le immagini si ricostruisce una Napoli complessa, fatta di luci e ombre, tradizioni e contraddizioni.

Questa cornice arricchisce il documentario di Toni D’Angelo, che mette in luce non solo la carriera dell’artista ma anche le sue origini e il suo impegno morale. L’uscita del film coincide con un rinnovato interesse verso quegli anni e il loro impatto sulla cultura attuale. “Nino. 18 giorni” racconta così una storia di resistenza, determinazione e legami familiari, lasciando emergere la figura di un uomo che ha saputo mantenere fede al proprio talento superando difficoltà personali e sociali.